Sulla base di una segnalazione effettuata al Ministero della Salute dall'Ordine di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri e relativa alla prassi sempre più diffusa tra gli odontoiatri di eseguire interventi di correzione estetica di dismorfie, sul problema è stato sentito il Consiglio Superiore di Sanità, organo consultivo del Ministero sulle questioni di carattere medico. Nella seduta del 15 Luglio scorso il CSS esprimeva specifico parere in materia, sul quale, a prescindere da ogni considerazione di opportunità o di eticità delle procedure interessate, andremo ad esporre alcune considerazioni di ordine meramente giuridico.
Cosa dice il parere
Afferma in generale la liceità dell'esecuzione da parte dell'odontoiatra di trattamenti estetici. Tuttavia la condiziona a tre precisi limiti:
1. un limite “morfologico” ovvero che il trattamento sia limitato alla zona labiale;
2. un limite “procedurale” che il trattamento estetico sia effettuato solo ove contemplato in un protocollo di cura odontoiatrica ampio e completo proposto al paziente, tale da rendere la cura estetica “correlata”, e non esclusiva, all’intero iter terapeutico odontoiatrico proposto al paziente medesimo;
3. un limite “d'uso” precisando che l'eventuale uso di dispositivi medici (fillers, etc.) potrà essere consentito solo ove siano stati immessi in commercio per un utilizzo specifico nelle aree di competenza odontoiatrica.
Il limite morfologico
Sul cd. limite morfologico, il parere del CSS si è rifatto a quanto disposto dall’art. 2 della Legge 409 del 24 luglio 1985 che ha istituito e regolamenta la professione di Odontoiatra in Italia: “Formano oggetto della professione le attività inerenti alla diagnosi e alla terapia delle malattie e anomalie congenite e acquisite dei denti, bocca, mascelle e relativi tessuti, nonché alla prevenzione e alla riabilitazione odontoiatriche”.
In buona sostanza, l'Odontoiatra è lo specialista la cui attività deve essere limitata ad uno specifico distretto corporeo, relativamente al quale anche l'attività estetica deve intendersi circoscritta. L'accenno alla sola zona labiale è stato probabilmente inserito per dare più certezza all'indicazione, nel senso che se si fosse fatto riferimento alla "zona periorale", si sarebbe probabilmente scatenata un'interpretazione, estensiva o restrittiva a seconda dell'orientamento della "fonte" sui limiti di detta zona.
Il limite procedurale
Relativamente al limite procedurale, il CSS si è riferito ad un documento del Board scientifico del Collegio delle Società Scientifiche Italiane di Medicina Estetica. Questo passaggio del parere ci lascia, francamente, un po’ perplessi perché la limitazione, che non trova un fondamento precipuo nella Legge 409/1985, sembra inspirata ad un principio di netta separazione tra cura terapeutica, nel caso di specie odontoiatrica, e cura estetica. Il nostro dubbio è se tale distinzione sia ancora attuale, dal momento che il diritto alla Salute (art. 32 Costituzione) viene ormai inteso in modo sempre più ampio, tanto che anche la bellezza (o meglio, il sentirsi belli) implica un concetto di salute che parrebbe far rientrare la medicina estetica e la relativa cura, in ambito terapeutico.
La definizione dell'art. 32 mostra come nel nostro Ordinamento, almeno nella fase iniziale (anni '60), il concetto di salute trascendesse quello soggettivo del singolo individuo, esprimendo più che altro un contenuto programmatico, mirante cioè a porsi come base ispiratrice della politica sanitaria nazionale. Tuttavia verso la fine degli anni '60, inizia nel nostro Paese una lenta ma inarrestabile evoluzione del diritto alla salute, il quale, da una prima fase di connotazione sostanzialmente pubblicistica, acquisisce sempre più tratti inequivocabilmente legati alla tutela dell'individuo: si passa dall'interesse alla salute dell'individuo come facente parte di una collettività, a quello per la salute intesa come la espressione fisica, psichica e sociale dell’individuo: siamo sicuri che il sentirsi non belli non sia un disagio patologico e che la cura estetica non possa configurarsi come terapia nei confronti di questo disagio? Se la risposta fosse affermativa, certamente il limite procedurale imposto agli odontoiatri dal CSS, ad avviso di chi scrive, verrebbe destituito da ogni fondamento.
Il limite d'uso
L'uso di fillers ed altri dispositivi di ampia diffusione in ambito estetico può provocare, è noto, reazioni e complicanze che, in astratto, il medico dovrebbe saper gestire, mentre l'Odontoiatra non è detto per legge, che sia in grado di affrontare: la Legge 409/1985 infatti prevede che l'Odontoiatra debba “conoscere i farmaci direttamente ed indirettamente correlati con la pratica dell'odontoiatria e comprendere le implicazioni della terapia farmacologica di patologie sistemiche riguardanti le terapie odontoiatriche”.
Su questa base e con evidente attenzione anche alla salute del paziente, il CSS ha limitato l'uso dei dispositivi a quelli immessi in commercio per un utilizzo specifico nelle aree di competenza odontoiatrica. Se il senso dell'indicazione non ci sfugge (e può trovarci anche d'accordo sull’intento perseguito) qualche dubbio rimane sulla coerenza di tale parte del parere con la normativa cd. dell'utilizzo off label dei farmaci e dispositivi: la Legge 94/1998 meglio conosciuta come Legge Di Bella.
Seppur a determinate condizioni tale norma consente al medico l'utilizzo di prodotti farmaceutici fuori indicazione nell'esclusivo interesse del paziente.
Ci sfugge, in buona sostanza, la motivazione sulla quale si fonderebbe la differenza tra l'odontoiatra che prescrive off label un dispositivo per la terapia dentale e quello che prescrive sempre off label un dispositivo per la cura estetica nel distretto morfologico di competenza, dovendo in entrambi i casi, la normativa di riferimento ed i limiti prescrittivi essere gli stessi (Legge 94/1998), come chiaramente indicato anche nel recentissimo Codice deontologico dei medici e odontoiatri (responsabilità diretta, consenso informato ad hoc, pubblicazioni e dati scientifici che supportino un'applicazione off label del dispositivo/farmaco).
In conclusione, riteniamo che solo una regolamentazione specifica e coerente dell'attività di Medicina estetica potrebbe fugare questi e molti altri dubbi a vantaggio dei professionisti e dei pazienti/consumatori.
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