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Modernizzarsi per ripartire

Roberto Callioni

Roberto Callioni

mer. 19 ottobre 2011

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È necessaria una pronta e decisa modernizzazione del modo di porsi dell’odontoiatra, tanto in termini di contenuti quanto in termini estetico percettivi

A voler seguire talune impostazioni di pensiero soprattutto del mondo anglosassone, il vero “nuovo” anno lavorativo dovrebbe coincidere con la fine del periodo feriale del mese di agosto. Settembre come inizio anno, allora? Periodo di oroscopi o previsioni? Meglio lasciar perdere.
In queste settimane il quadro di riferimento della professione odontoiatrica se è cambiato, lo è stato in termini peggiorativi. Ciò vale per gli odontoiatri, come liberi professionisti e come cittadini, espressione della cosiddetta middle class, per un intrecciarsi di elementi molto preoccupanti. Cercando di semplificare al massimo.
Dal 2008 ai giorni nostri con un’escalation per certi versi drammatica e inimmaginabile, si è scatenata quella che taluni politologi definiscono “la terza guerra mondiale”, che si gioca essenzialmente sul campo economico finanziario. Quali i contendenti? Da una parte gli aggressori, i Paesi emergenti Cina, ma anche India, Brasile, Paesi Arabi. Dall’altra quelli che appaiono essere i soccombenti e cioè i Paesi dell’area occidentale, Grecia, Spagna, Italia in testa, ma in realtà valutando i rapporti tra PIL e debito pubblico e privato anche Francia, Germania e Stati Uniti. Per fortuna questa terza guerra non determina vittime tra la gente, a meno che non si voglia purtroppo considerare anche ciò che sta avvenendo negli ultimi mesi nei Paesi del Medio Oriente e che complica ulteriormente le cose, con rovesciamenti di governi più o meno autoritari, per iniziative non si sa fino a che punto promosse esclusivamente dai popoli sovrani.
L’obiettivo di questa guerra è la supremazia economica, ma non solo, attraverso il controllo del debito finanziario dei Paesi soccombenti, aspetto quest’ultimo che alla fine determinerà fortissimi condizionamenti, per non dire ricatti, della quotidianità dei cittadini di questi Paesi.
Quest’ultimo aspetto lo si può già verificare e immaginare in funzione della tanto contrastata manovra economica varata dal nostro governo nelle scorse settimane e che comporterà ulteriori importanti sacrifici per tutto il Paese e ciò dopo che si è rischiato di mettere categorie di lavoratori le une contro le altre.
Perché questo esteso preambolo? È questo forse un editoriale rivolto a un quotidiano economico? Nulla di tutto ciò. Come detto e scritto ripetutamente in questi anni, se non “leggiamo” la Professione, così come tutte le attività del comparto, nel contesto del quadro socio-economico del Paese, non si può cercare di immaginare il futuro che ci aspetta. In questo complesso quadro, si dovrebbero inoltre inserire i profondi cambiamenti di costumi, scelte, ma anche valori del cittadino occidentale, in primis di quello italiano.
L’affresco presentato vede come protagonisti quindi, il cittadino-paziente e il libero professionista-odontoiatra per rimanere nel nostro contesto che tuttavia, per similitudine, potrebbe essere esteso a quel mondo che Dario de Vico, dalle pagine del Corriere della Sera, ha definito i “Piccoli”. Il cittadino-paziente per quanto sinora esposto, ha visto e vedrà sempre più nel prossimo futuro, in carenza di misure di rilancio produttivo, il potere d’acquisto salariale drasticamente ridimensionato, aspetto quest’ultimo che ne condizionerà le scelte e le priorità in un mondo in cui, come si è ricordato, costumi e valori continuano a mutare.
Il libero professionista odontoiatra oltre che a subire da cittadino, così come il cittadino-paziente, il medesimo quadro congiunturale, in termini professionali sconta drammaticamente la scelta perseguita nel tempo, a prescindere dall’aspetto generazionale, di “metterci la propria faccia”, senza chiedere nulla a nessuno, in un’onerosa, sotto tutti gli aspetti, attività professionale.
Nel caso specifico, oltre a quanto raccontato sinora, tra gli altri, due i fondamentali di specificità da evidenziare. Un numero sempre maggiore di odontoiatri, aspetto riconducibile al fenomeno della pletora, che già ora e ancor più nei prossimi anni, si dividerà la “torta” della professione; ai giovani che iniziano l’attività con formazione nostrana si aggiungeranno coloro che questa formazione se la stanno costruendo all’estero. D’altro canto la vita media professionale si allungherà sempre più e in un certo senso, paradossalmente, ciò coincide con i desideri dei governi occidentali. Tassativo infatti il pensionarsi il più tardi possibile e, d’altro canto, per fare di ogni necessità virtù, ciò dovrebbe risultare l’unico modo per immaginarsi dei dignitosi “anni azzurri”, non certo paragonabili a quello di molti funzionari pubblici o ai politici del nostro Paese.
Questa situazione mixata rischia tra l’altro di favorire il consolidarsi di esercizi professionali alternativi a quello tradizionale dello studio mono-professionale divenuto quasi insostenibile in termini di costi e di adempimenti burocratici soprattutto in relazione a un’agenda sempre più rada di appuntamenti. Odontoiatri giovani che, soprattutto se non figli d’arte, approdano in termini di prima esperienza in queste realtà, con atteggiamento sereno e disincantato, ma anche professionisti maturi troppo giovani per pensionarsi e troppo vecchi per tentare di attrezzare uno studio competitivo. E per i motivi sopra indicati il cittadino-paziente, condizionato dalle scelte derivanti dal potere di acquisto, può essere attratto da quel low cost che si cerca di demonizzare spesso dietro il vessillo della qualità.
Se questa analisi dello stato della Professione è corretta e molteplici importanti attori del comparto di fatto la condividono, allora quella odontoiatrica è una professione in declino? Certamente i modelli del passato non sono più proponibili, almeno in termini di soddisfazione e prestigio.
Ma una speranza propositiva dobbiamo costruircela e per farlo è necessario metabolizzare l’analisi fatta e immaginare di “rigenerarci”, partendo, con umiltà, da una spietata autocritica. Anzitutto si è sottolineato ripetutamente l’indissolubile rapporto tra odontoiatra e cittadino-paziente, oltre che i comportamenti, nello stato di crisi, dell’uno e dell’altro. Ma tale rapporto non coincideva con la famosa “alleanza terapeutica con il cittadino-paziente”? Se così è, ed è così, in un paese come il nostro nel quale il ricordo viene molto spesso artatamente rimosso, bisognerebbe, lungi da atteggiamenti forcaioli, andare a rileggere i molti scritti di alcuni opinion leader che dicevano e sostengono ancora oggi che la crisi è un’invenzione bella e buona, che i bilanci familiari godono di ottima salute e così via. Forse per questi soggetti una scampagnata negli studi della stragrande maggioranza dei dentisti italiani sarebbe finalmente un’occasione per comprendere la realtà.
In questi anni chi era deputato a colloquiare con il cittadino e con i colleghi per cercare di spiegare loro che di autonomia della Professione poco o nulla importa, che l’odontoiatra è di fatto uno specialista medico come tanti altri nelle molteplici branche della medicina e che quindi una cura odontoiatrica è un atto medico e come tale non soggetto a mercificazione alcuna. Spiegare ai colleghi l’inutilità di svendere la propria identità, dignità oltre che il giuramento di Ippocrate, facendosi protagonisti di forme pubblicitarie mortificanti l’intera categoria rispetto ai colleghi medici, agli stessi pazienti e alla società intera.
Ecco, chi era deputato a questa mission molto probabilmente ha fallito e una profonda riflessione è doverosa e ciò anche per il fatto che si è alla vigilia di elezioni ordinistiche tra l’altro orfani, ancora una volta, di indispensabili riforme delle Professioni e degli Ordini, fondamentali per cercare di affrontare in modo vincente la grave situazione professionale.
Tutto perduto, quindi? Pensiamo proprio che degli spazi per rifondare la Professione ancora possano esistere, così come d’altronde spiegatoci nelle due edizioni del work shop Andi tenutesi a Cernobbio negli scorsi anni, prima da Francesco Alberoni e poi da Dario de Vico. In tal senso paradigmatico è l’editoriale a firma di Paolo Pegoraro riportato sull’ultimo numero di Italian Dental Journal e titolato “Un nuovo dentista per il paziente 2.0”.
“…un nuovo paziente che ci chiede di interagire, è la via d’uscita (forse) per la crisi, perché è il paziente con cui occorre dialogare, parlare, comunicare, condurre-grazie al dialogo- fino alla poltrona. E il nuovo dentista …?”.
E ancora in un passaggio successivo, “… Allo stesso modo in cui il paziente 2.0 è diventato più preciso ed esigente, anche il nuovo dentista a sua volta aumenti in modo severo il livello delle proprie aspettative …”.
Ecco, per avere chance di rilancio, seppure in un complesso quadro profondamente cambiato e tuttora in via di mutazione come quello descritto, è necessario anche una pronta e decisa modernizzazione del modo di porsi dell’odontoiatra, tanto in termini di contenuti ma anche “estetico percettivi”, rispetto a un paziente che non dà più per scontata quella fidelizzazione che è un traguardo, oggi più che mai, da conquistarsi con un atteggiamento diverso, superando lo smarrimento dell’incertezza e dell’immobilismo.
 

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