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Maurizio Quaranta e la crisi: «Invece di "I have a dream", meglio "I have a drone"»

Maurizio Quaranta, vicepresidente ADDE, consigliere ANCAD
M. Quaranta

M. Quaranta

mar. 5 maggio 2015

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Stiamo assistendo a una trasformazione dell’economia negli affari e nei servizi, oltre che nelle prestazioni libero professionali. Anche il mondo odontoiatrico è in evoluzione, fenomeno comune a tutti i Paesi europei. Aumenta il numero degli iscritti agli Ordini, ma diminuiscono in contemporanea studi odontoiatrici e laboratori, a fronte di un numero stabile di odontotecnici. Un discorso a parte meritano i laureati in Igiene dentale, che stanno crescendo in maniera esponenziale, anche se il dato riguarda i laureati dal 2009 a oggi (periodo preso in considerazione per tutti).

Che sia partita quindi la quarta rivoluzione industriale e ci si debba organizzare? Io non ho dubbi che lo si debba fare, e in fretta. Non so se sia partita anche per il dentale, ma è con tutti che io voglio condividerla. Avviene, infatti, come dinanzi alla terza guerra mondiale: i pareri sono diversi e discordanti, se la stiamo vivendo o no.

Da come siamo messi, io dico che siamo fondamentalmente in transizione e che, volenti o nolenti, si è costretti a pensare in modo esponenziale se non si vuole semplicemente sbarcare il lunario. Francamente, anche se milanese, quindi malato di lavoro, un po’ mi pesa pensare in modo esponenziale. Ma nel dentale devo farlo perchè vedo il poetico “I have a dream” tramutarsi in un più prosaico “I have a drone”, dove l’“extrabrain” necessaria ha un “bug” (difetto) di programma, che solo tu puoi riparare. Non si tratta, attenzione, di una carenza in un’ultima macchina in fase di robotizzazione spinta, ma in quello che definirei il tuo “mental software”, ossia, più semplicemente, il tuo, nostro, cervello. Lui ci salverà da questa massificazione globalizzante, lui indicherà la strada del come continuare a distinguersi con i pazienti, con gli studi professionali, oltre che a me, aziendalmente parlando, con e per i miei clienti.

Perché anch’io, esattamente come il dentista, ho dovuto acquistare i miei droni, che mi aiuteranno a lavorare meno e meglio, traghettando gli “immigrati digitali” come sono io e quelli della mia generazione, verso nuove frontiere senza trasformarci in digitali nascenti, ma facendo vivere meglio noi e i nostri pazienti e guadagnare tutti di più. E dico tutti. Anche i pazienti, anche i migranti del turismo odontoiatrico o, per lo meno, quelli che vogliono rifarsi il “mental brain” oltre che l’apparato stomatognatico, visto che per anni li hanno trascurati e poco (o mai) manutenuti. Nonostante ogni professionalità, si deve avere l’onestà di ammettere che senza l’aiuto dei droni sarà difficile vincere la battaglia quotidiana.

Fatta tale premessa, bisogna interrogarsi sulle cose create sinora, per metabolizzare e capire come giocarsi il rispettivo ruolo. C’è solo un modo per farlo e vincere grazie ai, e anche sui, droni. Fermo restando che bisogna saper fare bene il proprio lavoro, occorre esser autentici con gli interlocutori, siano essi pazienti o clienti. Tutti, al giorno d’oggi riconoscono i falsi, compresi quelli d’autore, come i prodotti dentali contraffatti.
Non basta ancora, tuttavia: si dovrà trarre ispirazione da se stessi per lavorare con passione e più veloci del tempo reale nella relazione con il paziente (e io con il cliente) per mettere lui (paziente o cliente) al primo posto, senza compromessi. Solo così il digitale diventerà, oltre che comodo e utile, anche umano, e il paziente (o cliente) continuerà a scegliere noi e solo noi.

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