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L’ossigenoterapia iperbarica (OTI) è una specialità medica che utilizza il “farmaco ossigeno” puro e assunto a pressioni superiori a quelle atmosferiche in ambienti speciali chiamati camere iperbariche. In tali condizioni l’O2 si discioglie nel plasma e raggiunge valori fino a 40 volte superiori a quelli normalmente presenti nell’aria.
Per tali concentrazioni l’O2 stimola il ripristino delle normali funzioni fisiologiche accelerando la guarigione e promuovendo la neovascolarizzazione delle aree ipoperfuse o ischemiche. Trovano pertanto indicazione alla OTI tutte quelle patologie dove, per cause traumatiche, infettive, infiammatorie o metaboliche, vi è una sofferenza distrettuale con compromissione circolatoria, quali ad esempio: ulcere diabetiche, venose o arteriopatiche; infezioni resistenti alla ABT (Antibiotic Therapy); necrosi ossee e tissutali vascolari o post attiniche (tumori testa collo); osteomieliti croniche refrattarie; sordità improvvise; parodontopatie.
L’OTI è un salvavita in patologie quali le intossicazioni da esalazione di monossido di carbonio, le gangrene gassose e le malattie da decompressione di pertinenza subacquea. L’ossigeno terapia iperbarica è una branca della medicina ad alta specializzazione che richiede competenze cliniche, chirurgiche e di pronto intervento. Il medico che la esercita e la somministra deve avere una formazione specifica, al fine di garantire ai pazienti l’appropriatezza e la sicurezza delle cure.
Fatte queste doverose premesse, risulta intuitivo comprendere come l’ossigenoterapia iperbarica possa e debba essere utilizzata dall’odontoiatra per facilitare il processo di guarigione in numerose patologie cui la pratica quotidiana può metterlo a confronto.
L’ipossia tissutale primitiva o secondaria è causa spesso di diverse patologie per cui l’apporto adeguato di ossigeno ai tessuti può determinare un miglioramento importante del trofismo cellulare e portare quindi al miglioramento o alla risoluzione della patologia. Inoltre, l’edema tissutale presente in condizioni di ipossia porta un’ulteriore limitazione alla cessione di ossigeno ai tessuti e causa l’aumentata distanza tra i capillari e le cellule. Non è consentito aumentare una quota di ossigeno trasportato dall’emoglobina in quanto questa è satura al 100%. Bisogna quindi incrementare la parte disciolta nel plasma somministrando ossigeno a pressioni superiori a 1 ATA (atmosfera assoluta), valore pari alla pressione atmosferica secondo la legge di Henry, per la quale la quantità di gas disciolto in un liquido è direttamente proporzionale alla pressione esercitata dal gas sulla superficie del liquido stesso.
L’ossigeno iperbarico permette di superare gli ostacoli alla diffusione tissutale poiché aumenta la “driving force” di diffusione. Quindi l’OTI utilizza per fini terapeutici la proprietà dell’ossigeno erogato a pressioni superiori a quella atmosferica. Va detto quindi che l’ossigeno iperbarico deve essere considerato un farmaco a tutti gli effetti, certamente con appropriate indicazioni, dosaggi e relative controindicazioni. Inoltre l’iperbarismo, con l’aumento della quantità di ossigeno, dà altri effetti terapeutici:
- effetto battericida sui batteri anaerobi ed effetto indiretto sugli aerobi;
- stimola i processi riparativi tessutali;
- stimola gli osteoclasti e gli osteoblasti;
- vasocostrizione arteriosa e venosa.
È possibile sfruttare queste proprietà per il controllo dei vari stati patologici. Per utilizzare in modo proprio l’ossigenoterapia iperbarica, sono state proposte dalle società medico-chirurgiche internazionali e nazionali (SIMSI, Società italiana di medicina subacquea e iperbarica e SIAARTI, Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) le tabelle classificative delle indicazioni all’OTI.
Per concludere, è chiaro che esistono protocolli di trattamento che negli ultimi anni vengono utilizzati di più con la modalità e la tempistica dettate da uno specialista o un competente dell’ossigenoterapia iperbarica.
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