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Indagine tra i medici su esami diagnostici, trattamenti e procedure non necessari nella pratica clinica corrente

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Ufficio Stampa FNOMCeO

Ufficio Stampa FNOMCeO

mar. 12 luglio 2016

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Prima indagine tra i medici italiani sul loro comportamento dinanzi alla richiesta del paziente di esami diagnostici, trattamenti e procedure ritenuti non necessari. Condotta in collaborazione tra Slow Medicine e FNOMCeO negli ultimi mesi del 2015, l’indagine si è basata sul questionario impiegato da ABIM Foundation presso i medici USA nel 2014.

I risultati di quella italiana non sono confrontabili con gli USA per approcci differenti: negli USA l’indagine è stata condotta per telefono su un campione rappresentativo a livello di 600 medici (di cure primarie e specialisti) praticanti la professione mentre in Italia FNOMCeO ha pubblicato il questionario sul proprio sito web informandone i presidenti OMCeO e la compilazione del questionario è avvenuta su base volontaria.

Hanno iniziato il questionario 4.263 medici (40% specialisti, 33% MMG, Medici di Medicina Generale, 26% liberi professionisti), e 3.688 l’hanno completato. Ne emerge che sono in generale molto consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti: per il 93% dei medici rispondenti. La frequenza di test, trattamenti e procedure non necessari rappresenta un problema molto o abbastanza serio e il 44% dichiara di ricevere richieste di esami e trattamenti non necessari almeno ogni giorno o più volte la settimana.

I pazienti italiani seguono in buona percentuale i suggerimenti del medico: il 66% dei rispondenti afferma che seguono sempre o quasi il consiglio di evitare test, trattamenti o procedure non necessari. Il dialogo appare buono: il 77% dei medici dice che quando il paziente richiede un test, un trattamento o una procedura non necessari, sempre o quasi gli spiega perché quanto richiesto non è necessario. Una percentuale inferiore (54%) riferisce di parlare sempre (o quasi, o spesso) con i pazienti dei costi. Però se il paziente non è convinto e insiste, il 36% dichiara di prescrivere un test, un trattamento o una procedura pur ritenendolo inutile e il 20% si dichiara incerto.

L’esigenza di maggior sicurezza emerge anche nelle risposte successive: il 51% indica la necessità di sicurezza tra le maggiori motivazioni di prescrizioni non necessarie, mentre il timore di sequele legali rappresenta una motivazione maggiore per il 33% e il desiderio di assecondare il paziente è chiamato in causa da percentuali ancora inferiori. Solo il 23% dei medici aderenti all’indagine si sente molto sicuro nell’indirizzare il paziente ad evitare un test, un trattamento o una procedura non necessari.

La maggioranza (63%) si sente molto responsabile della corretta informazione del paziente e il 79% ritiene che il medico sia la figura con il ruolo più adatto per affrontare il problema, distanziando di gran lunga altre istituzioni: solo per il 7% lo hanno le aziende sanitarie, per il 5% il legislatore o il governo e le Società scientifiche.

I medici aderenti indicano tra gli strumenti utili a ridurre la prescrizione di esami e trattamenti non necessari: avere più tempo a disposizione per esaminare con il paziente le varie opzioni (88%), disporre di materiale informativo evidence based per i pazienti (84%) e seguire la riforma della legge sulla responsabilità del medico (83%) e la modifica del sistema di remunerazione/sanzione (60%).

Tra i medici a conoscenza delle pratiche a rischio di inappropriatezza che la propria Società scientifica ha individuato nell’ambito della campagna italiana (“Fare di più non significa fare meglio”) il 91% afferma di condividere questa modalità di affrontare la questione. Per il 68% le raccomandazioni hanno in qualche modo contribuito a modificare la propria pratica clinica mentre il 31% ne teneva già conto.

Analisi dei risultati del questionario sono state effettuate con suddivisioni per genere, tipo di attività lavorativa e aree (Nord, Centro e Sud). Le differenze più interessanti e statisticamente significative hanno riguardato la suddivisione per tipo di attività lavorativa: specialisti, MMG, liberi professionisti. In particolare emerge come i MMG siano i più bersagliati da richieste non condivisibili dei pazienti e siano quelli i cui consigli ad evitare un test sono seguiti meno frequentemente. D’altra parte non rinunciano a spiegare la loro contrarietà, anche se gli specialisti si sentono più sicuri nell’orientare i pazienti.

In conclusione, dai risultati dell’indagine tra i medici italiani che hanno risposto al questionario emerge la piena consapevolezza del fenomeno della prescrizione di esami e trattamenti non necessari e del fatto che il medico abbia in assoluto il ruolo più adatto per affrontare il problema. Tra le misure prioritarie da mettere in atto, oltre alla riforma della legge sulla responsabilità del medico, l’esigenza di una maggior sicurezza per fronteggiare il fenomeno, che sembra indicare l’opportunità di iniziative di (in)formazione sul tema e la necessità di più tempo da dedicare alla relazione col paziente e padroneggiare gli strumenti della comunicazione.

Ancora due indicazioni: la volontà dei medici di essere coinvolti in processi di condivisione dal basso delle scelte e non essere quindi soggetti ad imposizioni “per decreto”, e la richiesta che i cittadini possano ricevere su tali temi un’informazione istituzionale indipendente.

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