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Le correlazioni tra Hpv e carcinoma orofaringeo

Particolare Fig. 1. Carcinoma squamocellulare della commensura orale.
Francesco Carinci, Luca Scapoli

Francesco Carinci, Luca Scapoli

mar. 12 marzo 2013

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Il carcinoma orale rappresenta una delle patologie maggiormente diffuse a livello mondiale con evidenti e gravi ricadute socio-economiche e di sopravvivenza, in relazione al ritardo diagnostico nel campo della medicina orale. Gli sconfortanti dati epidemiologici sul carcinoma orale impongono una seria riflessione.

Il carcinoma squamoso del cavo orale è tra le dieci neoplasie maligne più diffuse al mondo, con tassi di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi relativamente bassi (circa 60%)1 e sostanzialmente immutati negli ultimi trent’anni. La prevenzione primaria è un ovvio obiettivo da perseguire per ottenere un miglioramento di tali dati e gli odontoiatri dovrebbero essere coinvolti, al pari delle altre categorie di operatori sanitari, nelle strategie atte a sensibilizzare la popolazione sui gravi rischi connessi al fumo di sigaretta e all’abuso di sostanze alcoliche (riconosciuti fattori di rischio per l’insorgenza del carcinoma orale). Ma è soprattutto nella prevenzione secondaria, e cioè nella diagnosi precoce, che gli odontoiatri sono inevitabilmente chiamati ad assumere un ruolo di primaria importanza. La sopravvivenza dei pazienti affetti da carcinoma orale è strettamente correlata con lo stage della neoplasia al momento della diagnosi; purtroppo, a oggi solo un terzo dei casi viene diagnosticato in stadi iniziali, quando le probabilità di successo terapeutico sono maggiori ed i tassi di sopravvivenza sensibilmente migliori. Appare, pertanto, evidente l’importanza della diagnosi precoce; agli odontoiatri, più che ad altre categorie mediche, spetta il compito fondamentale di un tempestivo inquadramento diagnostico di lesioni orali potenzialmente maligne.

Epidemiologia
Il carcinoma orale, insieme a quello faringeo, si trova al sesto posto tra i tumori più comuni al mondo1.
L’incidenza annuale è stimata intorno ai 200.000 nuovi casi, due terzi dei quali si presentano nei Paesi in via di sviluppo1.
Esiste un’ampia variazione geografica riguardo all’incidenza di carcinoma orale. Le aree caratterizzate da una maggior incidenza sono il sud e il sud-est asiatico (Sri Lanka, India, Pakistan e Taiwan), alcuni stati dell’Europa Occidentale (Francia) e Orientale (Ungheria, Repubblica Ceca e Slovenia), Paesi dell’America Latina e dei Caraibi (Brasile, Uruguay e Portorico) e aree dell’Oceano Pacifico (Papua Nuova Guinea).
Negli stati ad elevato rischio, come lo Sri Lanka, l’India, il Pakistan e il Bangladesh, il carcinoma orale è il tumore più frequente negli uomini e può contribuire fino al 25% di tutti i casi di cancro1. In Italia, con circa 4000 nuovi casi l’anno il trend epidemiologico si è attestato su valori costanti, senza miglioramenti negli ultimi due decenni.

Manifestazioni cliniche
Il carcinoma orale si presenta con degli aspetti clinici molto variabili. L’aspetto più frequente è quello di una lesione bianca o rossa o di un’area ulcerativa (Fig. 1). La morfologia clinica è in funzione delle modalità di crescita della neoplasia, per cui si possono osservare lesioni esofitiche di aspetto papillare o verrucoso o lesioni a crescita endofitica che assumono l’aspetto di ulcere penetranti (Fig. 2).

È importante ricordare che la valutazione clinica delle lesioni sospette deve includere la palpazione manuale in quanto, di frequente, le lesioni si manifestano semplicemente con un indurimento dell’area colpita.
Le sedi anatomiche del carcinoma orale più frequenti sono le seguenti: labbro inferiore (4-40% dei casi), bordi laterali della lingua (25%), pavimento orale (25%), palato molle e trigono retromolare (2-6%), gengiva e cresta alveolare (2-18%) e mucosa vestibolare (2-10 %) oro-faringe (25%)1.
Nella maggioranza dei casi i carcinomi orali sono asintomatici; il dolore accompagnato da ulcerazione si riscontra talvolta nei tumori linguali.
Nei casi più avanzati si possono riscontrare alitosi, sanguinamento, fistolizzazioni cutanee, tumefazioni dei mascellari, difficoltà dell’apertura della mandibola. Occasionalmente si osservano pazienti in cui il primo segno clinico è una tumefazione linfonodale a livello laterocervicale o sottomandibolare. I carcinomi che originano dalla gengiva infiltrano l’osso sottostante causando mobilità dentale o parestesie quando, per esempio, viene a essere coinvolto il nervo mandibolare.  

 

 

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Stadiazione
Il trattamento del carcinoma orale, così come nella maggior parte delle neoplasie, si basa sulle dimensioni del tumore primario, la sede anatomica, l’estensione ai linfonodi e le eventuali metastasi a distanza. Ciò ha reso necessario l’impiego di una classificazione in stadi che permette di uniformare i criteri che determinano la scelta delle modalità terapeutiche ottimali. Attualmente il sistema più usato è la classificazione TNM in cui ogni singolo tumore viene stadiato in base alle dimensioni (T), l’interessamento linfonodale (N) e le eventuali metastasi a distanza (M)2.

Fattori di rischio
Tabacco e alcool
La forte associazione tra il carcinoma orale e l’uso di tabacco è ben confermata. Studi epidemiologici mostrano che il rischio di sviluppare carcinoma orale è da cinque a nove volte superiore per i fumatori rispetto ai non fumatori e questo rischio può aumentare fino a diciassette volte per i forti fumatori1.
La percentuale di osservazione di carcinoma in pazienti fumatori è dell’80% ed è da due a tre volte superiore rispetto alla popolazione generale. Soggetti trattati per il carcinoma che hanno continuato a fumare, presentano un rischio da due a sei volte più elevato di sviluppare una seconda lesione maligna delle vie aereo-digestive superiori rispetto a coloro che smettono di fumare. Però il 15-20% dei carcinomi orali non presenta esposizione ad abitudini voluttuarie quali tabacco ed alcool. Inoltre, studi recenti indicano che l’infezione da Hpv può essere annoverata tra i fattori di rischio del carcinoma oro-faringeo e tonsillare3, mentre per il carcinoma del cavo orale la prevalenza è bassa4.

Correlazioni tra carcinoma orofaringeo e Hpv
Ad oggi sono reperibili in PubMed oltre 250 pubblicazioni che analizzano la correlazione fra Hpv e carcinoma orale e orofaringeo.
Il virus del papilloma umano (Hpv) appartiene alla famiglia delle Papovaviridae. Fino a oggi sono stati identificati più di 120 sottotipi. Presenta un genoma a dna circolare a doppia elica composto da 8000 paia di basi. Ha un diametro di 55 nm ed è privo di envelope.
Il virus ha un tropismo per l’epitelio corneificato, si replica seguendo lo stato di differenziazione e maturazione dei cheratinociti. Il dna virale si localizza a livello delle cellule basali dove può rimanere in uno stato di latenza a livello nucleare o innescare un processo di autoreplicazione inserendosi nei meccanismi replicativi intrinseci della cellula epiteliale5.
Il meccanismo di carcinogenesi dell’Hpv fu analizzato per la prima volta nel carcinoma della cervice uterina: l’Hpv 16 e l’Hpv 18 sono implicati nello sviluppo di questo tumore.
Il genoma del virus è diviso in sette geni precoci (E) che servono a regolare la trascrizione del dna, in particolare i prodotti dei geni E1 ed E2 sono implicati nella regolazione della trascrizione e replicazione delle proteine virali.
Le oncoproteine E6 ed E7 sono normalmente sotto il controllo dei geni inibitori E2 ed E1. Se questi geni vengono alterati le proteine E6 ed E7 interrompono la funzione della p53 e del pRb (proteina del retinoblastoma), che sono degli oncosoppressori che regolano il ciclo cellulare a livello della fase G1. Il risultato è una divisione e replicazione cellulare incontrollata6.
Anche per altri Polioma virus è stato ipotizzato un ruolo eziopatogenetico nell’insorgenza del carcinoma orale, ma un recente studio ne ha escluso la presenza7.

Almeno 16 sottotipi di Hpv1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10, 11, 13, 16, 18, 31, 32, 33, 35, 57 sono stati isolati da lesioni orali, la maggior parte dei quali sono associati con lesioni epiteliali proliferative benigne: papilloma squamoso, condiloma acuminato, verruca volgare e iperplasia epiteliale focale8.
Il legame tra Hpv e carcinoma orale fu inizialmente proposto quando gli effetti citopatici del virus (coilocitosi) vennero notati all’analisi microscopica di lesioni orali. Più tardi la presenza del dna virale nelle lesioni maligne e precancerose fu confermato dalla FISH (fluorescence in situ hybridization)5.

Presenza di dna virale e sua espressione nei tumori del cavo orale
Oggi si sa che l’infezione da Hpv è necessaria per lo sviluppo del tumore della cervice uterina. Al contrario, il virus dell’Hpv gioca un ruolo patogenico solo per una parte percentuale minore dei tumori orali.
È chiaro che la continua espressione dell’oncogene virale è necessaria per la progressione istopatologica e per il fenotipo maligno di un tumore associato all’Hpv.
In una recente meta-analisi il dna virale è stato trovato in circa il 26% di tutti i carcinomi, attraverso la PCR (polymerase chain reaction). In particolare il sottotipo virale più frequentemente riscontrato è l’Hpv 16 (90-95%). Per quanto riguarda i tumori dell’orofaringe il dna virale si trova soprattutto a livello dei nuclei cellulari dove è integrato e attivo. Inoltre l’Hpv è presente in grande quantità a livello dei nuclei delle cellule tumorali di patologie in situ, invasive o metastatiche, ma è assente nel tessuto normale adiacente9.
Questi dati indicano che l’infezione da Hpv è specifica per i nuclei delle cellule tumorali e che precede la progressione istopatologica del tumore.
Il ruolo dell’Hpv è anche confermato dalla presenza di alterazioni molecolari. Come per gli altri tumori, l’inattivazione della p53 e della pRb è un evento comune nella progressione molecolare del carcinoma orale. L’inattivazione avviene con differenti meccanismi nei tumori Hpv positivi rispetto a quelli negativi. Nei carcinomi squamocellulari Hpv positivi le alterazioni genetiche riflettono la funzione oncogenica virale, per esempio tendono ad avere il wild-type della p53, perché questa è funzionalmente inattivata dalla oncoproteina virale E6. Al contrario i tumori negativi all’Hpv presentano mutazioni specifiche della p53.
La funzione della pRb invece è inattivata dalla proteina virale E7 nei tumori positivi all’Hpv, mentre in quelli negativi questa funzione è alterata da altri meccanismi, come l’amplificazione della ciclina D e l’inattivazione della p16.
Caratteristiche cliniche dei pazienti positivi all’Hpv
Oltre alle distinzioni molecolari, l’Hpv influisce sulla presentazione clinica e sull’istopatologia dei carcinomi orali.
I pazienti positivi all’Hpv tendono ad essere, in media, circa 5 anni più giovani rispetto a quelli Hpv negativi. Per quanto riguarda il sesso, non ci sono distinzioni tra uomini e donne.
La maggior parte dei tumori Hpv positivi insorge a livello delle tonsille palatina e linguale nell’orofaringe.
Dal punto di vista istopatologico i tumori Hpv positivi tendono ad essere scarsamente differenziati e frequentemente di tipo basaloide.
Fattori di rischio per i carcinomi orali HPV positivi
Il carcinoma positivo all’Hpv si manifesta soprattutto in soggetti non fumatori e non bevitori. Nonostante ci siano molti studi che confermano questo fatto, non è ancora chiaro come la presenza dell’Hpv influenzi e aumenti il rischio di sviluppare carcinoma orale, se associato con alcool o tabacco.
Il virus dell’Hpv viene trasmesso sessualmente. Certi comportamenti sessuali, come un elevato numero di partner o i rapporti oro-genitali, aumentano il rischio di sviluppare carcinoma orale10.
Anche l’esposizione diretta con Hpv è un fattore di rischio. La sieropositività per la proteina del capside dell’Hpv 16 conferisce un rischio due/tre volte più elevato per questo tumore8.
Altri fattori di rischio sono l’età avanzata, il sesso maschile, storia di malattie sessualmente trasmissibili, infezione da Hiv e severa immunocompromissione.

Significato clinico di un tumore Hpv positivo
L’individuazione dell’Hpv può avere delle implicazioni nella diagnosi, nella prognosi, nel trattamento e nella prevenzione del carcinoma orale.
A scopi diagnostici, il ritrovamento dell’Hpv nei linfonodi cervicali può essere utilizzato per stabilire con elevata specificità la localizzazione del tumore primario.
Per quanto riguarda la prognosi, si è visto che i tumori Hpv positivi hanno una prognosi migliore rispetto agli altri. Infatti, studi hanno dimostrato che vi è una riduzione del rischio di morte di circa il 60%. La ragione di questo fatto non è chiara; comunque in questi pazienti è stata dimostrata una migliore risposta alla radioterapia, una sorveglianza immune agli antigeni virali ed una assenza di “field cancerization”.
Possibili implicazioni terapeutiche sono ancora in fase di studio.
Per quanto riguarda la prevenzione, invece, è stato recentemente introdotto un vaccino composto dalla proteina del capside virale dell’Hpv 1611.
Data la rilevanza di Hpv nell’influenzare sia il rischio che il decorso del carcinoma orale, risulta di fondamentale importanza diagnosticare la presenza di Hpv, e in particolare i sierotipi maggiormente correlati allo sviluppo del tumore. In generale l’esame clinico delle lesioni precancerose o cancerose non è sufficiente ma è necessario procedere ad analisi strumentali. In aggiunta alle più tradizionali tecniche istologiche eseguite su prelievi bioptici, è ora possibile ricercare il dna virale in cellule epiteliali di sfaldamento.

Conclusioni e proposte per il futuro
Dai numerosi studi effettuati, si evince che le lesioni precancerose e il carcinoma del cavo orale rappresentano una patologia frequente. Per questo motivo è necessario che la popolazione venga sensibilizzata riguardo alla possibilità di una diagnosi precoce attraverso una campagna preventiva, affinché si renda possibile un immediato intervento. Si potrà effettuare un controllo delle eventuali lesioni precancerose, per evitarne la progressione maligna e, ancora più importante, si potrà diagnosticare il carcinoma precocemente, nelle sue fasi iniziali.

 

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 3 di Dental Tribune Italy

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