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Correlazione tra aterosclerosi coronarica e disturbi parodontali

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S. Barbieri, F. Salituri (Airo)

S. Barbieri, F. Salituri (Airo)

lun. 8 gennaio 2018

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Negli Stati Uniti, come in molti altri Paesi, le malattie cardiovascolari sono la causa di gran lunga più comune di morte sia per uomini che per le donne di qualsiasi gruppo etnico e rappresentano la fonte principale di invalidità. Entro il 2020, la malattia coronarica (MC) e l’Ictus occuperanno rispettivamente il primo ed il quarto posto nell’elenco delle cause più importanti di invalidità stilato dalla World Health Organization.

Le malattie cardiovascolari stanno evolvendo in forma epidemica in tutto il mondo, e l’aterosclerosi, spesso complicata da trombosi, ne costituisce la causa di base di gran lunga più frequente. È noto da decenni che le lesioni più precoci dell’aterosclerosi, cioè le strie adipose, sono presenti nell’aorta fin dalla prima infanzia, ma oggi sappiamo che il processo aterosclerotico inizia già nel corso dello sviluppo fetale, in particolare nei figli di madri ipercolesteromiche. Pertanto è necessario uno sforzo che dura tutta la vita allo scopo di prevenire questa malattia e le sue temibili conseguenze. Benché possa essere presente una predisposizione genetica all’arteriosclerosi, la grande maggioranza delle malattie a questa correlate, compresa la malattia coronarica, è acquisita: vale a dire che le manifestazioni cliniche dell’arteriosclerosi, che compaiono abitualmente in età avanzata, possono essere ampiamente prevenute. Ciò rappresenta la principale sfida per il mondo della cardiologia del nuovo millennio.

La parodontite è una patologia multifattoriale che colpisce i tessuti di sostegno del dente. In Italia la sua incidenza è elevatissima: un italiano su due ha problemi gengivali. Secondo i dati della Società Italiana di parodontologia (SIdP), solo in Italia 20 milioni di persone hanno problemi gengivali, 8 milioni soffrono di parodontite e 3 milioni sono a rischio di perdita dei denti nell’arco temporale di un anno.

I pazienti con parodontite presentano cambiamenti dei loro parametri infiammatori sistemici: vale a dire non solo registrano un aumento dell’infiammazione gengivale, ma anche un aumento dell’infiammazione riscontrabile a livello ematico. Rispetto a soggetti con parodonto sano, i pazienti con parodontite hanno valori più elevati di granulociti neutrofili circolanti (le cellule del sangue che combattono le infezioni), o di parametri infiammatori sistemici quali la proteina C- reattiva. È stato dimostrato che l’infiammazione, ma non necessariamente un’infezione cronica, ha un ruolo importante nell’avvio e nell’evoluzione dell’aterosclerosi e i marker infiammatori ematici sistemici (proteina C- reattiva, amiloide A del siero e fibrinogeno), si sono rivelati potenti fattori predittivi per gli eventi coronarici.

Le citochine proinfiammatorie, indipendentemente dalla loro fonte, e i processi che esse mediano possono accelerare l’aterogenesi e/o le sue manifestazioni, ma rimane ancora ignoto se l’infiammazione di per sé rappresenti un fattore di rischio modificabile. L’ipotesi che l’infezione sia correlata in modo causale all’arteriosclerosi è plausibile ma non provata. A tutt’oggi sono state descritte più di 20 molecole di adesione cellulare associate al processo infiammatorio e quasi 50 citochine proinfiammatorie e la presenza di molte di esse è già stata dimostrata nella placche arteriosclerotiche umane.

Un recente studio del 2009 ha rilevato la quantità di batteri parodontali nelle placche aterosclerotiche nelle arterie coronariche. In questo studio sono stati esaminati 44 pazienti con malattia cardiovascolare; essi si sono sottoposti ad esame parodontale e all’endoarterectomia carotidea (intervento chirurgico finalizzato alla disostruzione delle arterie carotidi occluse o parzialmente ristrette). A seguito dell’endoartectomia sono stati rimossi circa 60/100 mg di tessuto arteriosclerotico e ottenuto il loro DNA. Dall’esame del DNA è emerso che i batteri responsabili della parodontopatia (Porphyromonas gingivalis, Actinobacillus Actinomycetemcomitans e Prevotella intermedia) sono stati trovati nel 92,3% delle placche ateromasiche di pazienti affetti da parodontite, con un riscontro del 20% (solo di Porphyromonas gingivalis) nelle placche ateromasiche di pazienti con parodonto sano. Inoltre è emerso, dall’analisi del DNA batterico delle placche ateromasiche, che la carica batterica totale dei pazienti affetti da parodontopatia è maggiore (94,9%) rispetto a quella di pazienti con parodonto sano (80%). Questo dimostrerebbe che la parodontite non solo è un processo infiammatorio locale, ma potrebbe anche avere un nesso di causa- effetto con le infezioni e i processi infiammatori sistemici.

Il numero significativo di specie batteriche parodontopatiche nei campioni di tessuti aterosclerotici da pazienti con periodontite conclamata, suggerisce che la presenza di questi microrganismi nelle lesioni coronariche non è casuale e che possano infatti avere un ruolo causale e quindi contribuire allo sviluppo delle malattie vascolari.

L’aterosclerosi è una malattia complessa e multifattoriale. Perché la malattia abbia inizio e progredisca è necessario un determinato livello di colesterolo ematico, ma questo è raramente sufficiente allo sviluppo di lesioni aterosclerotiche sintomatiche. Benché molti fattori di rischio cardiovascolare, come fumo e ipertensione, non siano aterogeni di per sé, essi rendono più rapida l’evoluzione della patologia occlusiva arteriosa, e clinicamente può essere vantaggioso trattare questi fattori acceleranti della malattia piuttosto che quello di partenza (l’ipercolesterolemia).

Oggi non è possibile affermare che la parodontite sia un fattore scatenante la patologia coronarica, ma certamente la sua presenza influisce negativamente sulla buona salute sistemica, minacciata da un ulteriore “rischio”.

La parodontite, in tal senso, può definirsi come un potenziale “fattore di rischio”, che se inibito potrebbe in qualche modo partecipare, unitamente al controllo di tutti gli altri fattori di rischio, al rallentamento dello sviluppo della cardiopatia ischemica.

Certamente sono necessari ulteriori studi e approfondimenti, perché, nonostante si siano ottenuti risultati che dimostrano la correlazione tra parodontite e patologia sistemica, rimane ancora oscura la maggior parte dei processi eziopatogenetici.

Se da una parte non è possibile stabilire una correlazione causale stretta tra parodontopatia e malattia coronarica, dall’altra è certamente vero che il controllo delle patologie infiammatorie del cavo orale è da considerarsi uno strumento per il mantenimento della salute sistemica, essendo il cavo orale la porta d’ingresso di microrganismi responsabili di processi flogistici sia locali sia sistemici.

L'articolo è stato pubblicato su Dental Tribune Italy gennaio 2018.

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