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La prima pratica odontoiatrica cui il paziente viene sottoposto è l’anestesia: bisogna saperla eseguire

L. Genzano

L. Genzano

ven. 30 giugno 2017

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Cosa accomuna un odontoiatra, un chirurgo, un medico internista e un anestesista? Semplice: il paziente, con patologie sistemiche più o meno importanti. Gli odontoiatri sono chirurghi che dovrebbero avere ottime basi di internistica, anestesia e rianimazione, per avere un buon controllo sul dolore e gestire le eventuali emergenze in studio.

Il loro ruolo non è solo quello di curare i denti, ma quello di assistere un paziente con patologie più o meno importanti del cavo orale, facendo attenzione a mantenere inalterati i parametri vitali, eventualmente già compromessi da patologie sistemiche.

Molto importante risulta essere la compilazione della cartella clinica – l’anamnesi – grazie alla quale si fa conoscenza con il paziente. Nel corso della nostra attività professionale abbiamo visto molte cartelle odontoiatriche, cartacee e digitali, ai vari corsi frequentati e in studi di colleghi da noi conosciuti; negli anni abbiamo notato che l’anamnesi occupava in molti casi un ruolo marginale. Si dava in realtà molta importanza all’aspetto grafico del piano di cura e alle immagini.

Naturalmente, tutto ciò fa parte di quella che molti chiamano “immagine dello studio”. Ma Aristotele diceva: «Chi ben comincia è a metà dell’opera», frase da non dimenticare. Il paziente odontoiatrico è atipico, vuole essere curato ma non sentire dolore, anche se si presenta dal dentista quasi sempre con il “mal di denti”. Il controllo del dolore in odontoiatria è alla base delle visite, perché quasi tutti i pazienti si presentano con dolori più o meno importanti.

Per questo motivo gli odontoiatri debbono guardare con attenzione quella che viene chiamata comunemente “anamnesi generale”, che permette di instaurare un rapporto lavorativo e di fiducia con il paziente, ben oltre l’immagine dello studio.

La prima pratica odontoiatrica a cui il paziente viene sottoposto è “l’anestesia”. Il saperla eseguire nel modo più corretto ed efficace può far acquisire da subito la fiducia del paziente, per far evitare, grazie soprattutto a un’accurata anamnesi, le complicanze legate ai componenti della tubofiala e al tipo di intervento effettuato.

Nel corso della nostra esperienza professionale, ci ha incuriositi il modo in cui l’anestesia viene presentata ai dentisti, come prodotto di consumo, non come farmaco. La presentazione dell’anestetico come “farmaco” può aiutare i giovani colleghi, e chi vuol capire qualcosa in più sull’anestetico, quale e perché scegliere, in modo da poter soddisfare le proprie esigenze.

Il terrore di incorrere in emergenze quando di fronte si hanno pazienti adulti e non, con patologie cardiache o altro, accomuna sia i giovani odontoiatri che i meno giovani. Negli ultimi anni, in odontoiatria si sono avute notizie di decessi più di operatori che di pazienti alla poltrona. Quando ci si trova a trattare dei bambini, molti colleghi, ancor oggi, demandano al pedodonzista o specialista in odontoiatria pediatrica, perché non vogliono stressarsi.

Cliccando QUI è riportato il sunto di una nostra cartella, dove nulla è inventato. Alcuni si domanderanno il perché della ripetitività delle domande. Semplice: se si ripetono ai pazienti le stesse domande in diversi modi, diverse saranno le risposte. Tutto perché in studio giunge un paziente che ha dolore e paura di essere toccato sul lato dolente della bocca.

Volendo schematizzare l’anamnesi, per inquadrare da un punto di vista anestesiologico il paziente, si dovrebbero avere sempre presenti questi tre punti:
1. anamnesi patologica remota e prossima: patologie, interventi chirurgici, allergie;
2. anamnesi farmacologica: terapie in atto, intolleranze farmacologiche;
3. anamnesi familiare: patologie parenti di primo grado.

E ancora, volendo operare con tranquillità ove fosse necessario fare delle valutazioni come segue:
• valutazione parametri vitali: pressione, frequenza, saturazione O2 (> 90%);
• ECG: refertato da un cardiologo;
• esami ematochimici: emocromo (Hb > 8, piastrine >100.000), funzionalità epatica (GOT e GPT), funzionalità renale (creatinina < 1,5), coagulazione (PT/INR < 2).

La raccolta di tutte queste informazioni puòo far inquadrare il paziente non solo da un punto di vista terapeutico odontoiatrico, ma anche anestesiologico: in questo modo la visita preanestesiologica odontoiatrica è servita.

Il vantaggio di eseguire una raccolta dati oculata sta nel fatto che diventa tutto più semplice nel momento in cui si va a impostare una terapia farmacologica e/o anestesiologica. Ossia quale e quanto anestetico utilizzare.

Il paziente con patologie sistemiche, quando si presenta in studio e ha di fronte un nuovo operatore, avendo fornito in precedenza dati e informazioni adeguate sul proprio stato di salute, sarà anche dal nuovo operatore trattato con tutte le dovute precauzioni e attenzioni necessarie. Nel compilare l’anamnesi farmacologica bisogna fare soprattutto attenzione se le terapie vengono eseguite correttamente; ad esempio, i pazienti di interesse anestesiologico, spesso, non eseguono terapie corrette per ipertensione, ipotensione, cardiopatici, con epatopatie o nefropatie, allergici e asmatici.

Quindi, solo un’anamnesi accurata ci permetterà di passare alla scelta dell’anestetico giusto.

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