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Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una vera rivoluzione che ha riguardato le conoscenze della microbiologia. La definizione del microbiota, ovvero la identificazione della comunità microorganismica presente su tutti i tessuti di rivestimento del nostro organismo.
Tutto questo grazie agli studi genetici, che hanno consentito l’identificazione di specie talvolta sconosciute e definito le complesse interazioni fra le differenti specie microrganismiche, ma anche le interazioni fra questo complesso sistema e il nostro organismo. Tali interazioni sono in larga misura regolate dall’identità genetica delle specie e dalle complesse reazioni che le regolano, così che questo insieme di geni dei microorganismi che compongono il microbiota, finiscono con l’identificare il microbioma, ovvero l’insieme del patrimonio genetico dei componenti del microbiota.
Si tratta di un sistema estremamente complesso che regola molte funzioni vitali attraverso l’interazione con il genoma umano, ma soprattutto ai loro reciproci rapporti sono spesso legati lo stato di salute e quello di malattia. Tutto questo perché la incredibile quantità di microrganismi che ospitiamo tende a creare un equilibrio e una convivenza armonica talora addirittura utili e, in questa visione, la malattia altro non è che la rottura di questo equilibrio.
Non è un caso che il National Health Institute negli Stati Uniti abbia intrapreso, con grandi investimenti, uno studio che prende il nome di “The Human Microbiome Project” in cui si cercano tutte queste relazioni e le loro conseguenze e interferenze con la salute umana. Questa nuova visione della attività batterica impatta ovviamente anche la presenza e il comportamento dei batteri coinvolti con la malattia parodontale e più generale con molte delle patologie del cavo orale e, ovviamente, è facile comprendere che cambierà molte delle procedure che caratterizzano la professione dell’Igienista dentale.
La visione reattiva, e dunque aggressiva, che caratterizzava la terapia parodontale non chirurgica è destinata senza ombra di dubbio a cedere il passo a una terapia pro-attiva, tesa a ricreare un equilibrio all’interno del microbiota, senza cedere alla tentazione di una pretesa completa decontaminazione dei siti di malattia.
Da questo discende lo sforzo della ricerca e della formazione in questa direzione, che caratterizza e caratterizzerà sempre più la nostra professione e nella quale, anche il gruppo che ho l’onore di coordinare, è quotidianamente impegnato per offrire il proprio modesto contributo.
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