Il 17 aprile a Torino si è aperta l’Ostensione della Sindone, evento epocale che sta facendo parlare molto di sé e promette di richiamare un numero enorme di visitatori. Quelli che si sono già prenotati infatti hanno già doppiato il mezzo milione e minacciano seriamente di insidiare il primato dell’Ostensione del 2010 che provocò una fiumana di oltre due milioni di persone. Dental Tribune rende conto di un evento così epocale, pur se non prettamente odontoiatrico come l’Ostensione, perché sta per essere pubblicato un volume realizzato da sette autori (tra questi chi scrive), di cui 5 medici.
La presenza dominante di camici bianchi, tre di loro sono affermati odontostomatologi, la si evince anche dal titolo del volume: Autopsia dell’Uomo della Sindone, edito dalla Ldc. Come su un ideale tavolo settorio, i cinque camici bianchi si sono chinati assieme per cercare «di gettare un po’ di nuova luce – osserva Bruno Barberis, celebre sindonologo – su un’immagine che ancor oggi, all’inizio del terzo millennio, è considerata dagli scienziati inspiegabile».
Sono state fatte numerose analisi dettagliate sull’uomo della Sindone, ma non sono servite a dare una risposta ai misteri più inspiegabili. Come si sono formate le impronte? Perché sul telo non vi sono segni di decomposizione? E infine, l’interrogativo fondamentale, chi era costui? Il volume riporta i contributi di Luigi Rodella, che ricopre la cattedra di Anatomia a Brescia; Giovanni Pierucci, docente illustre e decano dei medici legali italiani; Giampietro Farronato, professore all’Università di Milano, attuale presidente SIDO; Mauro Labanca, docente di Patologia speciale chirurgica odontoiatrica al S. Raffaele; e Alessandra Majorana, ordinario a Brescia e responsabile Unità di Odontoiatria pediatrica.
Che cosa hanno provato questi autori nell’incontro con la Sindone, che spesso è un incontro “per la vita”? Rodella dice di aver sentito nel 2010 il desiderio di comprenderla meglio, utilizzando le sue competenze professionali. «L’aver studiato nei dettagli l’impronta così umana e nello stesso tempo così misteriosa – osserva – mi ha fatto provare emozioni che probabilmente sarebbero rimaste per sempre nascoste». Anche il dott. Labanca afferma: «Ho avuto la possibilità di approfondire quanto già scritto da altri studiosi per meglio comprendere lo stato dell’arte e conoscere quanto questo Telo continui a celare ai nostri occhi. Da credente, questo studio mi ha permesso di aggiungere una piccola goccia nel mare infinito della letteratura esistente, ma ha per me un valore superiore a qualunque altro articolo o libro io abbia scritto o possa mai scrivere».
Giampietro Farronato sottolinea a sua volta il doppio aspetto scientifico ed emozionale dell’impresa: «Da un punto di vista tecnico abbiamo utilizzato un software di ultima generazione nella gestione d’immagini, grazie al quale abbiamo visto emergere da un tela, che a distanza ravvicinata appare insignificante, i dettagli di un’immagine che viene da lontano. Il Telo non può che coinvolgere» conclude.
«Un mistero irrisolto, complesso, esoterico che si perde nel corso della storia, si infittisce alla luce delle nuove tecnologie e ancor oggi affascina per la sua impenetrabilità – lo giudica Alessandra Majorana –. Il miracolo della resurrezione che si scontra con il concetto laico di scienza, in un susseguirsi di esperimenti, analisi, conferme e subitanee smentite, la possibilità che sia un falso ideato dalla mente geniale di un pittore alchimista medioevale o davvero il lenzuolo che avvolse il corpo del Cristo, sono solo alcune possibilità che condizionano il pensiero ogni qual volta lo sguardo si posa su quel lenzuolo. Nonostante le innumerevoli innovazioni, gli scienziati non sono ancora riusciti a porre la parola “risolto” su un caso storico verso il quale lo spettatore può solo decidere di credere o non credere. Ho pensato a tutto questo – osserva Majorana – quando ho cominciato a interessarmi alla realizzazione del libro. Poi, guardando attentamente le immagini del volto, mentre le studiavo e analizzavo freddamente, mi sono resa conta che parlavano, semplicemente, con parole di silenzio, mistero e sofferenza, che mi hanno emozionato e accompagnato durante tutto il percorso analitico e di studio. Le stesse che ancor oggi sento, rileggendo il libro».
Infine, riportiamo il parere di uno dei maggiori artefici del volume, Giovanni Pierucci: «Ciascuna delle migliaia di autopsie eseguite nel corso della professione mi suscita tuttora una riflessione, mai superata, sulla morte. Sulla vicenda, sempre tristissima, che ha sottratto alla vita questo corpo ora sul tavolo settorio; ma, più estensivamente, sul problema della morte nel suo significato biologico e filosofico. L’autopsia dell’Uomo della Sindone – osserva Pierucci – è stata del tutto singolare, non solo perché si è svolta, anziché su un cadavere, sulla sua immagine delineata su un telo funerario (d’altronde anche nella pratica medico-legale le perizie si fanno talora sugli atti). Nel caso della Sindone ho provato una viva tensione di ricerca di tipo tecnico-scientifico, che mi ha portato talora a disattendere, come poco documentate, precedenti ricostruzioni mediche sul significato dei segni presenti sul Telo, peraltro, così eloquente da non necessitare di spiegazioni forzate. Palesa infatti chiaramente una complessa, reiterata e accanita lesività e prospetta meccanismi di morte coerenti con gli Evangeli e la tradizione cristiana. Ciò che più ha colpito la mia mente e lo spirito è un’immagine che supera quella fisica dell’uomo torturato e ucciso, con l’autorevolezza e la maestosità delle sembianze pur tormentate dalle violenze. A tale immagine, ormai assente dalla tomba vuota, si riferiscono le parole dei due in vesti sfolgoranti: “Non est hic, sed resurrexit” (Lc 24, 6)».
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