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Il ruolo dell’ortodonzia nei trattamenti interdisciplinari

Fig. 7a. Visione intraorale dopo la fase ortodontica preprotesica.
P. Picchioni, U. Garagiola, F. Picchioni, R. Soldo, G. Bassi

P. Picchioni, U. Garagiola, F. Picchioni, R. Soldo, G. Bassi

lun. 10 marzo 2014

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L’approccio interdisciplinare prevede in odontoiatria l’interazione tra le diverse discipline coinvolte nel piano di trattamento, che si interfacciano tra di loro mettendo in comune modalità e metodologie, con l’obiettivo di trovare le migliori soluzioni possibili per risolvere problematiche condivise.

L’approccio di “team” ha le sue origini in ambito ortodontico da oltre trent’anni come conseguenza dell’aumento di richieste di trattamento da parte di soggetti adulti1-3. Già nel 1977 Barrer affermava come il segreto di un risultato di successo fosse sempre legato a un approccio di squadra, in modo tale da soddisfare tutte le esigenze delle varie discipline della branca odontoiatrica4.

L’importanza di collaborare e condividere gli obiettivi generali ci permette oggi di soddisfare tutte le esigenze di un trattamento riabilitativo complesso e, quindi, la salute generale, una buona estetica, una corretta funzione masticatoria, la salute della dentatura e delle strutture di sostegno. Si viene così ad allargare il significato dell’ormai obsoleto termine di “ortodonzia preprotesica”, intesa come una terapia con l’obiettivo di rendere possibili, o almeno facilitare, le procedure cliniche richieste nell’ambito di un piano di trattamento restaurativi, con il coinvolgimento di ortodontista e protesista.

Nel concetto di “team” vengono infatti coinvolte tutte le discipline, non solo ortodonzia e gnatologia, ma anche protesi, e quindi parodontologia, conservativa ed endodonzia, chirurgia orale e chirurgia maxillo-facciale, implantologia. La domanda di trattamenti interdisciplinari ha poi avuto un notevole incremento anche in conseguenza dell’aumento delle richieste di cura con finalità esclusivamente di tipo estetico5,6. In questo contesto, l’estetica del sorriso – primo impatto nei rapporti con una persona che ci troviamo di fronte – rappresenta uno dei cardini su cui è basata l’attrattività del volto umano7. Anomalie di posizione e di morfologia della dentatura e/o dei tessuti di sostegno e molli tendono infatti ad alterare l’espressione del sorriso, che non appare più in equilibrio con la forma del viso; ed è proprio per migliorare il proprio sorriso e renderlo esteticamente più gradevole che una gran parte di pazienti viene alla nostra osservazione8.

Un esame approfondito dell’occlusione, delle caratteristiche della dentatura, del parodonto, della forma del viso e della funzione dei tessuti molli permette ai professionisti di elaborare un piano di terapia individualizzato e conforme alla risoluzione dei problemi che affliggono il paziente. Una tale analisi deve essere basata su parametri scientifici, che permettano un’accurata valutazione delle problematiche del paziente, in quanto solo una corretta diagnosi permette di ottenere un risultato di successo. La diagnosi si deve basare su criteri estetici oggettivi e, quindi di qualità, che rispondano a canoni prestabiliti specifici e validi nel periodo considerato.

L’analisi del sorriso nelle varie dimensioni dello spazio è alla base della strategia terapeutica, volta a pianificare un piano di trattamento basato sugli attuali concetti di natura estetica9,10. Tale analisi viene effettuata sul posed smile o “sorriso sociale”, che presenta caratteristiche ripetibili e individuali nei vari soggetti e che possono essere valutate attraverso criteri oggettivi11,12. L’analisi viene effettuata nelle varie dimensioni dello spazio: frontale, trasversale, sagittale, obliqua, e in una quarta dimensione legata all’età del soggetto esaminato.

Tra le caratteristiche più importanti del sorriso consideriamo, sul piano frontale, l’esposizione della dentatura e dei margini gengivali (lip line); le caratteristiche della dimensione trasversale (buccal corridors), l’arco del sorriso (smile arch)13,14. Come linea generale, la lip line è ottimale quando il margine inferiore del labbro superiore lambisce i margini gengivali, evidenziando il gruppo frontale superiore di almeno l’80% della sua lunghezza (Fig. 1). L’ammontare del display incisale dipende da numerosi fattori e, in particolare, da: lunghezza e mobilità del labbro superiore; altezza del mascellare superiore; dimensione e inclinazione delle corone e dall’età del paziente (Figg. 2a, 2b). Il tipo di trattamento sarà di conseguenza legato all’eziologia del problema, potendo coinvolgere in misura diversa ortodontista, protesista, parodontologo, chirurgo maxillo-facciale15,16. La dimensione trasversale sul piano frontale valuta l’ampiezza del sorriso e in particolare gli spazi laterali, attraverso l’analisi dei corridoi buccali (buccal corridors)7,17, la cui valutazione permette di programmare un’eventuale espansione trasversale del mascellare superiore, ovvero una modifica dell’inclinazione vestibolo-linguale dei denti dei settori laterali.

Lo smile arch è invece la relazione esistente tra una curva immaginaria tracciata attraverso i margini degli elementi dentali del settore frontale e la curvatura del labbro inferiore. Nelle condizioni ideali, le curve dovrebbero essere parallele con il labbro inferiore che lambisce il margine dei denti anteriori (Fig. 3). Nel contesto delle alterazioni dello smile arch includiamo l’eccessiva intrusione degli incisivi superiori, con conseguente appiattimento del sorriso, problemi di tipo mio-funzionale, e in particolare la deglutizione atipica, inclinazioni anomale del piano occlusale (Fig. 4).

Possiamo vedere, quindi, come siano numerose le problematiche in grado di alterare un’espressione gradevole del sorriso, soprattutto in soggetti affetti da malocclusione: tra le principali anomalie si ricordano le agenesie, problemi a carico di overjet e overbite, l’asimmetria del piano occlusale, deviazioni della linea mediana, alterazioni legate all’inclinazione e all’allineamento della dentatura ecc.
Il ruolo dell’ortodonzia nei trattamenti interdisciplinari non è comunque solo legato ai problemi di natura estetica, ma riguarda anche tutti i tipi di trattamento denominati come “complementari” oltre alla terapia ortodontica di casi complessi nell’ambito di una riabilitazione del sistema stomatognatico.

Con il termine di “trattamento ortodontico di tipo complementare” si intendono, come già detto, tutte le terapie richieste nell’ambito delle varie discipline ortodontiche per rendere possibile o facilitare la risoluzione di un problema condiviso.
Nell’ambito dei trattamenti complementari annoveriamo quindi la correzione dell’inclinazione assiale della dentatura con apertura o chiusura degli spazi adiacenti a siti di estrazioni, le estrusioni sia di tipo rapido che lento, a seconda del problema da risolvere, intrusioni e riposizionamenti in chiave parodontale.
La migliore preparazione degli specialisti in ortodonzia, unita alla consapevolezza da parte di paradontologi e protesisti dei vantaggi che la terapia ortodontica può portare nella risoluzione di problematiche condivise, ha aumentato anche la richiesta di questi tipi di trattamento.

Nei casi di riabilitazioni di tipo complesso, molti di questi movimenti possono essere richiesti in contemporanea per facilitare il restauro e migliorare la salute dei tessuti parodontali; il tutto nell’ambito di un’estetica favorevole, in quanto funzione ed estetica rappresentano le due facce di una stessa medaglia18. In questo contesto si rivela inoltre di fondamentale importanza il timing di intervento dei vari specialisti coinvolti nel piano di cura. I timing di tipo standard e hanno un valore di tipo parzialmente indicativo in quanto, in conseguenza dell’enorme diversità delle situazioni, è necessario individualizzare, oltre al trattamento, anche il timing degli interventi terapeutici19-21.

Caso clinico
Paziente di sesso femminile di anni 42. Tipo scheletrico dolico-facciale, profilo gradevole legato soprattutto alla buona rappresentazione dei tessuti molli, in particolare delle labbra.
A livello occlusale problematiche di tipo parodontale e conservativo, agenesia degli incisivi laterali con persistenza del canino deciduo a dx e dell’incisivo laterale deciduo a sn, pregressa estrazione dei primi molari inferiori, presenza di residui radicolari nella zona del I primo molare superiore di dx, deviazione di entrambe le linee mediane (Figg. 5a-5c). L’analisi cefalometrica in proiezione laterale non fornisce ulteriori indicazioni (Figg. 6a-6c). La paziente chiede una riabilitazione globale, dettata soprattutto da motivi di tipo estetico. Desidera inoltre ripristinare l’integrità della dentatura in corrispondenza degli elementi decidui ancora in arcata e che stanno per esfoliare, e ripristinare la masticazione nelle zone edentule.

L’obiettivo può essere raggiunto solo con un piano di terapia integrato ortodontico-protesico, preceduto dall’estrazione degli elementi decidui e delle radici nella zona del primo molare superiore dx, dai trattamenti di terapia conservativa dei vecchi restauri in amalgama e da una terapia parodontale iniziale con motivazione a una corretta igiene domiciliare.
Sono stati proposti due piani di trattamento ortodontico: il primo prevedeva la riapertura degli spazi per entrambi gli incisivi laterali, il secondo solo la riapertura sul lato di sinistra, trasformando poi con il restauro conservativo il canino superiore di dx in incisivo laterale.
Dal momento che la seconda opzione aveva un tempo di terapia ortodontica più limitata nel tempo, è stata preferita dalla paziente. Il timing del trattamento prevedeva come prima fase la terapia parodontale iniziale, l’estrazione degli elementi decidui e dei residui radicolari e la terapia conservativa dei vecchi restauri in amalgama.

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Al termine di questa fase è iniziata la cura ortodontica con i seguenti obiettivi: movimento radicolare di 47, movimento coronale di 37 e riapertura dello spazio, riduzione dello spazio tra 15 e 17 e successivo restauro con implantoprotesi, ripristino dello spazio per il 22, estrusione di 13 per migliorare la posizione dell’arco gengivale e successiva ricostruzione, rimodellamento interprossimale 13-11-21 per ripristinare un corretto rapporto dento-dentale (Figg. 7a, 7b).

Gli obiettivi sono stati raggiunti dalla terapia. L’estetica del sorriso è gradevole, il display incisivo è buono e non vi sono spazi nei settori laterali. La ricostruzione implantare ha permesso di ripristinare l’armonia e l’integrità delle arcate nell’ambito di una buona salute dei tessuti di sostegno (Figg. 8a-8g, 9a, 9b).

Conclusioni
Oggi l’ortodontista non deve più trattare solamente bambini e adolescenti con dentizione sana, ma cura sempre più anche pazienti adulti. Essi portano una diversa serie di problemi all’ortodontista, sebbene possano essere più collaborativi rispetto ai bambini. Gli adulti spesso presentano distruzioni cariose estese, otturazioni, parodontopatie, perdita di elementi dentali, disfunzioni muscolari, esigenze estetiche, patologie articolari e discrepanze scheletriche. Tutto ciò richiede un intervento interdisciplinare tra ortodontista, parodontologo, protesista, implantologo, chirurgo orale e maxillo-facciale22.

Il concetto di odontoiatria ha attraversato una lunga trasformazione negli ultimi decenni e i ruoli assunti dallo specialista si sono ampiamente espansi compiendo numerosi progressi. L’odontoiatra ha assunto incarichi più estesi, volti alla ricerca della perfezione ed è destinato a diventare sempre più specializzato e capace di prestazioni maggiormente sofisticate. Si è assistito, inoltre, a una crescente collaborazione tra le varie discipline e specialità dell’odontoiatria. È necessario precisare che l’ortodonzia – quale disciplina complemento di altre terapie odontoiatriche – richiede un accordo preliminare fra protesista, implantologo e parodontologo circa il tipo e la dimensione degli spostamenti dentali previsti. Il trattamento ortodontico in questi casi prevede, tra i suoi obiettivi, la correzione di anomalie di posizione di denti singoli, allo scopo di ottenere la chiusura, la riduzione o l’apertura degli spazi. È quindi necessario che l’ortodontista conosca i principi fondamentali protesici, implantologici e parodontali, al fine di integrarli nel piano di trattamento pluridisciplinare.

Con il progresso tecnologico, è divenuto sempre più necessario che un esperto in una determinata branca odontoiatrica si consulti con il collega esperto in altra disciplina23-25. Il rapporto dell’ortodontista con gli altri specialisti si pone, oggi sempre più spesso, non solo nel senso ovvio della collaborazione alla risoluzione dei problemi terapeutici specifici della propria disciplina, per i quali egli è interpellato in qualità di esperto, ma anche nel senso della competente collaborazione alla risoluzione diagnostica del caso.

La corretta definizione della diagnosi avrà ovviamente conseguenze in ordine alla valutazione prognostica e alla formulazione del più idoneo piano di trattamento. Inoltre, la migliore assistenza odontoiatrica, unitamente all’affermarsi della prevenzione e motivazione della popolazione nei confronti della salute orale, ha determinato l’aumento di pazienti che richiedono terapie più complesse, al fine di conservare l’integrità orale. L’ortodontista viene quindi sempre più coinvolto nelle altre discipline odontoiatriche anche in rapporto all’ampia gamma delle soluzioni terapeutiche offerte dall’ortodonzia stessa. Alla crescente domanda, infatti, corrispondono migliorate possibilità terapeutiche.
Attualmente i progressi compiuti nelle varie discipline odontoiatriche consentono di eseguire trattamenti multidisciplinari complessi ottenendo ottimi risultati se la motivazione e la collaborazione del paziente sono buone.

 

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L'articolo è stato pubblicato sul numero 1 di Cosmetic Dentistry Italy 2014

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