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Il movimento ortodontico osteogenico e parodontalmente accelerato nel trattamento multidisciplinare implantare

Foto: cresta ossea riassorbita nella zona edentula.
F. Brugnami, A. Caiazzo

F. Brugnami, A. Caiazzo

lun. 27 maggio 2013

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Anche se un approccio terapeutico multidisciplinare, può rendere molto complesso e difficile la gestione del trattamento, ci dà la possibilità di ottenere risultati ottimali, che possono essere di grande beneficio per molti pazienti.

Il trattamento multidisciplinare richiede un’eccellente comunicazione e il coordinamento tra i diversi specialisti. Anche se un approccio terapeutico multidisciplinare può rendere molto complesso e difficile la gestione del trattamento, offre la possibilità di ottenere risultati ottimali, che possono essere di grande beneficio per molti pazienti.
Spesso, negli adulti, i casi di malocclusione sono associati a perdita dei denti, riassorbimento osseo e conseguente necessità di impianti e/o trattamento parodontale e procedure rigenerative.
In tali pazienti, se adeguatamente progettato, il posizionamento di un impianto può per esempio essere sfruttato dall’ortodonzista per aumentare l’ancoraggio a sua disposizione, oppure si può utilizzare la terapia ortodontica per modificare selettivamente la posizione dei denti migrati e facilitare la progettazione del restauro protesico e l’eventuale inserimento di impianti. In pratica l’ortodonzia può aiutare la chirurgia, che può aiutare l’ortodonzia.
Normalmente il paziente ortodontico, specie se adulto, ci pone due domande: quanto l’apparecchio è visibile e ingombrante e quando durerà la terapia.
Negli ultimi anni gli apparecchi ortodontici sono diventati meno ingombranti, meno evidenti o addirittura trasparenti o posizionati in posizione linguale, di fatto aumentando esponenzialmente il grado di accettabilità dell’adulto.
La tecnologia e la scienza hanno sviluppato apparecchiature e tecniche innovative più efficienti, e quindi più veloci nell’unità di tempo.
Tra queste innovazioni, si annovera il concetto di ortodonzia osteogenica chirurgicamente assistita.
Con questa tecnica può ridurre significativamente il tempo totale di trattamento della terapia ortodontica. Limitarsi però a considerare solo la rapidità del trattamento è estremamente riduttivo, quando parliamo di questa tecnica. Ben altre possono essere infatti le indicazioni e i benefici di quella normalmente conosciuta come corticotomia.
Questo tecnica è relativamente nuova e richiede un ben coordinato approccio multidisciplinare. Alla base della tecnica c’è un intenzionale insulto chirurgico del tessuto osseo per provocare un iniziale stimolo infiammatorio che andrà a scatenare una serie di fenomeni a cascata, meglio descritti con l’acronimo di RAP (Regional Accelerated Phenomena1,2.
Il risultato del RAP è una transitoria osteopenia (diminuzione della mineralizzazione dell’osso senza perdita di volume), localizzata alla zona dell’insulto chirurgico. Il risultato clinico è un osso più morbido, che può consentire un più rapido movimento dei denti3,4, con minori stress per i tessuti parodontali. Un recente studio su casi estrattivi con radiografia tridemesionale pre e post operatoria ha evidenziato un incidenza dell’87 % di un riassorbimento di almeno 2 mm delle pareti alveolari.
Il movimento ortodontico parodontalmente accelerato, come descritto da Wilcko, viene definito “osteogenico” perché permette di creare osso ed espandere le basi alveolari. Ne consegue che le indicazioni pincipali sono: possibilità di espandere le basi ossee ed evitare molte estrazioni e rigenerare o irrobustire il parodonto. Appare quindi particolarmente indicato nei casi multidisciplinari per i quali è richiesto sia un movimento ortodontico che un intervento di chirurgia orale o parodontale. In questi casi, la corticotomia può essere combinata all'estrazione del dente di giudizio e / o una tecnica rigenerativa, come per esempio un aumento di cresta con innesto osseo, al fine di evitare interventi chirurgici multipli6-12.
Recentemente alcune terapie ortodontiche, in particolare quelle cosiddette low friction, hanno dimostrato clinicamente e radiograficamente che è possibile espandere arcate dentali senza interferire con la salute parodontale, aumentando le ossa alveolari. Melsen e collaboratori13 hanno confermato quanto suggerito in precedenza, cioè che il dente si sposta con l’osso e non nell’osso, specialmente quando vengono applicate forze ortodontiche leggere e lo spostamento del dente è corporeo e non una mera inclinazione.
Deiscenze e fenestrazioni, che sono difficili da diagnosticare prima dell’intervento senza l’ausilio di un’indagine radiografica tridimensionale, possono rappresentare una limitazione di questa tecnica. Poiché il dente si sposta con il parodonto, nei casi in cui il parodonto non è presente, si potrebbero creare recessioni e perdita di attacco.
Uno studio recente sui teschi americani contemporanei ha dimostrato che una deiscenza era presente nel 40,4% dei crani, mentre il 60,1% presentava almeno una fenestrazione. Molto approssimativamente, questo si potrebbe tradurre a livello clinico che almeno il 50% dei pazienti sottoposti a movimenti ortodontici di espansione sia in senso traversale che sagittale potrebbe essere a rischio di recessione gengivale e danno parodontale. In questi casi sembra opportuno consigliare un’analisi radiografica tridimensionale (CBCT o Cone Beam) nella valutazione pre-operatoria per evidenziare tali anomalie o la presenza di una corticale ossea vestibolare molto sottile, che potrebbe essere a rischio di riassorbimento a causa dei movimenti espansivi. La Cone Beam, grazie a una notevole riduzione della dose di radiazioni rispetto alla TAC a spirale, e una migliore definizione, potrebbe essere utilizzata di routine nei pazienti con un parodonto sottile, dove il rischio di recessioni post-operatorie è maggiore, soprattutto nei casi con discrepanze sagittali o trasversali.
La tecnica PAOO si è dimostrata efficace nel risolvere deiscenze e fenestrazioni sugli elementi dentali ma anche nel produrre un notevole cambiamento nell’analisi cefalometrica dei punti A e B17.
Il compito dell’ortodontista, nei casi trattati con PAOO, è quello di vedere il paziente più spesso poiché si potrebbe rendere necessario cambiare i fili con frequenza maggiore visto che il movimento ortodontico è sensibilmente maggiore rispetto al trattamento ortodontico convenzionale. L’uso della corticotomia segmentale (cioè quella applicata solo ai denti che devono effettuare maggiori movimenti rispetto agli altri) può, in maniera estremamente evidente, cambiare il rapporto tra i gruppi di denti.
Ciò deve essere tenuto ben presente perché può richiedere modifiche nel distribuire l’ancoraggio da parte dell’ortodontista. I denti nella zona dell’intervento si muoveranno molto più velocemente rispetto gli altri denti.

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Conclusioni
Le tecniche chirurgiche con approccio minimamente invasivo possono essere usate con successo per accelerare il movimento dentale, evitare trattamenti estrattivi, trattare e prevenire i problemi parodontali. Possono essere inoltre associate ad altri interventi chirurgici, quali per esempio la rigenerazione dei tessuto connettivale o osseo, il posizionamento di impianti o estrazione dei denti del giudizio.

 

Nota dell’Editore: questo articolo è apparso in Implants, la rivista internazionale di implantologia orale, vol. 12, n. 2, 2011, pubblicata da Oemus Media AG, Lipsia, Germania. La bibliografia è disponibile presso l’Editore.

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