Le linee guida stilate dalle più prestigiose società scientifiche del settore sia a livello internazionale che italiano rappresentate dall’Accademia Americana ed Europea di Implantologia e dalle nostre prestigiose Società Scientifiche del settore pongono l’accento sul fatto che ogni esame radiologico è considerato invasivo ed espone il paziente ad una dose di raggi, per cui deve essere richiesto solo quando, dopo aver eseguito una visita clinica accurata ed utilizzato gli esami radiologici più semplici (comuni radiografie bidimensionali), non si è in grado di fare una diagnosi accurata.
Il punto cruciale è eseguire una diagnosi accurata, per cui ogni medico/odontoiatra ha una certa discrezionalità nel prescrivere esami radiologici tridimensionali quali una TC che sicuramente espongono il paziente ad una dose di raggi assorbita non paragonabile alle semplici radiografie. Bisogna inoltre tener conto che la TC in odontoiatria è stata sostituita a livello mondiale dalle CBCT. È raro prescrivere una TC per odontoiatria; negli ultimi anni la quasi totalità degli esami tridimensionali che prescriviamo sono esami CBCT. Per cui, quando non si riesce ad eseguire una diagnosi accurata, è meglio sottoporre il paziente ad un esame CBCT a basso dosaggio piuttosto che sottoporre un paziente ad un intervento chirurgico e scoprire, mentre il paziente è sotto i ferri, che la condizione clinica è completamente diversa da quella che il chirurgo si aspettava.
In generale, pur attenendoci alle linee guida stilate dalle società scientifiche, si può affermare che in implantologia l’esame CBCT è indicato in casi clinici complessi (che non necessariamente significa che il paziente ha perso tutti i denti) in cui è necessaria una ricostruzione ossea o si deve eseguire l’implantologia vicino a strutture nervose che, se lese, provocano danni permanenti alla sensibilità (ad esempio del labbro). Per cui in implantologia si può concludere che gli esami tridimensionali meglio a basso dosaggio trovano indicazioni cliniche abbastanza precise e non bisogna abusarne.
In ortodonzia l’utilizzo della CBCT è potenzialmente limitato perché si esegue soprattutto in bambini in crescita verso i quali è doveroso avere la massima attenzione a non sottoporli a dosi radiologiche se non strettamente necessarie e non altrimenti sostituibili. Attualmente perciò l’utilizzo dell’esame CBCT nei soggetti in crescita è limitato ai casi dove un maggiore dettaglio diagnostico può fare la differenza in termini di progettazione del trattamento ortodontico. I casi sono soprattutto quelli di inclusione dentarie come per esempio quando ci sono canini permanenti che non spuntano spontaneamente in arcata. Oppure la sospetta presenza di più denti sovrannumerari che devono essere estratti e per i quali la corretta conoscenza della localizzazione nell’osso è di grande ausilio per il chirurgo. Ci sono poi i casi di gravi malocclusioni facciali con potenziali di crescita altamente compromessa, soprattutto nei casi di asimmetria del viso ove è potenzialmente indicato prescrivere un esame CBCT invece che delle radiografie 2D tradizionali (ortopantomografia, teleradiografia e radiografie postero-anteriore del cranio). Inoltre bisognerebbe anche valutare se 3 esami bidimensionali non superano la dose assorbita di una CBCT di ultima generazione.
Nei pazienti a fine crescita può essere indicato un esame CBCT in casi particolarmente complessi in cui è prevista una fase combinata ortodontico-chirurgica in cui la ricostruzione tridimensionale virtuale dei tessuti scheletrici, dei tessuti molli e delle arcate dentarie può essere un valido salto di qualità in termini di dettaglio diagnostico e programmatico. Infatti l’esame CBCT elaborabile con il computer ai fini di una progettazione virtuale consente all’operatore di visualizzare il trattamento prima di cominciare a trattare il paziente. Quindi il coscienzioso operatore saprà intercettare i casi in cui optare per un esame radiologico tradizionale o scegliere l’esame CBCT.
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