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Pianificazione digitale e chirurgia guidata: flusso di lavoro e suggerimenti eseguirle al meglio

Luigi Ciacci

Luigi Ciacci

mar. 14 luglio 2020

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Il successo di una riabilitazione implantare dipende da una corretta diagnosi che porta alla formulazione di un corretto piano di terapia. La moderna odontoiatria dipende da una diagnostica completa e da un’accurata programmazione ed organizzazione del piano terapeutico deciso. La chirurgia guidata prevede un flusso di lavoro di ingegneria inversa, si stabilisce prima la riabilitazione protesica quindi la posizione ideale degli impianti dentali secondo quel restauro.

La pianificazione digitale e la conseguente chirurgia guidata basata su dati radiografici tridimensionali e registrazioni digitali della cavità orale, ci forniscono informazioni preziose per consentire di “ripetere” il più fedelmente possibile il piano di cura che abbiamo stabilito, nel rispetto delle strutture anatomiche e alla topografia del paziente per ottenere il successo funzionale, estetico, biologico ed economico a lungo termine.

Oggi è anche possibile la pianificazione completamente digitale. Questo approccio inizia con l’acquisizione di una scansione intraorale (IOS) e l’acquisizione di dati di diagnostica per immagini 3D (CBCT). Un modello virtuale del paziente viene creato sovrapponendo i file DICOM (Digital Imaging and Communication in Medicine) e STL (Standard Triangulate Language) consentendo una visualizzazione della dentatura rimanente, dei tessuti intraorali e della struttura ossea. Nel software vengono selezionati gli impianti ed il protocollo chirurgico è pianificato rispetto al progetto protesico e all’anatomia ossea. Viene quindi progettata e realizzata la dima chirurgica che guiderà il chirurgo all’inserimento degli impianti.

Il problema più rilevante nella chirurgia guidata implantare è la divergenza tra la posizione effettiva dell’impianto e quella pianificata. Numerosi fattori possono contribuire a queste “deviazioni”. Le possibili origini di errori comprendono errori di “registrazione” della C.B.C.T, tecniche di fusione dei dati DICOM e dei dati STL, errori nella scansione dei dati, nella produzione della dima o nella sua stabilità, lo spazio libero necessario tra la boccola e la fresa, nonché altri fattori quali lo spessore dei tessuti molli, il movimento del paziente ed i tipi di software utilizzati.

Scopo di questo webinar è comprendere il flusso di lavoro dalla pianificazione digitale sino alla chirurgia guidata, conoscendo i passaggi fondamentali e la strumentazione necessaria per effettuarli. Essere informati su quali siano i vantaggi e l’affidabilità e quindi comprendere l’origine dei potenziali errori.

La chirurgia guidata è stata introdotta nei primi anni 2000 e da allora ha subito molte modifiche e progressi. Rimane comunque una tecnica avanzata di posizionamento degli impianti dove è richiesta una discreta esperienza dell’operatore e del suo team nonché di un certo investimento economico e di tempo per apprendere e padroneggiare le tecniche ed i flussi di lavoro.

Nonostante il concetto per inserire l’impianto non sia diverso dalla chirurgia a mano libera, la chirurgia guidata necessita di tecniche e strumentazione molto differente. È necessario conoscere nel profondo i princìpi e la strumentazione chirurgica prima di cimentarsi a trattare dei pazienti. La maggior parte dei principali produttori di impianti propone dei KIT per la chirurgia guidata che vengono appositamente studiati e collaudati per la tipologia d’impianto e la tecnica operativa.

Quando si utilizza la chirurgia guidata, il clinico avverte meno sensibilità alla densità ossea. L’attrito tra le frese e le boccole della dima falsano la rispondenza, la sequenza chirurgica delle frese deve essere valutata prima dell’intervento, valutando la densità ossea nelle immagini diagnostiche, che hanno una buona conformità nel caso utilizziamo DICOM provenienti da una macchina radiologica CT piuttosto che da una CBCT.

Ne deriva che la misurazione della coppia di inserzione e/o l’ISQ (Implant Stability Quotient) può essere valutata solo dopo avere rimosso lo stent chirurgico, lo stesso che indirizza la strumentazione e l’impianto alla profondità e all’angolazione pianificate, a causa dell’intimo rapporto con la boccola, limita il raggiungimento dell’irrigazione a freddo del sito dell’osteotomia. Questo comporta un rischio di surriscaldamento dell’osso con conseguente maggior rischio di fallimento implantare. Pertanto si potrebbe pensare che il tasso cumulativo di sopravvivenza degli impianti inseriti con questa tecnica sarebbe inferiore a quelli posizionati convenzionalmente. Studi retrospettivi hanno rilevato che il tasso cumulativo di sopravvivenza è sovrapponibile nelle due tecniche.

Il clinico deve avere padronanza della tecnica convenzionale nel caso in cui l’intervento inizialmente pianificato per la chirurgia guidata debba essere convertito in un intervento di implantologia convenzionale come nel caso non vi sia un preciso adattamento dello stent chirurgico o più banalmente ci si renda conto che il nostro paziente non abbia un apertura della bocca adeguata. Si può pensare che la chirurgia guidata non sia un modo più accurato di posizionare un impianto ma un modo più facile. Credo che questo pensiero derivi in parte da un marketing primitivo delle ditte che hanno interesse nel settore (Software house e ditte implantari) cnel far pensare che si potesse portare a termine con successo anche i casi più complessi. Mio personale pensiero e mia personale esperienza è che la pianificazione digitale mi aiuta a rendere più semplici i casi più complessi. Lo studio del caso protesico, il visualizzare su monitor l’inserimento più corretto degli impianti, vedendo prima gli ostacoli che potrei incontrare e prevedere quale sia la componente protesica necessaria, sono tutti fattori che in effetti rendono meno complicato il caso.

Il risparmio di tempo operativo è significativo, soprattutto nei casi di inserimento di più impianti e nei casi complessi ma tuttavia il tempo “risparmiato” durante le procedure chirurgiche viene prima impiegato alla pianificazione, all’acquisizione delle impronte, alla ceratura diagnostica.

Il tentativo di “risparmiare” tempo non seguendo tutte le fasi del flusso di lavoro porterebbe ad un aumento degli errori sia intrinseci che estrinseci. L’attenzione ad ogni singolo step da parte di tutto il team odontoiatrico (clinico, odontotecnico, assistenti e paziente) è necessaria per minimizzare l’errore e massimizzare l’accuratezza e i risultati del paziente.

Sebbene quindi vi siano molteplici aspetti da valutare e da seguire, questa tecnica può essere applicata a molteplici scenari clinici con risultati migliori per il nostro paziente che rimane il fine ultimo della nostra professione.

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