Fino a pochi decenni addietro, il fenomeno dell’esposizione a basse concentrazioni di agenti tossici era considerato soltanto un problema di igiene ambientale. In realtà vari studi1-5 hanno approfondito, grazie al monitoraggio biologico, il concetto di “esposizione a basse dosi” di agenti tossici o elementi in tracce: pertanto nei suddetti studi, gli autori concludono che le “basse dosi” corrispondono a una esposizione tale che le concentrazioni della sostanza in esame si mantengono, nei fluidi biologici (per la popolazione esposta), al di sopra dei valori massimi di riferimento (stabiliti per la popolazione generale) e al di sotto dei valori-limite biologici.
Lo studio dei metalli in tracce nell’organismo6,7 presenta almeno due ordini di problemi: 1) la difficoltà nel quantificare i valori definiti “normali” o di riferimento all’interno dei liquidi biologici; 2) l’assenza di metodiche di studio e di ricerca attendibili.
L’esposizione a metalli in tracce, si verifica non solo in ambito lavorativo, come si riteneva, ma ubiquitariamente; componente importante è rappresentata dalla sorgente ambientale (biosfera), acque potabili, alimenti, prodotti industriali, abitudini di vita, presenza di protesi corporee o dentali con componenti metalliche8-10.
L’elenco dei prodotti nei quali possono trovarsi tracce di elementi metallici è molto lungo: prodotti industriali tra i più vari, come sostanze alimentari, liquide e solide (caramelle, chewin gum, pasta, pane, dolci, cibi in scatola), strumenti di cottura alimentari, contenitori per vini, oli e acqua, pentole da cucina, macchine e utensili casalinghi, posateria.
Particolare attenzione è stata posta nel tempo a determinati metalli, come ad esempio il nichel, che è presente anche nei materiali e nelle leghe utilizzate in odontoiatria. Queste ultime possiedono un potenziale elettrochimico che, interagendo con il nostro corpo, dà luogo a un processo di ionizzazione. Questi ioni, una volta rilasciati nell’ambiente orale, possono esplicare azione tossica sia localmente che in tutto l’organismo. Il rischio e gli effetti determinati dal rilascio di questi ioni metallici dagli apparecchi ortodontici rimovibili, pone un problema di ordine igienistico e sanitario. Ricerche effettuate a questo scopo rivelano come sia notevole la percentuale di pazienti con reazioni avverse a materiali odontoiatrici riconducibili a metalli dentari che sono in grado di rilasciare ioni nel cavo orale11-15.
La presenza degli ossidi sulla superficie metallica delle leghe, ma soprattutto nel suo interno, è responsabile di microfessurazioni del reticolo cristallino, e attraverso queste, i processi di corrosione possono attivarsi anche in profondità, rendendo quindi la lega metallica un supporto microporoso, in grado di favorire l’adesione della placca batterica responsabile a sua volta della formazione di bassi valori di pH, che favoriscono i processi di corrosione mediante gli ossidi presenti nel metallo16,17. Oltre agli ossidi, negli alimenti possono essere presenti sostanze particolarmente aggressive come cloruri e solfuri, che innescano, anche sulle superfici metalliche ad alto titolo aureo, fenomeni di “Tarnish” o discolorazione a macchie, espressione di un ulteriore, anche se minimo, fenomeno di ossidazione18. Scopo del presente lavoro è l’analisi quantitativa e qualitativa dei residui di elementi metallici liberati nella saliva, in soggetti portatori di apparecchi ortodontici rimovibili con componenti metalliche, ponendo il dato risultante in correlazione, per quanto possibile, con l’ambiente esterno, l’attività lavorativa dei soggetti, le abitudini di vita, l’età media, il tempo di esposizione, e le caratteristiche del manufatto ortodontico.
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