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Uno degli incontri più qualificanti della 54a edizione degli Amici di Brugg è stato il workshop Andi/Unidi “A che punto è la crisi? La situazione nel settore dentale”, tenutosi in Sala Garberoglio venerdì 27, alle ore 11.
Grazie alle ricerche realizzate dal Servizio Studi Andi e da Key Stone, per conto Unidi, “ci si potrà per la prima volta confrontare – diceva l’invito – sul settore dentale nella sua completezza e complessità, individuando le maggiori criticità ed i possibili campi di intervento”.
L’appuntamento ha provocato, com’era intuibile, un intervento in blocco non solo della stampa di settore richiamata dal tema e dal “peso” dei relatori, ma anche di molti altri esponenti del comparto, per sentir illustrare un’analisi sinergica di professione e industria. Talmente numerosi gli intervenuti che nella sala molti han dovuto rimanere in piedi per ascoltare le valutazioni di Roberto Callioni (Andi) e quelle, altrettanto lucide ed eloquenti, di Roberto Rosso (Key Stone-Unidi).
Dopo una breve presentazione del presidente Unidi, Matteuzzi, secondo cui “il comparto ha bisogno di conoscere i suoi dati anche se crudi, crudeli o neri addirittura”, Callioni ha sottolineato i punti più significativi dell’“Indagine congiunturale sulla professione odontoiatrica in Italia nel 2011”, basata sulle risposte di 5589 dentisti certificati (termine che piace molto a Callioni, per sua stessa ammissione).
Dalla ricerca emerge un Paese in sofferenza con una categoria affetta da sottoccupazione (30%), probabile conseguenza dell’onda di ritorno dello “tsumani” economico del 2008. Che dichiara ricavi inferiori nel 2009 e 2010 (in alcuni casi di oltre il 15%) e pertanto affetto da un pessimismo diffuso (45%) sul futuro, per nulla attenuato dall’entrata in campo dei Fondi integrativi, considerati con diffidenza quasi pari a quella che accompagna il tumultuoso evolversi del franchising odontoiatrico.
L’analisi dimostra, quindi, che una percentuale cospicua (addirittura il 68,8%) della categoria deve rivedere i piani di vita e i progetti che si erano proposti prima della crisi, essendo venuto meno il privilegio che informava economicamente la professione e che pur tuttavia permane sebbene in forma minore. Basta confrontare le difficoltà d’inserimento e i guadagni che un giovane odontoiatra ha rispetto a quelli del possessore di un’altra laurea e della stessa età. Alla domanda se sceglierebbero la stessa professione, qualora potessero tornare indietro, la risposta di molti, a detta di Callioni, è stata “agghiacciante”: certamente no.
Assai più favorevole il quadro presentato da Rosso nell’“Analisi di Settore” con l’apparente semplicità ed immediatezza di linguaggio che lo contraddistingue e che rende le cifre più ostiche, familiari anche ai più tetragoni. Rosso ha citato tre cifre esemplari della produzione italiana, che nel 2008 ammontava a 621, nel 2009 è precipitata a 597 raggiungendo quota 633 nel 2010 con un aumento di oltre il 6%. Un boom che fa eco a quello dell’export, precipitato da 360 (2008) a 352 (2009) ma risalito trionfalmente a 372 l’anno scorso. Più dolenti le note riguardanti gli accessi di pazienti che da 60 milioni nel 2008 sprofondano a 55 nel 2010 e il calo produttivo dei laboratori che registra l’anno scorso un 26% in meno.
Decisamente realistico e disincantato l’intervento di Enrico Gherone, ospite attentissimo in prima fila, invitato quasi per acclamazione ad un intervento non previsto. Per il consulente del Ministro Fazio, i dentisti “si sono abituati troppo bene”, ma rispetto ad altri medici la categoria è ancora in posizione economicamente favorevole. Problema base: come fare in modo che anche il 60% dei pazienti che ancora non sanno cos’è il dentista, ci vada, perché tutto il sistema ruota attorno a lui. Occorre “stanare” i Fondi integrativi e collaborare in spirito di “realpolitik” con “la Politica” che, pretendendo prescrizioni dentali a costi più percorribili, mostra di avere a cuore la salute (e il consenso) dei cittadini, più che le sorti dei dentisti. Alla stessa “Politica” Gherlone chiede di imporre alle società di capitale (che egli non ama affatto e lo dice chiaramente) gli stessi limiti pubblicitari imposti ai professionisti. “Battere i pugni sul tavolo, come invocano alcuni colleghi – osserva Gherlone – è perfettamente inutile, può essere anzi controproducente. Certi individualismi non sono più percorribili. I tempi son cambiati e non torneranno più”.
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