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Torino ritorna capitale per i due giorni di festa dell’Odontoiatria italiana

m.boc

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lun. 3 dicembre 2018

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A seguito del 1° Convegno Nazionale della Commissione Albo Odontoiatri (CAO) dedicato all’Odontoiatria quale eccellenza italiana, svoltosi a Torino all’Ordine dei Medici (Villa Raby) tra il 30 novembre e il 1° dicembre, la città è stata definita “capitale”, per due giorni, dell’Odontoiatria italiana. Definizione neanche tanto enfatica se si guarda al ricco parterre che in questo week ha impreziosito l’incontro dinanzi ai 106 Presidenti CAO ivi convenuti.

Accolti da Gianluigi D’Agostino ( CAO di Torino e Tesoriere Fnomceo) e presentati da Raffaele Iandolo, presidente nazionale, si sono avvicendati al Tavolo dei relatori i nomi più in vista del Sindacato (Carlo Ghirlanda e Fausto Fiorile), dell’Industria (Gianna Pamich, UNIDI), dell’Ordine, dell’Accademia e della professione: dalla Parodontologia (Filippo Graziani, Giovanni Zucchelli e Maria Gabriella Grusovin) alla Conservativa (Angelo Putignano e Paolo Generali), dalla Protesica (Massimo Fuzzi, Costanza Micarelli) all’Implantologia (Ugo Covani e Eugenio Romeo), dalla Medicina orale (Giuseppina Campisi e Lorenzo Lo Muzio), all’Endodonzia (Nicola Perrini) fino alle nuove tecnologie in rigenerativa ossea (Adriano Piattelli e Carlo Mangano).

A cavallo delle due “Giornate di festa”, in un programma intenso di relazioni, anche un momento ludico ma stimolante di spunti professionali: lo spettacolo al Teatro Valsalice “Flow, la mente latente” di e con Michele Cassetta, odontoiatra e divulgatore scientifico e Gianluca Petrella, trombonista jazz, diretti alla regia da Antonio Lovato. A sintetizzare i contenuti della Festa potrebbe tuttavia bastare la Lectio magistralis di Carlo Guastamacchia, sabato mattina, tanto più convincente per i contenuti quanto per la capacità di esposizione, frutto di una esperienza senza pari (oltre 60 anni) come professionista e profondo conoscitore della comunicazione “prima, assoluta, terapia” secondo un concetto da lui sottolineato e ribadito da Antonio Pelliccia nel successivo intervento. Non ci può essere infatti una vera festa se non si guarda al prima e al poi e ai risultati conseguiti nel frattempo. La carrellata di Guastamacchia ha preso le mosse da quando, allora giovane professionista (è nato nel 1933) visse i tempi d’oro del dopoguerra: guadagni consistenti (per tutti), sala d’attesa affollata, quasi nessun problema di tasse.

Guastamacchia non vanterebbe ancor oggi un’autorevolezza senza pari ed uno studio formato da 18 professionisti nel cuore di Milano, accanto al Duomo, se non avesse perseguito quell’eccellenza, indiscutibilmente riconosciuta all’odontoiatria italiana, ma che a livello del singolo professionista appare in realtà il compendio di diverse eccellenze: verso i pazienti, i collaboratori, i fornitori e quell’impresa, in cui, lo si voglia o no, lo studio professionale s’identifica. Diversi le direzioni e i modi in cui il dentista dovrebbe coltivarle: verso di sé innanzitutto ricorrendo all’antico concetto della “mens sana in corpore sano”. Lo ha sottolineato Guastamacchia, mentre sullo schermo appariva la slide dell’Università di Budapest, splendido esempio di gotico, con palestra e piscina abbinate alle severe aule di scienza. «Perchè muoversi – dice Guastamacchia - fa bene al cuore, ma anche ai neuroni». Essendo il paziente indubbiamente al centro della mission professionale, l’eccellenza, sia clinica che economica, riguarda tuttavia principalmente lui, che non solo deve esser curato con scienza e coscienza, come impone la deontologia, ma compiutamente informato, richiamando esplicitamente la recente sentenza di condanna di un dentista per non aver informato il suo paziente. O meglio, per non averlo informato per iscritto. Perché il tempo speso alla comunicazione è già in sé una cura per la quale ci vuole il tempo che ci vuole. Il richiamo all’eccellenza dei collaboratori dello studio non si è limitato agli igienisti, di cui notoriamente Guastamacchia è grande fautore, ma anche agli ASO, indispensabili strumenti di lavoro organizzato, specie ora che un recente provvedimento li ha nobilitati, da semplici orecchianti, come li chiama lui, in “factotum” qualificati. Per non parlare dell’eccellenza di architetti, arredatori, odontotecnici, ecc…( i cd. fornitori).

Da quanto detto, emerge chiaramente il concetto di “squadra” che Guastamacchia ha in mente, quale punto di forza dello studio odontoiatrico e quindi, di impresa animata da una deontologia imprenditoriale oltrechè clinica e che, stando all’autorevole Roberto Rosso, avrebbe bisogno di un “dental office manager” se il dentista vuole coltivare la propria eccellenza come clinico. Dall’eccellenza d’impresa a come dovrebbe essere la pubblicità (nota bene, d’informazione sanitaria, non commerciale) il passo è stato breve. Per la cronaca Guastamacchia crede nel passaparola e in quella on site, al punto da piazzare nella sua sala d’aspetto un “decalogo” dei vantaggi offerti dal suo studio. Su tale controverso tema, si sono dilungati in un seminario, anche alcuni esperti: Tonino Aceti, Fabio Angelini, Antonio Pelliccia, Andrea Senna e Antonio Federici.

A conclusione della sua “Lectio” (turbata da interruzioni delle “slides” ma non per questo meno efficace, ndr.), Guastamacchia ha posto all’uditorio un quesito provocatorio: perché andarsene in pensione a 65 anni, come fanno in molti, esasperati dalle difficoltà di oggi e non rimanere invece più a lungo, considerato anche l’allungamento della vita, di cui Guastamacchia, dinamico 85 enne, è esempio vivente? “Si rischia – ammonisce - di perdere il ruolo sociale basato sulla propria autostima” (l’egolatria, come la chiama lui), senza contare che il tempo disponibile e gli hobby post pensionamento, dopo un po’ ti vengono a noia.

Molto meglio invece continuare a lavorare e ad aggiornarsi, “perché gli studenti han sempre vent’anni, anche quando ne han molti di più!” come diceva una canzoncina dei tempi goliardici che Guastamacchia, senza alcun imbarazzo, si è messo a cantare dal pulpito, a piena voce, dinanzi ad un uditorio, che dopo un attimo di smarrimento, si è alzato come un solo uomo, in preda ad un’ irrefrenabile standing ovation. Quell’applauso unanime e convinto che sembrava non finire mai, lo ha commosso, ha confessato più tardi al cronista. E pensare che agli applausi Guastamacchia, dinamico 85 enne, con un brillante passato dinanzi a sé, dovrebbe esserci abituato.

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