Terapia ortodontica senza diagnosi? Su questo quesito fondamentale si confrontano il 27 gennaio all’Università Cattolica di Roma alcuni nomi eccellenti dell’Ortodonzia italiana in una Tavola Rotonda ispirata dalla cosiddetta autodeterminazione del paziente ortodontico. Concetto che sta prendendo corpo a seguito di robuste offensive commerciali via Internet (specie dagli USA) che inducono il paziente/cliente ad un dir poco, problematico “fai da te” a totale esclusione dello specialista, grazie alla fornitura di un kit.
Un “salto nel buio ortodontico” che in un Paese di grande tradizione accademica e specialistica come l’Italia non può che suscitare sconcerto e riflessione: non solo sul fare e saper fare ma anche sull’essere e sul divenire della stessa specialità. Lo spessore del quesito e le sue presenti e future conseguenze spiegano il raccogliersi attorno a un Tavolo e in un luogo accademicamente prestigioso, di nomi molto in vista della specialità.
Introdotti da Massimo Cordaro, Direttore di Istituto e Struttura Complessa Policlinico Gemelli, si ritrovano infatti in un confronto diretto Ersilia Barbato, Coordinatore nazionale delle Scuole di Specialità di Ortodonzia, Raoul D’Alessio, presidente SUSO Roma e ideatore dell’evento, Giuseppe Renzo, presidente nazionale Cao-Fnomceo, e Antonella Polimeni, Direttore Scuola di Odontoiatria Pediatrica alla Sapienza e presidente SIOCMF.
Altri interventi eccellenti tuttavia sono previsti nel dibattito (Paola Cozza, Università Tor Vergata e past President SIDO, Pietro Di Michele, presidente nazionale SUSO, Giuseppe Fiorentino, presidente nazionale SIDO, Cristina Grippaudo, Università Cattolica Roma, Alberto Laino, Università Federico II di Napoli e Past presidente SIOF e Cesare Luzi, presidente Nazionale Asio).
Il prof. Cordaro chiarisce alcune premesse dell’impostante confronto: «L’obiettivo di una specialità e di un sindacato medico attenti – dice – sta nell’intercettare i bisogni della popolazione, ma anche nel suggerire giuste filosofie di pensiero cercando di captare cosa chiede il paziente consapevole e di accontentarlo in scienza e coscienza. Dinanzi ad una trasformazione radicale della professione ortodontica – ammonisce – occorre prestare attenzione alle mutazioni della professione, alla tutela della disciplina e ai bisogni della gente». Sull’evolversi della professione Cordaro ritiene assolutamente necessaria una riflessione profonda. «Non si possono far passare come “normali” frasi pubblicitarie che riportano terapie ortodontiche miracolose, invisibili, veloci e al costo di pochi euro». Che fare allora? La parola chiave è informazione. Solo con una corretta informazione, somministrata da chi ha titolo per farlo, si può rendere il paziente consapevole e tutelato. La medicina prima ancora che sulla terapia è basata sulla diagnosi, che richiede tutto un insieme di capacità di analisi e di sintesi che non può prescindere, ad oggi, dall’opera di un professionista. È necessario abituare i nostri pazienti alla qualità professionale attraverso la buona formazione e la deontologia.
Nasce da questo stato di cose l’opportunità di un confronto con la società civile per spiegare i rischi cui si va incontro con l’autoterapia e scelte inconsapevoli. «È arrivato il tempo di un cambio di passo. Parliamo direttamente alla gente – dice – perché il tempo del “pericolo ortodonzia” è ormai arrivato. Occorre individuare la strada da percorrere, decidendo “cosa fare” per la salute orale e l’integrità dei pazienti incidendo sulla società dei consumi».
Un modo è insegnare l’etica facendola rispettare nelle varie fasce della società (industria, università, professione, scuola e famiglia) «Solo così e solo uniti – conclude Cordaro – si potrà
evitare che la professione scompaia lentamente lasciando il posto a una desolata “autodeterminazione dell’essere”».
A dimostrazione della grande tradizione ortodontica italiana viene richiamato un passo della voce “Ortodonzia”, curata da Raoul D’Alessio, estrapolandola dall’Enciclopedia Treccani 2016: «La difficoltà principale è la pianificazione terapeutica che a sua volta nasce da un attento studio dell’antropologia del paziente, delle sue funzioni e aspetto esteriore… Lo studio antropometrico del volto e con esso la diagnosi di malocclusione prevedono un complesso processo intellettuale per cui, con buona ragione, si considera l’Ortodonzia la branca odontoiatrica più “medica”».
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