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Restauri protesici singoli eseguiti con metodica CAD/CAM chairside

G. Manfrini, M. Baczak

G. Manfrini, M. Baczak

mer. 16 settembre 2015

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Le metodiche di costruzione dei manufatti protesici con sistemi CAD/CAM sono sempre più valide, i risultati immediati e nel lungo periodo ampiamente documentati1-7. I cosiddetti sistemi chairside (“alla poltrona”) si avvalgono di impronte ottiche delle arcate dentarie, da cui si ricavano modelli tridimensionali virtuali e si estrapolano manufatti protesici attraverso un processo di fresatura.

Tale processo è eseguibile con strumenti gestibili direttamente nello studio odontoiatrico. Sull’affidabilità dei sistemi “alla poltrona” esiste una ricca letteratura8-17.
Tali sistemi, con opportune modifiche, offrono risultati interessanti da oltre 25 anni, con percentuali di fallimento di intarsi e corone spesso inferiori al 10% dei casi trattati.
Molti sono oggi i materiali a disposizione per la realizzazione dei manufatti chairside21,22: possiamo ricordare la resina ceramica (Lava ultimate 3M Espe), il disilicato di litio (IPS e.max CAD), la resina (Telio CAD e IPS Empress CAD Ivoclar Vivadent), ecc.
Nella nostra breve presentazione prendiamo in considerazione due tipologie di materiali21,22: la resina ceramica (Lava Ultimate, che chiameremo nella nostra descrizione “composito”) e il disilicato di litio (IPS e.max CAD).

L’evoluzione dei materiali ceramici ha portato alla realizzazione di materiali esteticamente molto interessanti, aventi caratteristiche di resistenza e di integrità marginale assolutamente eccellenti. Numerosi studi13,18-20 hanno verificato la validità dei restauri in disilicato di litio a distanza di più di 10 anni e la bassissima percentuale di fratture e di fallimenti generali ha indotto a considerare il ritrovato ceramico come uno dei migliori presenti sul mercato. In particolare IPS e.max CAD è un blocchetto in vetroceramica a base di disilicato di litio per la tecnologia CAD/CAM. In questa fase pre-cristallina intermedia il blocchetto è facilmente lavorabile in un apparecchio CAD/CAM e la sua resistenza è di 130-150 MPa.

La fase di cristallizzazione in forno a 840-850 °C per 20-31 minuti porta a una trasformazione della struttura nella quale crescono in modo controllato i cristalli di disilicato di litio. La compattazione dello 0,2% a essa correlata è prevista nel relativo software e pertanto viene considerata durante il processo di fresatura. Grazie alla trasformazione della struttura cristallina si ottengono le caratteristiche finali quali la resistenza di 360 MPa e le relative caratteristiche ottiche.
Lava Ultimate è invece una resina nanoceramica composta per il 79% circa di particelle nanoceramiche con superficie modificata; tali particelle sono costituite da tre diversi filler ceramici (di silice e zirconio), da 4 a 20 nm, che rinforzano la matrice polimerica a elevata reticolazione.

Casi clinici
Caso 1
Il paziente si presenta in studio per la frattura della parete linguale del II molare inferiore di destra (Fig. 1a), il dente presenta inoltre una vecchia otturazione in amalgama molto estesa. Il nostro piano di trattamento prevede la rimozione completa di tutta la vecchia otturazione e la riabilitazione con tecnica indiretta mediante l’esecuzione di un onlay con sistematica
chairside. Dopo aver posizionato la diga in gomma rimuoviamo l’amalgama e l’eventuale dentina rammollita (Fig. 1b) ed eseguiamo il build-up adesivo (Fig. 1c), a cui ricorriamo di routine quando decidiamo di affrontare un caso clinico mediante un approccio indiretto.
Questo accorgimento ci permette di ottenere spessori e dimensioni uniformi della cavità, permettendo così alla luce della lampada polimerizzatrice di raggiungere il cemento fotopolimerizzabile. Una volta terminato il build-up adesivo, vengono eseguite le preparazioni idonee ad alloggiare il futuro intarsio che dovranno presentare finitura dello smalto a margini netti, angoli interni arrotondati, pareti residue sufficientemente robuste, considerando che pareti con spessore residuo inferiori a 1,5 mm (nel dente vitale) andrebbero abbattute e interessate da ricopertura cuspidale. In questo caso si è deciso di ricoprire anche la cuspide disto-vestibolare (Fig. 1c).
Eseguiamo quindi la rilevazione della preparazione con telecamera intraorale (Fig. 1d). La possibilità di rilevare la preparazione con ancora la diga in gomma posizionata ci permette di ottenere delle immagini estremamente pulite. A questo punto il paziente viene messo in “stand-by” per circa 20 minuti e noi passiamo all’elaborazione digitale. Definiamo i margini della preparazione (Figg. 1e-1f), il software progetta la forma del manufatto che noi abbiamo la possibilità di modificare e migliorare, sia nell’aspetto occlusale sia per quanto riguarda i punti di contatto. Quando il progetto rispecchia le nostre aspettative trasmettiamo al fresatore le informazioni per il molaggio; in questo caso il materiale scelto è stato Lava Ultimate (composito).
Una volta rimosso dalla fresatrice abbiamo la possibilità di rifinire il manufatto (Fig. 1g). Torniamo quindi dal nostro paziente, rimontiamo la diga di gomma che noi riteniamo assolutamente indispensabile quando eseguiamo delle cementazioni adesive, proviamo l’intarsio (Fig. 1h) e ci accingiamo alla fase della cementazione. Le procedure adesive vengono eseguite utilizzando un sistema three step, concettualmente il più datato ma al contempo considerato a tutt’oggi il gold standard. Questo prevede un total etching con acido ortofosforico, applicato per 30 secondi sullo smalto e 15 secondi sulla dentina (Fig. 1i). Dopo aver risciacquato l’acido, si procede all’applicazione del primer in più apporti, che va soffiato con aria sino a ottenere una superficie dentale lucida.
Viene infine applicato il bonding con un pennellino o con un brush, viene soffiato delicatamente per rimuoverne gli eccessi e per poterlo distribuire in maniera omogenea sulla cavità, ma non viene polimerizzato.
Sulla superficie interna dell’intarsio viene applicato il silano, se ne aspetta l’evaporazione e anche qui viene applicato il bonding che non viene polimerizzato. Il cemento utilizzato in questo caso è un composito nanoriempito che viene riscaldato prima del suo utilizzo per renderlo più fluido. Una volta posizionato l’intarsio si procede alla rimozione degli eccessi di cemento e si esegue la polimerizzazione e la rifinitura (Fig. 1l).

Caso 2
La paziente lamenta sensibilità all’arcata superiore di destra e la nostra diagnosi identifica il problema all’elemento 16, che presenta una grossa otturazione in composito con delle infiltrazioni (Fig. 2a). Una volta rimossa la vecchia otturazione eseguiamo il build-up come abbiamo visto nel caso precedente, inserendo però una variante che è definita rilocazione del margine cervicale (Fig. 2b)23,24,26. La rilocazione del margine si rende necessaria tutte le volte in cui il gradino cervicale abbia una posizione sfavorevole per il posizionamento della diga, per le impronte e per la cementazione.
Il margine rilocato deve essere considerato come un ausilio per effettuare le successive manovre cliniche, ma è fondamentale che debba essere realizzato a campo isolato: qualora non fosse possibile, la rilocazione deve essere effettuata mediante un allungamento chirurgico di corona clinica25. La visione della superficie interna dell’intarsio ci mostra come anche piccole irregolarità della preparazione vengono rilevate e riprodotte (Fig. 2c).
La cementazione viene effettuata con gli stessi passaggi descritti nel caso precedente (Fig. 2d). Un controllo a distanza conferma la stabilità nel tempo di questo tipo di materiale utilizzato per la realizzazione dell’intarsio (Fig. 2e).

Caso 3
Come nei casi precedenti ricorriamo a una restaurazione con tecnica indiretta quando sono interessate cavità di grandi dimensioni. La foto clinica evidenzia il buil-up e la rilocazione del margine nel box mesiale (Fig. 3a). Dopo la presa dell’impronta si stabilisce il piano occlusale (Fig. 3b), si verifica l’intercuspidazione ottenuta con una ripresa vestibolare eseguita in occlusione (Fig. 3c) e si progetta l’intarsio (Fig. 3d). Il manufatto che esce dal fresaggio mostra già una buona forma anatomica (Fig. 3e) che poi può essere ulteriormente migliorata con la rifinitura manuale (Fig. 3f). Il controllo occlusale conferma come i ritocchi sono stati minimi e non hanno alterato la morfologia che abbiamo progettato al computer (Fig. 3g).

Caso 4
Il caso ci mostra la sostituzione di una vecchia corona sull’elemento 36. Abbiamo modificato la preparazione precedente con la tecnica della preparazione a finire e posizionato un provvisorio.
Quando abbiamo ritenuto che la salute parodontale fosse corretta (Fig. 4a) abbiamo eseguito la scansione intraorale e la successiva progettazione con particolare attenzione sia alla morfologia occlusale (Fig. 4b) sia all’esecuzione di punti di contatto interprossimali adeguati (Fig. 4c).
Come materiale da restauro abbiamo utilizzato il disilicato di litio18-20. La corona in disilicato nello stato precristallino (blu) è stata rifinita con frese diamantate (Fig. 4d), dipinta, caratterizzata e posizionata nel forno per la cristallizzazione finale. La foto clinica a cementazione ultimata mostra la morfologia occlusale che abbiamo progettato e ottenuto con questa tecnica chairside (Fig. 4e).

Caso 5
Questo giovane paziente di anni 19 presenta un’agenesia del 41 con permanenza in sede dell’elemento deciduo 81 (Fig. 5a). Per alcuni anni l’elemento deciduo è stato mantenuto in sede mediante uno splintaggio linguale (Fig. 5b), ma ora la situazione è ulteriormente peggiorata e, per il timore di mobilizzare e perdere il dente splintato, il paziente ha ridotto in maniera drastica le manovre di igiene. Il paziente chiede di risolvere il problema con un intervento non troppo impegnativo dal punto di vista economico. Decidiamo quindi di eseguire un Maryland in disilicato di litio. Negli ultimi anni il netto miglioramento ottenuto nel campo dell’adesione ha aumentato notevolmente il successo di questo tipo di terapia come si può desumere dalla bibliografia più recente27-31.
Abbiamo proceduto in prima istanza all’estrazione dell’incisivo deciduo e alla sua sostituzione con un Maryland in composito rinforzato con fibra di vetro (Fig. 5c). Una volta ottenuta la guarigione del sito dell’estrazione siamo passati alla realizzazione del Maryland definitivo con metodica chairside. Con il Maryland provvisorio abbiamo condizionato il tessuto della zona edentula e la forma delle papille così ottenuta ci soddisfa pienamente (Fig. 5d). Eseguiamo l’impronta ottica e passiamo all’elaborazione al computer (Figg. 5e-5g), quindi il Maryland viene fresato nella sua forma precristallina (Fig. 5h). Verifichiamo il suo adattamento alle superfici linguali nella bocca del paziente (Fig. 5i) prima della fase di cristallizzazione finale. La cementazione prevede la tecnica three step sugli elementi dentali, mentre il Maryland in disilicato viene prima mordenzato con acido fluoridrico al 5% per 20 secondi (Fig. 5l) e quindi silanizzato.
Le foto cliniche mostrano l’ottimo mimetismo ottenuto con il disilicato di litio monolitico e il mantenimento di un profilo gengivale corretto (Figg. 5m,5n).

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Conclusioni
Le tecniche CAD/CAM chairside garantiscono risultati validi sia dal punto di vista estetico sia da quello funzionale e sono facilmente riproducibili in virtù di un controllo della morfologia attuabile con il computer e non dipendente dalla manualità dell’operatore. Inoltre, la possibilità di restaurare in un singolo appuntamento riduce i costi e il discomfort del paziente.

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L'articolo è stato pubblicato su Cad/Cam Italian Edition, settembre 2015.

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