A conclusione dei primi due anni di mandato, Raffaele Iandolo, Presidente Nazionale della Commissione Albo Odontoiatri, ha rilasciato a Patrizia Biancucci un'intervista per Dental Tribune sulle principali questioni da affrontare: tante cose fatte e tante altre che "bollono in pentola".
I punti forti della CAO: dr. Iandolo, tre parole chiave per riassumerli?
Unità, umiltà e lavoro. Unità di tutte le componenti della Professione, umiltà nel sapersi confrontare con tutti e lavoro senza risparmio nell’individuare proposte e soluzioni a salvaguardia di un corretto esercizio professionale.
“Raccomandazioni nell’interpretazione del messaggio informativo in odontoiatria”? Cosa ha indotto la CAO nazionale a stilare questo documento?
Si sentiva il bisogno, tra gli amici presidenti delle Commissioni di Albo Odontoiatri, di una traccia che indicasse la normativa ad oggi vigente, specialmente dopo l’entrata in vigore dei commi 525 e 536 della legge di bilancio 2019. In questo tentativo di chiarezza abbiamo inserito le norme di legge e quelle deontologiche, comprensive di un glossario dei termini contenuti negli articoli di legge e di una casistica degli eventi più frequenti. Il lavoro, svolto in maniera meticolosa e senza concessioni alla discrezionalità, ha dato forma ad un prodotto a mio parere completo e utile.
FNOMCeO, CAO nazionale, CAO provinciali: istituzioni che, nell’applicare le recenti norme legislative sulla pubblicità sanitaria, devono tener conto dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Trova che sia difficile conciliare le “leggi di mercato” con il rispetto del Codice Deontologico?
In un paese civile quando si tratta di prestazioni sanitarie il mercato deve essere in subordine rispetto al diritto alla salute, come da articolo 32 della Costituzione Italiana. Per quanto riguarda l’AGCOM, questa autorità si occupa di distorsioni informative non direttamente collegate ad esigenze commerciali; pertanto ne vanno rafforzati i margini di operatività ampliandone competenze e confini di attività, sempre al fine di garantire il cittadino rispetto ai messaggi informativi.
Dr. Iandolo, l’Odontoiatrica pubblica, di fatto la cenerentola del SSN con il suo 5% di prestazioni, sembra destinata a peggiorare con il pensionamento degli attuali operatori e con l’obbligo di specializzazione per gli odontoiatri che aspirano ad essere assunti. Come pensa di intervenire per salvaguardare gli iscritti all’Albo e garantire l’accesso alle cure alle fasce deboli?
La laurea in Odontoiatria è una laurea specialistica riguardante una branca della medicina e tutti dovrebbero capirlo agevolmente. Purtroppo ad oggi questo non è ancora stato del tutto recepito e, in presenza di tre sole specializzazioni, il laureato senza specializzazione resta emarginato dal Servizio Sanitario Nazionale, che è nell’impossibilità di assumere professionisti di elevatissima qualità, seppure non specialisti. Siamo al lavoro per sanare questa criticità. Come ci stiamo attivando per migliorare anche l’assistenza odontoiatrica dei pazienti fragili, proponendo un cambio di mentalità al riguardo con la partecipazione di pubblico e privato.
Gli Odontoiatri laureati all’estero sono circa il 40% dei nuovi iscritti all’Albo, rendendo inefficace la programmazione rispetto al fabbisogno. Pensa che la CAO possa e/o debba intervenire per contrastare questo trend?
Siamo già intervenuti. Negli ultimi due anni abbiamo dimostrato, scrivendolo a chiare lettere in diverse occasioni istituzionali, che gli arrivi dalle università estere fanno sì che il fabbisogno, correttamente definito dal Ministero della Salute, venga largamente superato dall’offerta formativa. Ma il MIUR non mette in conto le centinaia di laureati che si iscrivono ai nostri Ordini con laurea estera e quindi prende in considerazione numeri che non corrispondono alla realtà. Tutto ciò genera uno spreco di denaro pubblico incomprensibile. Basti pensare che ogni anno più di quattrocento neo-dentisti italiani rientrano in Italia con titolo di laurea conseguito all’Estero.
Dr. Iandolo, in un recente convegno a Milano lei ha affermato che “ La guerra a Società, a Network e all’Odontoiatria organizzata è una battaglia di retroguardia”. Possiamo interpretarla come una presa d’atto dei cambiamenti che stanno avvenendo nella professione e nel “mercato” odontoiatrico?
Il senso delle mie parole è che la battaglia contro la totalità delle società è una battaglia di retroguardia, in quanto la larghissima maggioranza, soprattutto laddove costituita in termini di capitale da professionisti odontoiatri, opera fornendo garanzie di correttezza e di eticità. Invece dobbiamo combattere l’esercizio professionale scorretto, che talvolta si cela nell’ambito di alcune società odontoiatriche sotto forma di diagnosi di false patologie, abusivismo camuffato e overtreatment. Limitare alle sole Società tra Professionisti la possibilità di operare in campo odontoiatrico è, secondo noi, l’unica soluzione possibile per questo problema.
Ha anche detto “la battaglia vera è contro l’abusivismo malcelato, spesso favorito dai nostri colleghi, contro le false diagnosi, contro le terapie incongrue”. Come pensa di arginare questa piaga che affligge da decenni la nostra categoria?
Dobbiamo essere tutti più incisivi nell’evidenziare e sanzionare con severità i colleghi che sbagliano in questo senso. Contemporaneamente dobbiamo denunciare all’autorità competente chi opera abusivamente in odontoiatria. Oggi in materia di lotta all’abusivismo viene messo a disposizione uno strumento in più dalla riforma dell’ articolo 348 del codice penale, contenuta nella legge Lorenzin del 2018.
Cittadini e Istituzione: un rapporto che va curato nel tempo. Cosa pensate di fare per avvicinare di più i cittadini, e i professionisti, all’Istituzione?
Dobbiamo farci conoscere più e meglio dall’opinione pubblica, valorizzando il ruolo degli Ordini a tutela della salute del paziente, anche intensificando in maniera esponenziale il rapporto con le associazioni di consumatori e di pazienti. Un Ordine calato a pieno titolo nella società del terzo millennio deve svolgere un ruolo a garanzia del diritto di essere curati, senza contaminazioni corporative che ne minerebbero persino l’esistenza.
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