Tutti gli organismi esistono all’interno di un insieme di microrganismi e, sebbene alcuni di questi possano rappresentare un pericolo, la maggior parte è funzionale – anzi: essenziale – alla vita. Le ricerche condotte negli ultimi anni stanno poco a poco facendo venire alla luce le relazioni tra il microbioma e la risposta immunitaria.
Siamo ancora lontani dall’aver chiarito esattamente come interagiamo col nostro microbioma, con l’insieme dei microrganismi che ospitiamo nel nostro corpo. Nonostante la situazione di grande incertezza, sono numerose oggi le pubblicità di nuovi prodotti senza che ne siano state provate le proprietà salutari. Ci stiamo avvicinando alla definizione di nuove conoscenze che potrebbero contribuire a una migliore salute, soprattutto di chi soffre di alcune specifiche patologie o è debilitato dall’assunzione di particolari medicinali, ma quello che sappiamo con certezza sono le difficoltà nello sviluppare protocolli rigorosi di valutazione che possano tornare utili all’interno dei percorsi regolatori delle autorità che approvano i prodotti biomedicali. Il mercato dei probiotici vale, nei soli Stati Uniti, 35 miliardi di dollari, e nel 2020 dovrebbe arrivare a 50.
Nessun probiotico è stato fino a oggi approvato dalla FDA – Food and Drug Administration, l’ente statunitense che regola l’approvazione e la commercializzazione dei prodotti farmaceutici e dei dispositivi medici. Questa stessa prudenza è confermata a livello europeo, dove la European Medicines Agency continua a usare cautela nell’estendere le indicazioni all’uso di probiotici.
Il motivo è che le prove della loro utilità sono poco affidabili: derivano da studi non rigorosi che non danno garanzie sufficienti di qualità metodologica. Anche gli studi sul ruolo dei probiotici nell’eradicazione dell’Helicobacter pylori, riassunti in una revisione sistematica di 11 sperimentazioni che hanno coinvolto 2.200 partecipanti, non hanno portato a conclusioni positive sicure e lo stesso si può dire riguardo l’uso dei probiotici nelle malattie infiammatorie intestinali, stando a una revisione sistematica curata dalla British Dietetic Association.
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