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Ricerca scientifica: miti e falsi miti

N. Perrini

N. Perrini

mer. 12 luglio 2017

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L’attuale tendenza in Odontoiatria è quella di considerare gli aspetti puramente tecnici del trattamento del dente come la chiave del successo. È ormai dimostrato che l’infezione batterica rappresenta il fattore eziologico critico della patologia odontoiatrica. Ne consegue pertanto che il trattamento odontoiatrico altro non è che la gestione medica di un problema microbiologico.

La biologia, la patologia generale, l'anatomia patologica e l'istopatologia hanno rappresentato, dall'avvento della patologia cellulare, una tappa fondamentale nel progressivo ridimensionamento della medicina tradizionale a tutto vantaggio di una medicina più razionalmente scientifica.

Purtroppo in questo nuovo secolo la professione odontoiatrica ha imboccato un percorso a senso unico verso una pratica artigianale, sia pure di elevato livello, caratterizzata prevalentemente da considerazioni estetiche e cosmetiche mediate da evidenti interessi commerciali.

Questo orientamento estetico, da sempre estraneo o marginale alla scienza medica, riempie i programmi dei più prestigiosi congressi a scapito del reale aggiornamento medico, se per tale termine intendiamo ancora quell’effettivo progresso scientifico che indirizza verso un percorso diagnostico corretto derivante da una approfondita conoscenza della patologia e seguita da una altrettanto corretta terapia.

Assistiamo molto spesso a ineccepibili lezioni di tecnica in cui le conoscenze biologiche costituiscono un antiquato e noioso bagaglio su cui sorvolare per non annoiare la platea desiderosa di acculturarsi sui più recenti progressi dell’estetica. In molti congressi capita di ascoltare vere e proprie fantasie in nome di una evidenza scientifica che, purtroppo, ancora non esiste e questa pseudo-evidenza viene spesso usata per interessi personali.

È stato ampiamente dimostrato che buona parte degli articoli che costituiscono la moderna letteratura o esprimono solo le opinioni di chi li scrive, o addirittura sono dei falsi su ricerche mai effettuate. Uno scoop che ha invaso anche le riviste più prestigiose di odontoiatria riguarda le proprietà miracolistiche delle cellule staminali: sta nascendo una nuova branca, l’Odontoiatria Rigenerativa.

Lo “scienziato” dentista è diventato uno stregone che rigenera polpe, parodonti ed interi denti e queste pseudo-ricerche di certi spregiudicati e spessissimo sconosciuti ricercatori, anche attraverso la responsabilità, colposa o dolosa di certi giornalisti, trovano spazio sulle più importanti riviste, specie Nord-Americane, che disinvoltamente pubblicano notizie su queste ricerche in maniera assolutamente superficiale con toni enfatici e spesso da scoop senza alcun oggettivo riscontro su ciò che pubblicano e divulgano.

«Attualmente al di là di alcuni trapianti per malattie neoplastiche del sangue, non esistono specifiche indicazioni per l’utilizzo di cellule staminali» Silvio Garattini (Istituto Mario Negri).
«Una giungla dove dietro al termine “staminali” si cela un business che spazia dalla cosmetica al trattamento di malattie ad oggi incurabili» Silvia Bencivelli (“Le Scienze”).

Il futuro dell’impiego delle cellule staminali in odontoiatria è ancora molto lontano e incerto. L’International Society for Stem Cell Research scrive: «Troppo spesso, al mondo, clinici disonesti speculano sulle speranze dei pazienti, proponendo terapie con staminali prive di riscontri oggettivi, tipicamente in cambio di grandi somme di denaro e senza fondamento scientifico, controlli indipendenti, protezione del paziente».

John PA Joannidis, in una serie di pubblicazioni su Plos Medicine, ribadisce ancora una volta, che le frodi scientifiche e ancora di più le false meta-analisi sono pubblicate con un ritmo geometricamente crescente e che le contraddittorie linee guida sono diventate più ininfluenti che mai mentre i fattori di rischio sono ignorati, arrivando alla triste conclusione che circa l’85% della ricerca biomedica risulta inutile. In questo contesto il valore di un ricercatore viene valutato dal numero di pubblicazioni su riviste di élite che appaiono sul suo curriculum e non dalla serietà e riproducibilità di una singola ricerca.

Come scrive Francesco Sylos Labini vi è anche un altro preoccupante aspetto relativo alla diffusione di risultati di studi e ricerche, non validati e talvolta “taroccati”, vere e proprie “bufale“. Tali risultati rimbalzano e si riflettono sui congressi e convegni medici, sugli abstracts che vengono presentati e pubblicati con assoluta superficialità e spesso per “compiacere” anche gli sponsor.

Il 26 maggio 2015 il Prof. Richard Horton, caporedattore del Lancet, una delle più prestigiose, storiche riviste scientifiche mondiali, ha dichiarato: «Moltissime ricerche pubblicate sono, nella migliore delle ipotesi, inaffidabili se non completamente false». Inoltre «gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può essere semplicemente falsa. Studi inconsistenti, analisi non valide, conflitti di interesse, oltre all’ossessione di perseguire delle tendenze dubbie: la scienza ha deciso di percorrere una strada buia». Ancora: «La maggior parte dei “peer-reviewed” non sono seri e credibili, si basano su ricerche sbagliate; fortunatamente gli esperti sanno riconoscere gli studi reali e seri da quelli che non lo sono. Ma tutti gli altri?».

La Dott.ssa Marcia Angell, editor del New England Medical Journal, afferma: «Non è più possibile credere alla gran parte della ricerca clinica pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o di linee guida mediche autorevoli. Non gioisco di questa conclusione, che ho raggiunto lentamente e con riluttanza dopo i miei due decenni come direttore del NEMJ».

Anche la prestigiosa rivista l’Economist punta però il dito sul declino della qualità della ricerca scientifica moderna: si va da analisi statistiche approssimative, a casi di esperimenti non riproducibili, ma anche a casi di manipolazioni. Joannidis fantastica di un posto in cui la pratica della medicina possa ancora essere innegabilmente utile per gli esseri umani e la società in generale.

Finora non si era mai visto un premio Nobel per la medicina (2013) quale Randy Schekman, biologo americano premiato per aver scoperto il meccanismo che regola il trasporto di molecole dentro le cellule, nel giorno della premiazione a Stoccolma annunciare di boicottare le tre principali riviste scientifiche del mondo (Nature, Science e Cell) e citare i recenti articoli ritirati da Science dopo che erano emersi errori grossolani e ricerche false, come quelle sulle cellule staminali.

Schekman non ha peli sulla lingua, e nemmeno timori reverenziali: «Le principali riviste scientifiche distorcono il processo scientifico e rappresentano una “tirannia” che va spezzata, scrive sul Guardian (2016) annunciando che il suo laboratorio alla Università di Berkeley in California non darà più i propri lavori alle tre riviste messe sotto la gogna, aggiungendo che le «pressioni per pubblicare su testate prestigiose incoraggia i ricercatori a “tralasciare” risultati contrastanti e a inseguire ricerche “di richiamo” (trendy) al posto di quelle più importanti».

Scheckman cita inoltre l’Accademia delle scienze cinese, che versa circa 22 mila euro agli autori che riescono a pubblicare sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali affermando che alla guida di queste non ci sono scienziati, ma professionisti della comunicazione che favoriscono i lavori che possono ottenere un rilancio sui media mondiali. Il biologo va giù duro: «Queste riviste assomigliano ai marchi del lusso, che fanno edizioni limitate di borse e vestiti a prezzi proibitivi: restringono il numero delle ricerche accettate in modo da fare artificialmente aumentare “il valore” della pubblicazione tramite “l’impact factor” (citazioni dell’articolo pubblicato) venduto come marketing». Il biologo Usa è un fautore delle riviste online open-access (ne dirige una), in modo che tutti i ricercatori possano pubblicare e poi saranno gli altri studiosi a giudicare o meno la correttezza delle ricerche.

Il riferimento continuamente citato dalle istituzioni sanitarie, da politici e ministri, dalla dogmatica tanto celebrata “Comunità scientifica”, pontifica con giudizio infallibile su ogni terapia e ricerca, ma è ormai talmente inquinato dall’asservimento alle multinazionali da aver falsificato per interesse almeno il 50% del dato scientifico.

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Italiano ha di recente elaborato (2016) le Linee guida per l’integrità nella ricerca. In tale termine si intende l’insieme dei principi e dei valori etici, dei doveri deontologici e degli standard professionali sui quali si fonda una condotta responsabile e corretta da parte di chi svolge, finanzia o valuta la ricerca scientifica, nonché da parte delle istituzioni che la promuovono e la realizzano. L’applicazione dei principi e dei valori e il rispetto della deontologia e degli standard professionali sono garanzia della qualità stessa della ricerca e contribuiscono ad accrescere la reputazione e l’immagine pubblica della scienza, con importanti ricadute sullo sviluppo della stessa e sulla società.

I cinque principi fondamentali sono dignità, responsabilità, equità, correttezza, diligenza, che racchiudono, inseriscono o sono correlati ad altri principi e valori etici, quali in primo luogo: l’onore e la reputazione delle persone e la lealtà verso gli altri e verso le istituzioni; la libertà di ricerca scientifica; l’onestà, il rigore, l’affidabilità e l’obiettività nella conduzione della stessa; l’indipendenza di giudizio, la trasparenza, l’atteggiamento aperto ed equanime, la valorizzazione del merito, la reciprocità e la cooperazione con altri nell’adempimento dei propri compiti; l’imparzialità, la pertinenza, la vigilanza coscienziosa e l’efficienza nell’utilizzazione delle risorse; la responsabilità sociale e quella verso le generazioni future. La scienza non può e non deve rispettare la “par condicio”, ammettere cioè l’equivalenza di tutte le opinioni perché alcune non sono davvero tali (l’omeopatia, Stamina e tante altre cure miracolose).

Nell’ambito dell’ “Operazione Smile” che ha portato a Milano nel 2016 all’arresto di 21 operatori della Regione Lombardia per presunte tangenti legate all’odontoiatria pubblica, il gip sottolinea «l’elevata pericolosità sociale dei soggetti coinvolti, incuranti degli interessi pubblici sacrificabili, in ragione del proprio interesse a discapito della salute pubblica attraverso la fornitura di servizi e materiali scadenti o con costi superflui per la collettività». Nella vicina Spagna i vertici della Vitaldent, arrestati dalla Policia Nacional, sono ospiti delle patrie galere a meditare sui propri gravissimi illeciti.

Queste sono solo alcune cause per cui la professione odontoiatrica è ai minimi storici e stendiamo un velo pietoso sui cosiddetti “low cost”, i “paradisi odontoiatrici” croati, sloveni ungheresi etc, etc… e le multinazionali che a prezzi ridicoli propongono tutti i tipi di trattamento, spesso effettuati da giovani odontoiatri alle prime armi, con risultati talmente disastrosi da destare l’interesse delle autorità giudiziarie. Il quadro comincia a essere molto preoccupante.

In questo sconsolante panorama ci sarebbe anche tanto da scrivere anche sul “problema etico” i cui pilastri quali l’onestà, l’obbiettività, il rigore e l’imparzialità stanno diventando fastidiosi optionals, specie per i giovani e meno giovani odontoiatri impegnati in queste strutture che, consapevolmente o meno, si prestano a questa pseudo-odontoiatria sociale (commerciale) di infima qualità.

Il mio Maestro Luigi Castagnola, in tempi non sospetti, mi ripeteva spesso: «Non mescolare mai la scienza al commercio: ricordati che sei un Medico».

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