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Prada, preside di un sindacato in mezzo al guado di una professione che cambia

Patrizia Gatto

Patrizia Gatto

mar. 20 dicembre 2011

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All’Ordine di Como il 21 novembre abbiamo incontrato il Presidente dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani, Gianfranco Prada, il quale ha appena inviato una lettera al nuovo Ministro della Sanità, Renato Balduzzi.

Vi si legge, tra l’altro “Colgo l’occasione per riaffermare in particolare la necessità di sviluppare un modello che punti alla prevenzione e che guardi alla libera professione come una risorsa anche per la Ssn”. Si riferisce, forse a convenzioni del libero professionista con il Servizio Sanitario, come in Germania. E, tanto per intenderci, come i medici di famiglia?
Potrebbe anche essere un’ipotesi da prendere in considerazione se portasse nuove risorse economiche e possibilità di sviluppo per l’odontoiatria in un momento di grave difficoltà per la professione. La gente comune infatti ha sempre più difficoltà a sostenere le cure. Ma se non ci sono soldi per fare interventi essenziali negli ospedali pubblici, dove trovano le risorse per l’odontoiatria che sempre stata dimenticata dal Servizio sanitario nazionale? Se le risorse ci fossero potrebbero essere utili per i pazienti, ma anche per gli odontoiatri. Con i problemi economici attuali, il sostegno dello Stato all’offerta sarebbe importante. Ben venga qualsiasi soluzione che porti benefici a tutto il comparto del dentale. Ripeto, se ci fossero risorse pubbliche saremmo ben disponibili a studiare i nuovi modelli.

Al primo posto comunque la prevenzione, ma in realtà finora in Italia a parte qualche relazione da parte dell’Università si è fatto ben poco. Tutto comincia se c’è obbligatorietà. All’estero addirittura esiste, per i ragazzi, una specie di libretto sanitario odontoiatrico, con visite periodiche imposte.
Questo è un compito che potrebbe avere il Servizio sanitario. Bisognerebbe fare un’importante campagna di sensibilizzazione generale della popolazione. Io lo proporrò al Ministro, l’ho scritto in quella lettera perché ci credo veramente. Bisogna riprendere il vecchio progetto di comunicazione sull’importanza delle cure odontoiatriche, della prevenzione e della lotta all’abusivismo veicolato in comune da parte del Ministero, Sindacati e Ordine. Del resto oggi i rapporti intercategoriali sono cambiati e migliorati.

Parliamo dell’Ordine. Oggi avrà sicuramente il controllo sulla formazione.
Il Presidente Cao, Renzo, ha sottolineato recentemente l’importanza che riveste come luogo d’incontro tra libera professione e il cittadino e in rapporto con le istituzioni.

Certamente è così anche se poi il rapporto concreto con i cittadini attualmente è più teorico che pratico.
Comunque Monti al convegno Enpam disse che l’Ordine ha ragione di essere. Però ci sono ancora troppi vincoli, quali per esempio le società tra professionisti. Ma ora questo passaggio è già attivo dopo la Legge di Stabilità con il maxi-emendamento del Governo Berlusconi. Per l’odontoiatria significa che possono essere costituite società tra professionisti, professionisti e finanziatori non medici e anche naturalmente odontotecnici con odontoiatri. Si aprono scenari completamente nuovi.

Ma non sconvolgenti, in fondo basta semplicemente attivare in Italia quello che esiste già in tutti i paesi anglosassoni e altri paesi. In Usa il fatturato in percentuale è per queste società del 25%. Questo però non ha impedito di esprimere una buona odontoiatria e un’ottima professione privata.
Cambierà sempre di più la percentuale tra chi esercita la libera professione nel proprio studio e quelli che invece decidono di aderire come dipendenti o come soci a queste strutture che per la prima volta possono erogare le prestazioni (prima erano solo a supporto).

Molti giovani comunque trovano anche un’opportunità di fare un tirocinio pagato.
Non sono, mi creda, negativo a prescindere…

58.000 sono iscritti all’ordine, forse 50.000 esercitano …
Anche qualcuno meno.

Diciamo 45.000 di cui 40.000 abituati allo studio singolo. Non le pare che sia necessario lavorare anche su una cultura di cambiamento?
Certamente delle strutture complesse permettono di ottimizzare alcuni costi: le segreterie, l’amministrazione, gli acquisti. Ma quello che bisognerebbe evitare è di spersonalizzare il rapporto diretto tra odontoiatra e paziente. Anche se l’odontoiatria non è un’attività facilmente “industrializzabile”, sulle modalità di esercizio ben vengano nuove organizzazioni del lavoro, se queste possono garantire risparmi gestionali, qualità e corretti rapporti deontologici tra odontoiatra e paziente.

Cartella clinica, un grande strumento, ma comporta una dichiarazione fiscale totale.
Oggi con le ultime disposizioni sulla tracciabilità, l’uso del contante e il redditometro credo che siano problemi bypassati. Emergeranno realtà ancora sommerse che danneggiano pesantemente l’immagine della categoria.

Quanto è difficile fare il sindacalista e il Presidente del più grande sindacato oggi?
È difficile, ogni giorno uno stravolgimento. Il mio pensiero quotidiano è “Riuscirò a portare questa categoria nella giusta direzione?” Poi ci sono le piccole sezioni in cui il socio si aspetta di essere difeso in modo tradizionale. Ma oggi il cambiamento è necessario, non lo possiamo più decidere noi, è già deciso. Ma meglio coglierlo come opportunità, anche se non sarà facile. Qualcuno si siede davanti al cambiamento ma noi non dobbiamo fare cadere il nostro modello, la nostra ambizione.

E i giovani?
Anche quest’anno siamo cresciuti come iscrizioni e devo dire che ci sono oltre 400 nuovi laureati neoiscritti ovvero il 50% dei neolaureati. L’approccio all’Andi è certamente, inizialmente, per usufruire delle convezioni e dei servizi offerti. Ma io desidero veramente un’attiva partecipazione dei giovani. Nelle riunioni non li vedo quasi mai. Desidero costruire delle attività che li coinvolgano. Adesso abbiamo inserito in una commissione costituita per analizzare il problema, anche il Presidente dell’Aiso, e gli studenti, perché voglio capire le loro aspettative verso la professione ma anche verso il Sindacato. Magari costruire un’Andi Giovani.

Bello un’Andi Giovani, per ora ho visto solo l’Aiop prendere iniziative del genere (e tra l’altro è un’associazione scientifica). Penso comunque che la categoria debba ritrovare anche dei grandi valori. Come medici, come possibile coordinatore di altri medici, come l’unico in certi casi che può intercettare malattie rare… sinergie multidisciplinari.
Sono sempre stato favorevole a rafforzare il legame con la categoria medica. Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Però anche questi valori sull’interdisciplinarietà della professione, sull’importanza dell’anamnesi completa per capire il vero problema del paziente, della comunicazione del piano di trattamento al paziente, dovrebbero essere oggetto di corsi di aggiornamento per tutti i colleghi e insegnati approfonditamente agli studenti all’Università. Solo così avremo una professione migliore.
 

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