Carie e parodontopatie sono antiche quanto la specie umana, se non di più. Ma gli archeologi e gli antropologi sono abbastanza concordi nell’affermare che da circa diecimila anni, da quando cioè l’uomo moderno ha iniziato a nutrirsi di cereali, l’incidenza della carie tende ad aumentare con il miglioramento dell’alimentazione.
Essa non è solo un indicatore evolutivo, ma anche sociale, in quanto nelle varie epoche antiche la si ritrova più frequente nelle classi più agiate, testimone di possibilità alimentari più variate.
Quanto alle sue caratteristiche, le lesioni del colletto dentale sono relativamente più frequenti in rapporto al grado di usura delle superfici masticanti; riducendosi l’usura, compaiono più carie occlusali. La patologia parodontale antica si riflette essenzialmente nella perdita precoce dei denti per il continuo trauma masticatorio e nell’usura del tavolato occlusale, specie dei molari, per l’attività molitoria dei movimenti mandibolari legata al tipo di alimentazione con cibi duri e farine grossolane e presenza di sabbia negli impasti.
Delle altre patologie dentarie merita un accenno la disodontiasi del terzo molare, in quanto in rapporto con la filogenesi umana: la sua incidenza aumenta di pari passo con la riduzione evolutiva dello scheletro facciale anteriore e la progressiva perdita d’importanza della funzione masticatoria su quella fonatoria. Nel 1904 Felix van Oefele rinvenne a Ninive, nella biblioteca di Assur banipal (668- 626 a.c.), il testo in caratteri cuneiformi più antico (lo si data al II millennio a.c.), in cui si fa riferimento all’origine parassitaria della carie dentale: «il verme generato dalla palude geme davanti a Shamash e lo supplica per il suo sostentamento. Dopo che Iddio ebbe creato il cielo, Il cielo creò la terra; I fiumi crearono i fossi; I fossi crearono il fango; Il fango creò il verme. Ma il verme non aveva nulla da mangiare. Andò dunque dal dio della giustizia e pianse. E al cospetto del dio della saggezza, Ea, versò fiumi di lacrime. Che cosa mi darai da mangiare? gridò, Che cosa da bere? Io ti darò fichi maturi, rispose il dio della giustizia, ti darò albicocche. A che mi varranno i fichi maturi? gridò il verme; A che mi serviranno le albicocche? Toglimi invece dal fango e mettimi tra i denti dell’uomo, dammi un posto tra le sue mascelle perché io possa bere il sangue dei suoi denti e nutrirmi delle radici delle sue mascelle! Benissimo, rispose il dio della giustizia. Tu hai fatto la tua scelta. Puoi dunque metterti tra i denti degli uomini, tra le loro mascelle; Ma d’ora innanzi, e per sempre, la possente mano di Ea si leverà contro di te, per schiacciarti! E così fu e così è. Il verme fa strage dei denti degli uomini e ne rode le gengive; ma il dentista, servitore di Ea, lo attacca e lo uccide».
Dall’epoca dei Sumeri questa convinzione ha percorso i secoli fino a giungere quasi a noi, ritrovandosi in pressoché tutte le culture.
E se vermi erano la causa di dolore dentale, vermi e insetti erano contenuti nei rimedi che i medici sumeri e poi babilonesi e assiri propinavano per la cura, oltre all’estrazione dei denti stessi.
In una lettera, il medico di corte del re assiro Essarhaddon (681-669 a.C.), risponde alle domande del sovrano riguardo alla malattia che ha colpito il principe ereditario: «L’infiammazione da cui sono colpiti la testa, le mani e i piedi è dovuta ai denti. Estratti i denti, egli si riprenderà».
Lo stato dei denti era patognomonico dell’origine e del decorso della malattia; alcune tavolette della biblioteca di Assurbanipal riportano alcune indicazioni: «Se egli digrigna i denti, la malattia durerà a lungo. Se lo fa continuamente e il viso è freddo, egli ha contratto una malattia inviatagli dalla dea Ishtar». La cura personale dei denti era comunque praticata. A Tepe Gawra, distante circa 30 km da Ninive, è stato rinvenuto un set da toeletta comprendente uno strumento per la pulizia dentale finemente lavorato e un cucchiaio odontoiatrico. Il nome del più antico dentista assiro babilonese a noi noto è Dio Edin Mugi (2400 a.c.). In un’altra tavoletta, si consiglia «Tu guarderai dentro il dente, se vedrai il verme, lo toglierai con una punta acuminata, il dolore passerà».
Così fu inventata la devitalizzazione.
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