Durante la prossima edizione del Simposio Osteology in Italia, che si svolge a Torino a fine settembre, è stata organizzata anche un’importante sessione sugli aggiornamenti normativi in tema di Consenso informato, in vigore dall’inizio del 2018. I cambiamenti sono sostanziali, ma ancora poco conosciuti.
Abbiamo chiesto all’avvocato Stefano Fiorentino, che presenterà la relazione “Il dentista e la comunicazione 4.0 nei confronti del paziente: dall’analisi del rischio al consenso informato” di darci qualche anticipazione.
Cos’è cambiato nella legislazione in merito alle modalità di recepimento del consenso informato per l’odontoiatra?
Molte persone sono venute a conoscenza dai media che all’inizio dell’anno è stata approvata la legge DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), meglio conosciuta come legge sul testamento biologico. Pochissimi, tuttavia, l’hanno letta veramente e solo quei pochi si sono accorti che, in realtà, la legge detta norme precise sul Consenso informato: cos’è, come va fatto, cosa rappresenta nel rapporto tra medico e paziente.
Cosa ci dice precisamente la nuova legge?
La legge (219/2017) riassume tutto ciò che in tanti anni la Giurisprudenza, ovvero le sentenze dei Giudici, aveva elaborato sul consenso informato. I dentisti, come tutti i medici, hanno ora un punto di riferimento preciso per impostare una corretta informazione nei confronti del paziente. Gli aspetti più significativi sono due:
- La relazione di cura si basa sul consenso informato. Ciò significa che il buon esito del trattamento sanitario non è sempre sufficiente, qualora manchi la corretta comunicazione al paziente;
- Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. L’informazione, ed il relativo consenso da parte del paziente, non sono tempo “perso o inutile”, bensì rappresentano un momento curativo, importante per il paziente tanto quanto la cura stessa.
Quali sono le implicazioni nella pratica?
Per chi, anche prima, considerava l’informazione nei termini di cui sopra, le nuove implicazioni sono minime. Per coloro i quali l’informazione era solo una compilazione veloce di fogli di carta, magari copiati da un amico o scaricati dal web, cambia il mondo. Se la legge ci dice che l’informazione per il paziente ha lo stesso valore della cura, quando la corretta informazione manca, il rapporto di cura è privo di basi giuridiche.
Sono pochi concetti, ma affilati come una scure: sottovalutare l’informazione potrebbe portare a contenziosi che prescindono dal buon esito della cura. Oppure, in alcuni casi limite (esempio tipico sono le cure odontoiatriche “sufficienti” ma non perfette...), la scarsa o inadeguata informativa potrà essere il “cavallo di Troia” per risarcimenti fino a poco tempo fa impensabili, con conseguenti ed inevitabili aumenti del costo delle polizze assicurative professionali.
Cosa suggerisce per non farsi cogliere impreparati?
Tutte le nuove normative si basano su un concetto comune: l’analisi del rischio. Il dentista è sempre di più un medico/imprenditore e titolare di un’“azienda sanitaria”, che eroga per definizione “prestazioni a rischio”. Ebbene, questo rischio deve essere valutato anche sotto il profilo dell’informazione. Lo stesso dicasi per la responsabilità professionale (Legge Gelli) e per la Privacy (GDPR). “Che attività svolgo? Quante procedure implantologiche effettuo durante l’anno? Utilizzo biomateriali o riempitivi biologici? Informo sempre i pazienti nel modo coretto? Trovo il tempo giusto e consono per effettuare una corretta informativa al paziente?”: poche domande, le cui risposte costituiscono già un’analisi del rischio “d’impresa”. Questa è, dunque, la base di partenza su cui costruire la nuova professionalità dell’odontoiatra, come profilata dalle recenti normative.
Di questo e molto altro parleremo ad Osteology Torino 2018, non mancate!
Maggiori informazioni: www.osteology-torino.org
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