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L’EFP rivela l’incredibile costo globale di gengiviti, carie e perdita di denti

L’ultimo white paper dell’EFP ha valutato i costi diretti della gestione della carie nella popolazione globale di età compresa tra i 12 e i 65 anni in 357 miliardi di dollari (Image: Stanislaw Mikulski/Shutterstock).

BRUXELLES, Belgio: Un white paper commissionato dalla Federazione Europea di Parodontologia (EFP) ha rilevato che il 4,9% della spesa sanitaria globale è destinata al trattamento di gengiviti, carie e perdita di denti. L’autorevole rapporto della piattaforma Economist Impact ha rilevato come un approccio preventivo che affronti la progressione della carie nei gruppi economicamente più svantaggiati porterebbe a un sostanziale risparmio sui costi del trattamento nel lungo termine.

Il documento intitolato “Time to Put Your Money Where Your Mouth Is: Addressing Inequalities in Oral Health”, riconosce come la prevalenza globale combinata della carie dentale e della parodontite grave abbia superato quella dei disturbi mentali, delle malattie cardiovascolari, del diabete, delle malattie respiratorie croniche e del cancro, colpendo circa la metà della popolazione mondiale. Il documento analizza le disparità nella salute orale, esplorando i fattori che vi contribuiscono ed evidenziando le potenziali opportunità per migliorare e uniformare i risultati.

La prof.ssa Nicola West, docente di odontoiatria restaurativa presso l’Università di Bristol e rappresentante del EFP per il Regno Unito, ha spiegato in occasione di un evento lancio a Bruxelles che il documento adotta un nuovo approccio nell’affrontare le disuguaglianze sulla salute orale. Ha dichiarato: «Abbiamo preso il modello economico sulla parodontite dal nostro primo white paper e lo abbiamo combinato con il nostro modello economico sulla carie per fornire un rapporto integrato che esamini le disuguaglianze relative alla salute orale. Abbiamo esaminato le disuguaglianze, esaminando i fattori che contribuiscono a tale differente onere e abbiamo suggerito delle opportunità per il livellamento».

Il documento esamina i costi diretti della gestione della carie per gli individui di età compresa tra i 12 e i 65 anni in diversi Paesi e gruppi socio-economici. Il dott. Iain Chapple, membro del EFP e professore titolare della cattedra di parodontologia presso la Scuola di Odontoiatria dell’Università di Birmingham, ha spiegato: «Abbiamo preso in considerazione sei paesi diversi, quattro paesi europei con economie consolidate, il Brasile e l’Indonesia, in modo che, essenzialmente, ciò che l’Economist ha fornito è stato, se volete, un gruppo molto ampio e diversificato di paesi con differenti sistemi sanitari, dimensioni della popolazione, redditi pro capite, strutture, etc.».

Utilizzando un nuovo modello per valutare i costi diretti a lungo termine per la gestione della carie dentale nella popolazione mondiale di età compresa tra i 12 e i 65 anni, il documento ha stimato la spesa annuale per il trattamento a 357 miliardi di dollari (331 miliardi di euro), pari al 4,9% della spesa sanitaria globale. La perdita di produttività associata alla carie, alla parodontite grave e alla perdita di denti è stata stimata in 188 miliardi di dollari all’anno.

Il costo diretto del trattamento della carie dentale nelle persone di età compresa tra 12 e 65 anni varia da 10.284 miliardi di dollari in Italia a 36.231 miliardi di dollari in Brasile, una varianza attribuibile in parte alle differenze di dimensione della popolazione. Il Regno Unito sostiene i costi pro capite più elevati legati alla carie, con 22,910 dollari, mentre l’Indonesia ha riportato il più basso, con 7,414 dollari. Fatta eccezione per l’Indonesia e la Germania, dove i meno svantaggiati economicamente hanno sostenuto i costi più elevati legati alla carie, seguiti da vicino dai più svantaggiati, l’onere economico della carie colpisce prevalentemente i gruppi più svantaggiati in tutti gli altri paesi esaminati.

In occasione dell’evento di lancio, il prof. Nigel Pitts del King’s College di Londra ha spiegato che il rapporto propone due scenari per delineare le strategie preventive per le malattie orali. Il primo propone interventi mirati a lungo termine. «Si tratta di tutto ciò che si può fare per la prevenzione: a monte, a metà e a valle», ha detto il prof. Pitts. Ha aggiunto che il secondo scenario utilizza un approccio di livellamento verso l’alto o di universalismo proporzionato, in cui «si presta maggiore attenzione a coloro che hanno il peso maggiore». La modellizzazione ha rivelato che il primo scenario, che mira a ridurre i tassi di progressione della carie del 30%, potrebbe portare a una riduzione di circa 5.000 dollari per persona in merito ai costi di trattamento in quattro dei sei Paesi. «Ma se ora guardiamo all’approccio di livellamento verso l’alto, vedremo un quadro piuttosto diverso, con una drastica riduzione massima dei costi per persona per i gruppi più svantaggiati», ha detto il prof. Pitts, sottolineando che il risparmio per questi gruppi era particolarmente significativo, con circa 15.000 dollari a persona per il Regno Unito, l’Italia e la Francia. Ha affermato che le correlazioni tra questi Paesi e il Brasile e l’Indonesia sono difficili, ma l’unica caratteristica coerente in tutti i dati è che «per il gruppo più svantaggiato, il beneficio in termini di risparmio è tre volte maggiore rispetto al beneficio in termini di risparmio per il secondo gruppo più svantaggiato in tutti i Paesi». Quindi, l’approccio del livellamento verso l’alto sembra poter avere benefici economici molto significativi.

Riassumendo i messaggi chiave del rapporto, la prof.ssa West ha sottolineato che la diagnosi precoce della carie è fondamentale per il successo nell’attuazione dei programmi di prevenzione. Ha spiegato che l’indice DMFT dei denti cariati, mancanti o otturati, ampiamente utilizzato, presenta gravi limiti. «È facile da usare, è riproducibile, ma non rileva le carie precoci, bensì la cavitazione. I nostri esperti hanno suggerito di abbandonare il DMFT e di utilizzare altre misure efficaci per consentire una cura meno invasiva e più preventiva».

Il passaggio a un modello preventivo richiederebbe anche la responsabilizzazione delle popolazioni con informazioni a sostegno del cambiamento comportamentale e l’instaurazione di buone abitudini di salute orale fin dall’infanzia, ha affermato la prof.ssa West.

Il white paper può essere consultato cliccando QUI.

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