Se c’era un modo di “avviare alla grande” il 35° Congresso Internazionale Aiop (Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica) apertosi a Bologna ieri, era quello di analizzare pubblicamente la “situazione protesica” in Italia, chiedendosi in quali termini si ponesse il problema.
In altre parole, premesso che per l’anno 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità “consapevole dello stretto rapporto tra capacità masticatoria e qualità di vita, si è proposta di ridurre il numero di pazienti edentuli e aumentare la percentuale di 80enni con almeno 20 denti naturali residui”, come si configura tale rapporto in Italia? Quali i livelli di funzionalità della masticazione soprattutto al procedere dell’età (prima concausa della perdita) in una società tra le prime al mondo nella corsa all’invecchiamento?
Interrogativi pregnanti, ricchi di risvolti: c’è quello tecnico funzionale, ovviamente, e questo spiega la presenza, all’incontro coi giornalisti mercoledì 16 al Circolo della Stampa di Milano, di Fabio Carboncini e Carlo Poggio, rispettivamente presidente e consigliere Aiop, oltreché di Roberto Canalis, Dirigente della Sezione Odontotecnica. Ma anche e soprattutto l’interrogativo sociopsicologico, in un quadro più generale dello stato di salute nel Paese. Nell’incontro, protagonisti sono stati gli atteggiamenti e gli stati d’animo oltre alle cifre e ai rapporti percentuali raccolti dall’ampia statistica Doxa; questa, incentrata sull’”impatto, atteggiamenti, e vissuto attuale” degli Italiani, ne fotografa le reazioni dinanzi ad un problema che prima o poi tocca “quasi” tutti. Ossia la perdita dei denti.
Che il fenomeno e suoi molteplici aspetti rimandasse a vari contenuti e causali è emerso chiaramente nel corso della conferenza stampa indetta unitamente da Aiop e Doxa, rappresentata da Massimo Sumberesi, responsabile del “Doxa Marketing Advice”. Il tema e l’articolata indagine non potevano non richiamare a Milano i rappresentanti della stampa tecnica, ma l’inchiesta ha interessato anche qualche “generalista”. La conduzione stessa del dibattito è stata affidata ad Annalisa Manduca, vivace giornalista di Rai 1, pienamente convinta della “varia socialità” del fenomeno, a delineare il quale basteranno, dati i limiti di spazio, alcune osservazioni sommarie.
Nella fascia d’età tra i 40 e i 75 anni - dice la Doxa -, sono ben 7 su 10 i connazionali cui mancano uno o più denti naturali: in media, i 40-44enni ne hanno già persi 4 ma si arriva a 10 negli over 65. Alla statistica si aggiunge l’osservazione dei clinici: «L’edentulia, parziale o totale, se non opportunamente trattata ripristinando gli elementi dentari mancanti, può avere – ammoniscono – serie ripercussioni sulla capacità masticatoria ma anche sulla vita di relazione, sulla salute globale del paziente – specie se anziano – e addirittura sulle sue funzioni cognitive».
«L’età e la scolarità del campione giocano in generale un ruolo differenziale – osserva Sumberesi – con l’aumento degli anni, diminuisce il livello di istruzione e i soggetti tendono a trascurare il problema».
«Per il 77% del campione, perdere i denti è un evento molto traumatico – rileva l’indagine – soprattutto se riguarda quelli anteriori. Più sensibili al tema – ovviamente – le donne, i soggetti più scolarizzati, i 45-64enni e i residenti al Nord Italia».
Un sguardo alla scelta delle soluzioni. «Le protesi più diffuse tra chi ha scelto di rimpiazzare i denti mancanti sono i ponti (42%) e gli impianti (38%); scheletrati (13%) e dentiere (8%) si riscontrano in particolare negli anziani». Si appanna inoltre il mito dei viaggi low cost nell’Est Europa: «La quasi totalità dei pazienti (99%) ha preferito rivolgersi a un professionista in Italia», dice la Doxa. Il grado di soddisfazione? Decisamente elevato, secondo l’inchiesta, «sia per il lavoro del dentista (molto soddisfatto il 64%), sia per la soluzione protesica utilizzata (molto soddisfatto il 60%), della durata media di circa 11 anni».
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