BRISTOL, Regno Unito: Il più ampio studio finora condotto per misurare in modo specifico la produzione di aerosol negli studi odontoiatrici ha riscontrato che molte procedure comuni ne producono una quantità trascurabile. Lo studio deve essere ancora sottoposto a peer reviewed; tuttavia, secondo gli autori, i risultati supportano le attuali linee guida che ritengono che molte procedure odontoiatriche presentino un basso rischio di trasmissione di SARS-CoV-2 e suggeriscono che il livello di rischio associato all’uso di strumenti a ultrasuoni potrebbe essere declassato.
Condotto da ricercatori dell’Università di Bristol, la ricerca ha evidenziato che l’attuale classificazione delle procedure odontoiatriche come ad alto o basso rischio di trasmissione aerosol era basata sulle limitate evidenze disponibili nei primi mesi della pandemia.
«Una delle sfide nella ricerca sugli aerosol è la separazione di aerosol contaminato dalla saliva dall’aerosol non contaminato proveniente dalla fonte dello strumento», hanno scritto gli autori. Essi hanno spiegato che esistono tre possibili fonti di aerosol durante le procedure odontoiatriche e che non tutte sono considerate a rischio di trasmissione del SARS-CoV-2. L’aerosol generato dal paziente – ad esempio durante il discorso o la tosse – può essere infettivo, l’aerosol generato da strumenti odontoiatrici non è considerato infettivo e l’aerosol contaminato dalla saliva generato dall’uso di uno strumento nella bocca di un paziente infetto che può essere infettivo.
Lo studio mirava a quantificare la concentrazione di aerosol prodotta nel corso di una serie di procedure odontoiatriche e, qualora fosse stata rilevata, a separare l’aerosol contaminato dalla saliva da quello proveniente da uno strumento non contaminato dalla stessa.
Un totale di 41 pazienti sono stati sottoposti a 15 diverse procedure di parodontologia, chirurgia orale e ortodonzia. In nove delle 41 procedure non è stato rilevato alcun aerosol e solo sei hanno generato un volume di aerosol rilevabile. «L’esame con sonda dentale, l’allontanamento manuale, la somministrazione di anestetici locali, l’estrazione di routine (con forcipe e/o ascensore), l’innalzamento di un lembo di tessuto molle, la rimozione della staffa ortodontica, l’impronta di alginato e la sutura non hanno generato aerosol rilevabili né sembrano comportare rischi di trasmissione» ha riportato lo studio.
Inoltre, per le altre sei procedure in cui è stato rilevato la produzione di aerosol, sono state rilevate differenti percentuali di produzione dello stesso.
Un comunicato stampa dell’Università di Bristol ha spiegato che gli autori hanno scoperto che uno strumento ad ultrasuoni produceva un volume di aerosol significativamente inferiore rispetto a un trapano dentale ad alta velocità, nonostante i due strumenti attualmente richiedano le stesse precauzioni.
Il dottor Tom Dudding, primo autore dello studio e tirocinante specializzato in odontoiatria restaurativa presso la Bristol Dental School dell’Università di Bristol, ha dichiarato nel comunicato stampa: “Il nostro studio, che conferma gran parte delle linee guida sulle procedure dentistiche ritenute a basso rischio di diffusione del COVID -19, è corretto, ma inoltre suggerisce che lo strumento a ultrasuoni potrebbe essere rivalutato con un rischio inferiore rispetto a quello attuale.
Dudding ha aggiunto che i risultati dello studio potrebbero favorire una riduzione delle misure precauzionali messe in atto durante la pandemia e, quindi, consentire l’espansione della terapia dentale. Dudding ha individuato queste misure precauzionali includendo tempi di riposo e dispositivi di protezione individuale aggiuntivi.
Il dott. Mark Gormley, autore senior dello studio e consulente docente presso la Bristol Dental School, ha dichiarato: “[Altre] procedure, come l’ultrasonic scaling, non sembrano generare aerosol aggiuntivo rispetto allo strumento stesso e non aumentano il rischio per i dentisti nello stare vicino al paziente”.
Lo studio, intitolato “A Clinical Osservational Analysis of Aerosol Emissions from Dental Procedures”, è stato pubblicato online il 12 giugno 2021 su medRxiv.org.
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