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L’assistente alla poltrona non può sostituirsi al dentista, anche se su invito del paziente

S. Valizzone

S. Valizzone

gio. 31 marzo 2016

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La responsabilità del medico nello svolgimento della professione, argomento delicato, è all’ordine del giorno, in considerazione del proliferare di cause sia civili sia penali. La responsabilità dell’odontoiatra, anche se rientra in quella medica, ha comunque peculiarità che in un certo qual modo ne distingue e delinea in particolare la figura.

Bisogna ricercarne la spiegazione nel fatto che nello studio del dentista sono presenti figure diverse per iter e formazione, quali igienisti dentali, assistenti, odontotecnici. Di conseguenza, oltre la normale responsabilità del medico nello svolgimento del proprio lavoro, l’odontoiatra va incontro a un tipo di responsabilità che non riguarda esclusivamente un suo specifico, eventuale errore.
Se il medico incorre infatti in varie responsabilità, penali, civili e disciplinari, conseguenti all’inosservanza di leggi e/o regolamenti, il titolare di uno studio odontoiatrico risponde anche in relazione alla condotta illecita dei propri collaboratori.

Nella fattispecie qui presa in considerazione, la Suprema Corte era stata adita dal titolare di uno studio odontoiatrico per una sanzione disciplinare inflittagli dal Consiglio dell’Ordine, ossia tre mesi di sospensione dell’esercizio della professione «per avere, in qualità di responsabile sanitario, omesso di vigilare sull’attività odontoiatrica svolta presso lo studio, permettendo che persone non in possesso dei necessari requisiti esercitassero abusivamente tale professione». Durante un’ispezione presso lo studio, l’assistente alla poltrona era stata infatti colta nell’atto di effettuare prestazioni odontoiatriche: in concreto, la ricementazione di un ponte inferiore staccatosi e la rimozione di un punto di sutura a un dente estratto alcuni giorni prima al paziente, che a seguito di un incidente occorsogli, si era recato allo studio per un consiglio.

Il titolare dello studio si è difeso dichiarando che si trattava di un singolo episodio e che l’assistente di poltrona aveva eseguito tale intervento in sua assenza probabilmente perché pressata dal paziente. Secondo lui non vi era stato quindi, né dolo né colpa grave da parte sua, visto che l’assistente aveva esorbitato senza autorizzazione dalle proprie mansioni. A questo punto vediamo tuttavia se la «responsabilità oggettiva per fatto altrui» può essere considerata come «responsabilità per omissione di cautela» (ovvero, «culpa in vigilando»). Nel primo caso il titolare dello studio dovrebbe rispondere per una condotta illecita che non dipende direttamente da lui e quindi non avrebbe rilievo il dolo o la colpa.

Si potrebbe però ipotizzare una sua responsabilità secondo l’art. 2049 CC per la cosiddetta «culpa in vigilando» La Suprema Corte afferma infatti che la condotta del titolare dello studio è giustamente sanzionabile avendo omesso di esercitare le debite cautele, né potevano certo essere giustificate l’occasionalità del fatto illecito e le pressioni esercitate dal paziente. Si parla di omissione, in quanto è suo onere porre in essere tutti gli accorgimenti idonei per evitare che personale non qualificato metta in atto condotte che possano sfociare nell’abusivismo, come in realtà si era verificato. Nessuna giustificazione di quelle avanzate dal medico poteva essere accolta in quanto il paziente deve essere sempre e totalmente tutelato sia dal medico in genere sia dal dentista titolare dello studio.
 

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