I pazienti hanno il diritto di non soffrire e di non essere terrorizzati dalle cure odontoiatriche. Noi abbiamo il dovere di garantire loro delle cure senza ansia né dolore. Per farlo, da anni ci viene in aiuto l’ansiolisi, che non solo è una tecnica di sedazione cosciente ma una sorta di filosofia di approccio al paziente. L’ansiolisi è un complesso processo in cui il ruolo chiave è svolto dal medico odontoiatra e dal suo comportamento volto a rassicurare il paziente: la cosiddetta “iatrosedazione”, che viene prima dalla somministrazione di farmaci ansiolitici.
Ebbene, proprio l’ansiolisi endovenosa in sala operatoria mi ha cambiato la vita. La mia esperienza è relativamente recente – più o meno quattro anni – ma ho già eseguito oltre 2.000 interventi in ansiolisi. Il vantaggio è presto detto: dal punto di vista strettamente operativo, il paziente è molto più stabile durante le procedure chirurgiche, consentendo una più elevata sicurezza per il paziente e una più elevata qualità complessiva delle cure.
Il medico odontoiatra da sempre mette al centro il paziente, aspetto che si traduce nella conoscenza e nell’attuazione di protocolli di prevenzione e di riduzione dell’ansia e del dolore.
L’ansiolisi è uno di questi e, con un adeguato training, il medico odontoiatra se ne può occupare in prima persona, rendendosi autonomo nella gestione di questa pratica durante la sua attività clinica. La legge, con il decreto del 2 novembre 2015, al punto 3.6 attesta che l’odontoiatra può eseguire la venipuntura: questo decreto è stato puntualmente emesso nella logica di fare chiarezza su un punto sul quale gli odontoiatri avevano ancora alcune perplessità.
È chiaro che la responsabilità del medico deve essere correlata al suo livello di conoscenza della gestione dei farmaci e alla sua capacità di gestire le emergenze. Bisogna ricordare, inoltre, che la venipuntura può essere non soltanto utilizzata ai fini del prelievo di emoderivati o per la somministrazione di farmaci ansiolitici, ma può risultare un atto di emergenza salvavita per il paziente.
La tecnica prevede che il paziente sia sveglio e in costante contatto con il medico; in questo modo si stabilirà una relazione di fiducia tra il medico e il paziente, coadiuvata dall’utilizzo di farmaci ansiolitici. Il paziente, pur essendo del tutto collaborante, non conserva la memoria dell’avvenuto intervento. Questo elemento gioca anche un grandissimo ruolo nel rilascio delle endorfine, la cui quantità normalmente aumenta in relazione alla soglia del dolore provato.
L’ansiolisi aiuterà il paziente ansioso o fobico ad affrontare la terapia in uno stato di benessere. Inoltre, bisogna ricordare che l’ansia e la paura causano il 90% delle emergenze negli studi odontoiatrici. Un’efficace gestione dell’ansiolisi da parte del medico odontoiatra mette in gioco tre aspetti primari: l’esperienza, l’empatia e le tecniche relazionali e farmacologiche acquisite.
L’argomento è sicuramente ben più complesso e un training adeguato del medico odontoiatra è assolutamente necessario; per questo motivo, nel panorama della formazione continua in odontoiatria ci sono corsi e stage dedicati per l’apprendimento responsabile di questa pratica clinica.
Invito soprattutto i giovani odontoiatri freschi di studi medici a integrare la propria esperienza in anestesiologia con un training in ansiolisi endovenosa, in modo da iniziare la propria pratica clinica con una marcia in più.
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