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Sembra un ossimoro il titolo di questo breve articolo che trae lo spunto dall’intervento a Bologna (Congresso COI-AIOG) di Giuseppina Campisi (Università di Palermo) vice-presidente della Società Italiana di Patologia e Medicina Orale (www.sipmo.it). In una sessione dedicata all’evoluzione dell’Odontoiatria, ai moderni modelli di team odontoiatrici, la prof.ssa Campisi ha definito il moderno ruolo della Medicina Orale, descrivendone una di II livello-residente e operante all’interno di strutture pubbliche o convenzionate dove ci si occupa della gestione delle malattie severe e invalidanti sia distrettuali che in rapporto a patologie sistemiche.
«Un esempio per tutti? La diagnosi definitiva di cancro orale, la diagnosi e gestione delle patologie potenzialmente maligne, delle osteonecrosi delle ossa mascellari, delle mucositi da radio-chemioterapia, delle lesioni da graft-versus-host-disease, delle lesioni vescicolo-bollose.
Ma allo stesso tempo, i riflettori si sono accesi su un altro aspetto della Medicina Orale: è stato delineato il profilo del moderno Odontoiatra “completo” il quale, pur a conoscenza dei dispositivi tecnologici di successo e di richiamo per la professione, non può e non deve prescindere dalla conoscenza ed esercizio della Medicina Orale di I livello che è e rimane parte integrante dell’Odontoiatria.
Purtroppo, molto spesso questo viene dimenticato e si pensa che sia non interessante o utile saper porre diagnosi e terapia corretta di lesioni ulcerative non neoplastiche, di quelle infettive, essere in grado di eseguire la diagnosi di sospetto del cancro orale e si sottovaluta l’incidenza dei carcinomi orali nella popolazione italiana. O meglio si pensa che sia una competenza e una funzione di terzi.
Qualunque sia il livello di perfezionamento o specializzazione dell’Odontoiatra, egli è medico del cavo orale: altrimenti non potrebbe essere abilitato alla sua diagnosi e cura. Quindi, come tale, prima ancora di occuparsi della sua branca specialistica (cioè quella che lo caratterizza sotto il profilo curriculare professionale e remunerativo, sia esso odontoiatra titolare di studio o consulente), il moderno Odontoiatra deve presentarsi al paziente come colui che sa prendersi cura della salute del cavo orale nell’insieme, saper condurre correttamente l’anamnesi, farsi apprezzare dal paziente per la sua capacità di ascolto attivo e di attenzione nei riguardi dei suoi problemi sistemici. Deve saperlo visitare, riferire, se serve, al medico di medicina generale o ad altri specialisti. Deve, con competenza e vocazione, occuparsi di lui.
E a dire il vero sarebbe bastato solo applicare fedelmente il Codice Deontologico e la Costituzione per non avere tentennamenti e esercitare saldamente da medici del distretto orale la nostra professione. Forse, non avremmo assistito alle controversie su abusivismo e grandi società finanziarie e alla progressiva estinzione del libero-professionista monocratico. Sarebbe bastato forse crederci ed emulare i colleghi che esercitano la professione medica mettendo sempre al centro del loro work-up il paziente, la sua storia (oggi si chiama anche medicina narrativa, in binomio sinergico con la Evidence Based Medicine) e il suo ambiente.
Forse è anche un po’ colpa dei Medici orali che solo di recente hanno saputo scindere competenze e funzioni che dovevano essere trasferite agli Odontoiatri, come loro imprescindibile patrimonio funzionale quotidiano, da quelle tipicamente di competenza ospedaliera. Di certo, non possono esserci barriere mentali, ma solo la consapevolezza che la Medicina orale sin da quando si studia sui banchi dell’Università è un caposaldo dell’Odontoiatria, strumento indispensabile per una visita odontostomatologica completa dal punto di vista delle strutture anatomiche presenti nel cavo orale e dal punto di vista medico-legale».
Articolo a cura di Giuseppina Campisi
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