Professione, formazione, ricerca clinica e sviluppo della carriera non sono mai stati tra loro più legati e interdipendenti di quanto non lo siano oggi. Non è difficile identificare la ragione di questa accresciuta interdipendenza nella visibilità offerta dalla rete. Siamo ciò che gli altri vedono attraverso il filtro di strumenti come i social network, i blog e le tracce che, anche involontariamente, lasciamo su Internet.
Il professionista e il clinico coinvolti in attività di ricerca e di pubblicazione devono prestare un’attenzione anche maggiore, poiché il loro lavoro sarà passato al vaglio dalla community di colleghi medici e ricercatori, anche al di là dei confini nazionali. La qualità della produzione scientifica è data da un combinato di elementi, tra questi l’impact factor è oggi solo uno degli indici rilevanti. Il modo in cui ci si muove nell’arena digitale caratterizza l’immagine del professionista nel mondo reale. Oggigiorno nessuno rinuncia a un profilo Research Gate, ma veramente pochi si preoccupano di una gestione attiva degli strumenti che questo offre per la costruzione di un curriculum veramente rilevante e soprattutto coerente.
Un buon profilo curricolare è ciò che gli altri vedono, rappresenta l’impronta di una vita di ricerca ed è la misura di come e quanto le nostre parole saranno in grado di influenzare altri colleghi, facendoci guadagnare una reputazione che, in ultima analisi, è ciò che conta a livello personale e soprattutto professionale. Lo scopo non è di trasformarsi in un KOL (Key Opinion Leader), soprattutto nel senso originale del termine coniato negli anni Quaranta del secolo scorso – stabilizzatosi poi nell’accezione della figura dell’influencer all’interno del modello delle case farmaceutiche, dove la funzione svolta dall’opinion leader fa parte del più ampio interesse commerciale che ruota intorno a un prodotto.
L’obiettivo è, piuttosto, l’atomizzazione della comunicazione, la facilità di accesso garantita dalla rete, che fa sì che il professionista possa lavorare attivamente alla propria immagine, indipendentemente dal coinvolgimento di aziende sponsor. Il professionista ha la possibilità di guadagnare autorevolezza e reputazione in un mercato complesso, attraverso la pubblicazione dei positivi risultati della propria attività clinica, il tutto organizzato in un percorso strutturato e ben comunicato.
Più il proprio profilo diventa pubblico, più lo si espone a critiche altrettanto pubbliche. Ne consegue che l’aspetto pubblicistico dell’attività clinica richiede grandi competenze interdisciplinari, dalla raccolta dei dati, alla loro analisi statistica, dall’attività di stesura di un articolo fino alla gestione delle interazioni con la peer community su piattaforme social come Research Gate. Non sorprende quindi che la differenza tra un clinico che pubblica e uno che progredisce in autorevolezza e accresce il proprio successo professionale attraverso le pubblicazioni, sta nella qualità di quanto fatto a valle della propria attività clinica, coinvolgendo intorno a sé un team di professionisti capaci di fornire le competenze necessarie.
Il successo professionale si costruisce necessariamente sulle competenze, sul successo clinico e sulla soddisfazione del paziente. Tuttavia l’ambiente competitivo, dominato da un’informazione sempre più sofisticata e veloce, impone di confrontarsi con la professione non solo sulla base delle capacità tecniche, ma anche sulla reale capacità di guadagnare consenso professionale trasmettendole efficacemente.
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*Co-founder and Partner presso Clariscience clariscience.com
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