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Intervista: Prof. Bart Van Meerbeek

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Prof. Bart Van Meerbeek (Kuraray Noritake Dental)
Kuraray Italia

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ven. 31 gennaio 2020

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In qualità di co-editore capo del Journal of Adhesive Dentistry, il Prof. Bart Van Meerbeek è uno dei massimi esperti in fatto di agenti leganti dentali e in questa intervista spiega come si sono evoluti negli ultimi tre decenni e come potrebbe essere il futuro dell'odontoiatria adesiva.

Prof. Van Meerbeek, come sono cambiati e come si sono evoluti gli agenti leganti da quando ha iniziato a studiarli?
Credo che i grandi passi avanti compiuti dalla tecnologia degli adesivi dentali negli ultimi 30 anni, e in particolare i progressi nel campo degli agenti leganti, abbiano avuto un alto impatto sul campo dell'odontoiatria e, naturalmente, sull'odontoiatria restaurativa in particolare. Molte delle attuali procedure di odontoiatria restaurativa fanno uso di materiali adesivi e tecniche specifiche e si sono drasticamente evolute rispetto a quando ho scritto la mia tesi di laurea, più di due decenni fa, sul tema dell'adesione alla dentina. Naturalmente, l'adesione allo smalto è relativamente facile da ottenere rispetto all'adesione alla dentina, e quando ho iniziato a studiare questo argomento il mio compito si limitava a condurre studi clinici in cui si riscontrava un numero relativamente elevato di distacchi dei restauri poco tempo dopo l’installazione. Conducendo ricerche in questo campo da ormai quasi 30 anni, ho avuto la fortuna di testimoniare in prima persona i rapidi progressi compiuti dal bonding dentale.

A un certo punto, la comunità di ricerca si era resa conto che, in seguito alla preparazione della cavità, veniva a crearsi uno strato di striscio intermedio che interferiva con il bonding. Se si desiderava creare un corretto bonding micromeccanico e chimico al substrato, era necessario intervenire su questo strato di striscio.

In seguito si è passati all'era dei condizionatori e dei primer. In passato, la comunità di odontoiatria conservativa aveva avuto qualche titubanza a usare l'acido fosforico a causa del suo potenziale di irritazione della polpa. Tuttavia, un crescente numero di professionisti del settore odontoiatrico ha iniziato a utilizzare mordenzanti contenenti questa sostanza chimica e anche primer in grado di promuovere efficacemente il bonding tra resina adesiva e dentina. Pur avendo raggiunto eccellenti prestazioni di bonding con adesivi multistep in laboratorio, come è stato successivamente confermato in studi clinici, l'ulteriore progettazione e sviluppo di materiali adesivi si è poi concentrata sulla semplificazione e sull'abbreviazione delle procedure di bonding.

Ne sono nati due tipi di adesivi che si avvalgono essenzialmente di due diverse modalità di bonding: gli adesivi "etch and rinse" e gli adesivi self-etching o "etch and dry". L'ultima generazione di adesivi universali ora consente al dentista di scegliere quale delle due modalità di bonding applicare con un'unica formulazione adesiva.

Quali vantaggi offrono i restauri incollati rispetto a metodi più tradizionali?
I restauri incollati presentano un livello minimo di invasività, consentendo al dentista un approccio più conservativo in quanto non è costretto a rimuovere tessuto sano per creare sottosquadri che mantengano in posizione il restauro. Mantenere la quantità maggiore possibile di smalto dovrebbe essere l’obiettivo di qualsiasi procedura di restauro, in quanto è il tessuto che garantisce l'aderenza migliore. Sebbene l'adesione alla dentina sia sempre rimasta più impegnativa e in effetti abbia rallentato a lungo i nostri sforzi nel campo del bonding, oggi il restauro adesivo dei denti, compresa anche un’adesione efficace alla dentina, può essere realizzato in modo affidabile, prevedibile e duraturo.

Oltre al grande successo dell'implantologia per la sostituzione di denti mancanti, che riduce la necessità di ponti, il numero di singoli restauri dentali è notevolmente aumentato. Il bonding ha favorito l’ulteriore passaggio dalle corone convenzionali, invasive per i tessuti, a restauri dentali parziali molto più conservativi grazie ai moderni adesivi che riescono a mantenerli in posizione anche su superfici piuttosto piatte e non ritentive. Inoltre, le procedure di bonding consentono di ottenere restauri dall'aspetto più naturale con tecniche che consentono la sigillatura adesiva di restauri estetici in vetroceramica e persino di ceramiche all’ossido di zirconio, che ora non vengono più considerate inadatte al bonding.

Qual è la sua opinione in merito all'attuale generazione di soluzioni adesive universali?
Penso che questa generazione sia ottima, ma che quando si tratta del potenziale intrinseco di adesione ai tessuti dentali non sia sempre all’altezza degli standard di riferimento, ossia i più tradizionali adesivi di tipo "self-etching" a due fasi ed "etch and rinse" a tre fasi. Tuttavia, ritengo positivo che molti di questi adesivi universali integrino il monomero MDP, che dovrebbe essere considerato uno dei migliori monomeri funzionali oggi disponibili, anche se deve essere presente a un elevato livello di concentrazione e purezza.

In generale, il monomero MDP è eccellente anche per l'adesione all'ossido di zirconio. Quando si tratta di bonding con diversi tipi di ceramica e materiali da restauro compositi a base di resina, è sempre utile sapere quali adesivi universali contengono silano e non richiedono ulteriori trattamenti del restauro. Ciò presenta i vantaggi di una minore delicatezza della tecnica e meno fasi procedurali, naturalmente a condizione che funzioni. Tuttavia, ci sono prove scientifiche recenti che il silano integrato negli attuali adesivi universali acidi a base acquosa non sia sufficientemente stabile. Fortunatamente, sono in corso ricerche per sviluppare nuovi adesivi universali che contengano altri silani con una maggiore stabilità in acqua a un livello superiore di acidità.

Nel complesso, credo che un primer da restauro che contiene un'alta concentrazione di silano insieme al monomero MDP sia ancora più efficace di molti adesivi universali per il bonding ai materiali da restauro, poiché questi adesivi universali possono contenere molti altri ingredienti che vanno a creare una sorta di competizione all'interno del materiale per raggiungere e interagire con la superficie del substrato, portando a meno legami.

Un altro difetto degli adesivi universali è il basso spessore del film a fronte dell'idrofilia relativamente elevata, che favorisce l'assorbimento dell'acqua e quindi li espone al degrado idrolitico. In questa luce, è importante notare che, quando un composito fluido viscoso e idrofobico viene applicato sopra un adesivo universale, può compensare in qualche modo questa situazione e consentire un bonding duraturo.

Il monomero MDP è cruciale per la consacrazione definitiva degli adesivi universali? Ci sono altri fattori che possono influenzare la situazione?
Beh, è molto chiaro che il monomero MDP è uno dei monomeri più efficaci disponibili, dato il suo potenziale di legame chimico primario all'idrossiapatite. Tuttavia, vi sono differenze significative nella purezza del monomero MDP e nei livelli di concentrazione tra questi prodotti, fattori che sono influenzati dal fatto che il monomero sia o meno sintetizzato dall'azienda stessa o che questo processo sia esternalizzato. In sostanza, un adesivo universale che contiene un'alta concentrazione di monomero MDP molto puro dovrebbe offrire le prestazioni migliori.

Gli adesivi “self-etching” presentano dei vantaggi specifici?
Il vantaggio maggiore è che non rimuovono tutta l’idrossiapatite e tutti i minerali presenti nella dentina e così mantiene protetto il collagene dentinale più debole. La mordenzatura all’acido fosforico comporta una demineralizzazione relativamente profonda e completa con esposizione del collagene, rendendo il legame più soggetto al degrado. Il mantenimento parziale dei minerali intorno al collagene utilizzando un leggero adesivo self-etch consente, inoltre, la formazione di un forte legame ionico quando l'adesivo contiene in particolare il monomero funzionale MDP. Inoltre, si deve essere consapevoli del fatto che, se da un lato il legame chimico non porta necessariamente a una maggiore forza di adesione, può comunque creare una migliore durata dell'aderenza a lungo termine.

Secondo lei, quale sarà il prossimo passo dell'odontoiatria adesiva?
Una possibilità è quella di ridurre il numero di passaggi del processo di bonding, con l'obiettivo finale di avere materiali da restauro autoadesivi. Ci sono stati sviluppi in questa direzione, compresi studi e prodotti commerciali, anche se i prodotti non si sono sempre dimostrati molto efficaci e la durata dell’aderenza non è chiara. Ora, tuttavia, ci sono materiali più nuovi che arrivano sul mercato vantando la possibilità di essere utilizzati senza pretrattamento. La loro efficacia clinica deve comunque ancora essere provata e garantita prima che questi materiali da restauro autoadesivi possano essere utilizzati come vere alternative all'amalgama nella pratica odontoiatrica di routine.

Un'altra possibilità, e attuale battage pubblicitario R&S, è lo sviluppo di adesivi bioattivi. Molti ricercatori odontotecnici e molte aziende vogliono che gli adesivi non solo offrano buone prestazioni di adesione, ma che abbiano anche determinati vantaggi terapeutici. Cosa sia esattamente un adesivo bioattivo dipende dall’interlocutore a cui lo si chiede. Per potersi definire "bioattivo", alcuni ricercatori ritengono che debba avere qualità antibatteriche, mentre altri affermano che debba presentare caratteristiche di rimineralizzazione della dentina e di interazione delle cellule pulpari. Dobbiamo certamente indagare se esista la possibilità di dare ai materiali queste proprietà aggiuntive, ma a una condizione: che il materiale adesivo non perda nessuna delle sue caratteristiche di aderenza originali. È questa, a mio avviso, la sfida più grande per il futuro dell'odontoiatria adesiva.

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