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Il contenzioso odontoiatrico è in aumento? I preziosi consigli di due esperti

La prima giornata di odontoiatria legale si è tenuta presso la Residenza Richelmy a Torino.
m.boc

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ven. 4 novembre 2016

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«Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo ed esponenziale aumento del contenzioso anche in campo odontoiatrico. Le branche specialistiche più colpite risultano essere la chirurgia implantologica, la protesi fissa e la chirurgia orale. Le ragioni della crescita sono multiple, di tipo sociologico ma anche tecnico (malpractice) e, non ultimo, anche legate alla “commercializzazione” della professione (promozioni, sconti, finanziamenti, promesse irrealistiche di durata dei manufatti ecc.)».

Con queste parole è stata presentata la prima giornata torinese di Odontoiatria legale, svoltasi il 29 ottobre presso la Residenza Richelmy di via San Donato. Un successo. Al punto che gli organizzatori hanno dovuto chiudere prima per “eccesso di iscrizioni”. Probabilmente, a richiamare un pubblico di professionisti affermati e non, studenti, specializzandi e perfino docenti della Dental School, erano (oltre all’interesse che obiettivamente ricopre l’odontoiatria forense) i due relatori Massimo Dalle Molle e Gian Luigi Roggero.

Due nomi più che noti, ben oltre i confini cittadini. Laureato in Medicina nell’82, specializzato in Odontostomatologia nell’89 e in Medicina Legale nel ’94, Massimo Dalle Molle, già Professore a contratto all’Università di Torino presso la Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia, è consulente tecnico del Tribunale. Allievo di Italo Robetti all’Istituto di Scienze Medico-Forensi (col quale ha pubblicato vari lavori), è consulente di Compagnie di Assicurazione ed apprezzato relatore a diversi Convegni.

A suo tempo operante presso la Divisione di Odontostomatologia dell’Ospedale Martini Nuovo di Torino, Gian Luca Roggero, perfezionato in Parodontologia e Implantologia alla Tufts University di Boston, allievo anch’egli di Italo Robetti, si è specializzato in Medicina Legale all’ Università di Torino dove svolge attività da libero professionista in odontoiatria clinica e medico-legale. Consulente tecnico del Tribunale, è anche professore a contratto all’Università di Torino nella Laurea magistrale in Odontoiatria e Protesi dentaria presso i Master in Implantologia Protesica, in Parodontologia e in Ortognatodonzia.
Il programma, che prevedeva l’analisi degli aspetti medico legali fondamentali inerenti la professione, con particolare riferimento alle prestazioni più soggette a contenzioso, è stato “aperto” in mattinata da Roggero il quale ha tenuto a precisare che l’incontro non era un corso, né un Master, ma raccoglieva in sé l’essenza di decine di corsi. Nell’illustrare l’ottica dell’odontologo forense, chiamato a considerare i casi sotto la doppia luce, clinica e forense, partendo dal dato clinico e oggettivo (anche se l’interpretazione rimane soggettiva), Roggero si è soffermato sul linguaggio essenziale di cui questa figura, a cavallo tra due mondi, deve impadronirsi. Se si parla infatti di insuccesso, di danno, di risarcimento o indennizzo, di errore o di complicanza, i concetti devono avere “per tutti” un significato univoco.

Roggero ha dato un serie di esempi e di definizioni, distinguendo opportunamente (in caso di errore) tra inevitabile, inammissibile, inescusabile, precisando che le parole usate per definirlo, come imperizia, negligenza, inosservanza, non sono affatto intercambiabili, come sembra, racchiudendo in sé ognuna un significato diverso. Lo stesso termine “malattia”, come “processo morboso evolutivo che colpisce funzioni psicofisiche del paziente”, deve essere distinta dalla lesione e dalla menomazione. Usare termini tecnico-giuridici quindi, non è solo un fatto formale ma ha un riflesso rilevante sulla stesura dei certificati “a valle” e anche nell’eventuale coinvolgimento giudiziario del dentista, “volente o nolente”.

Si parla allora di responsabilità, “tavolo a quattro gambe” lo ha definito Roggero ricordando il suo Maestro Robetti, poggiato sulla condotta del medico, sul danno sul rapporto di causa ed effetto e sulla colpa. Se in campo penale perché sussista responsabilità, il rapporto causa/effetto deve essere dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio, in campo civile basta che ci sia “più probabilità che non”. Roggero ha anche manifestato i suoi timori per l’eventuale responsabilità di coloro che non osservano l’ECM con conseguente incremento dei premi assicurativi, l’eventuale soccombenza in giudizio, possibili sospensioni, ecc.

Da queste considerazioni generali Dalle Molle ha preso lo spunto per soffermarsi sul cosa e quanto scrivere sul certificato (“dichiarazione conforme a verità”) distinguendolo dal referto (“segnalazione all’Autorità Giudiziaria di un presunto reato”). Fondamentale innanzitutto non dare come veri determinati eventi, se solo riferiti come tali dal paziente. Altrettanto fondamentale, in vista di eventuali contestazioni, premunirsi non solo del consenso informato (firmato), ma anche di immagini fotografiche. Mai compilare certificati compiacenti o peggio, con false dichiarazioni nel tentativo di amicarsi il paziente, mentre del tutto sconsigliata appare la trasformazione del dentista in un valutatore di danni. «A nessuno piace – dice infatti testualmente Dalle Molle – essere valutato da un CTI, ossia un Consulente Tecnico Improvvisato.»

Riprendendo la parola in chiusura di mattinata, Roggero ha introdotto una serie di casi perlomeno “dubbi” da cui potrebbe facilmente scaturire una responsabilità del curante. Esempio, la lesione neurologica post estrattiva o implantologica è un errore e non una complicanza (potendo essere prevenuta), come la penetrazione di corpi estranei nel seno mascellare o la rottura di uno strumento. Ma la risposta diventa assolutamente problematica nel caso, ad esempio, di una perimplantite, frutto di complicanza, ma talvolta anche di errore. Se il dentista non si sarà abbondantemente documentato, sarà condannato al risarcimento, avendo a suo carico l’onere della prova. Quindi, questa la conclusione, in sintesi, di Roggero e di Dalle Molle: non basta lavorare bene, occorre documentare bene, specie prima d’iniziare il trattamento, per essere in grado di fare un confronto, tra il prima e il dopo. Anche per i dentisti, quindi, è più che mai valido l’antico detto latino: “Verba volant, scripta manent”.

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