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Evoluzione clinica e tecnologica in Endodonzia

L’apertura della camera pulpare deve essere quella minima possibile per ottenere un accesso rettilineo al terzo coronale e medio del canale radicolare.
G. Conte, M. Mancini, L.Cianconi

G. Conte, M. Mancini, L.Cianconi

mer. 7 giugno 2017

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L’aumento delle aspettative di vita dei pazienti, la loro sempre maggior consapevolezza e la prevedibile evidenza che anche gli impianti osteointegrati non rappresentano una soluzione scevra da complicanze e insuccessi soprattutto nel lungo periodo, hanno fortunatamente portato la comunità scientifica e clinica a riconsiderare con sempre maggior attenzione l’importanza di salvaguardare gli elementi dentari naturali e le loro strutture anatomiche1.

I termini «conservativo», «mininvasività» e tutti i loro molteplici sinonimi rappresentano oggi non più l’ultima moda del momento ma soprattutto un modo di vivere la clinica quotidiana, che una comunità sempre più folta di avveduti colleghi sta applicando con successo e soddisfazione, in primis dei nostri pazienti2.

In che cosa consiste l’approccio endodontico-restaurativo minimamente invasivo?
Nel caso di una lesione cariosa o traumatica che comporti l’esposizione del tessuto pulpare, in particolare in pazienti giovani, ad esempio, l’approccio endodontico più conservativo è rappresentato dall’incappucciamento pulpare diretto. Qualora sussistano determinate condizioni cliniche, prima tra tutte l’assenza di sintomatologia preoperatoria e l’agevole controllo di un eventuale moderato sanguinamento infatti, l’evoluzione dei cementi bioattivi (MTA – Mineral Trioxide Aggregate, e cementi a base di calcio silicati) oggi consente infatti di affrontare questi casi con molta più predicibilità che in passato, quando l’idrossido di calcio e i cementi vetroionomeri erano le uniche alternative3 (Figg. 1-3).

Cavità d’accesso endodontico ultraconservative?
Qualora, al contrario, la vitalità del dente non possa essere salvaguardata, l’obbiettivo dell’endodontista dovrà essere quello di conservare la maggior quantità di tessuto coronale e radicolare possibile senza comunque rischiare di pregiudicare il successo della terapia endodontica. Nonostante non si possano negare le influenze della perdita dei nocicettori intrapulpari e delle alterazioni strutturali della dentina devitale, è oggi ampiamente dimostrato come l’aumentato rischio di frattura di un dente trattato endodonticamente sia imputabile principalmente alla perdita di struttura dentaria. L’apertura della camera pulpare deve essere pertanto eseguita in modo conservativo e ben pianificata sulla radiografia periapicale preoperatoria (o se disponibile sulla TC cone beam), tenendo ben in considerazione l’andamento dei canali radicolari. Su questo tema la rete ha visto sorgere numerose proposte di cavità di accesso ultraconservative (Ninja Access, Truss access, ecc.) a favore di una, peraltro non dimostrata, conservazione dell’integrità strutturale dell’elemento dentario4. Gli autori sono tuttavia dell’idea che tali approcci integralisticamente conservativi possano in realtà inficiare il risultato della terapia endodontica aumentando il rischio di frattura degli strumenti, di aberrazioni dell’anatomia canalare, o di mancato trattamento di alcune porzioni dello spazio endodontico. L’apertura della camera pulpare deve pertanto essere quella minima possibile per ottenere un accesso rettilineo al terzo coronale e medio del canale radicolare (Fig. 4). Specialmente in questa fase l’uso di sistemi ingrandenti o del microscopio operatorio può rivelarsi assolutamente determinante.

La sagomatura dello spazio endodontico
L’obiettivo clinico della terapia endodontica è quello di prevenire o curare le affezioni della polpa dentarie e dei tessuti periradicolari. Per raggiungere tale obiettivo è necessario procedere alla rimozione chemo-meccanica di tutto il tessuto pulpare e i microrganismi presenti all’interno del sistema endodontico tramite le fasi di sagomatura e detersione. È importante focalizzare l’attenzione sul fatto che la sagomatura non sia il fine di una terapia endodontica, ma solo il mezzo per ottenere quei requisiti meccanici indispensabili al raggiungimento degli obiettivi biologici della stessa. In particolare, la sagomatura sia essa eseguita con strumenti manuali in acciaio o strumenti meccanici in NiTi dovrebbe rispondere agli obiettivi proposti dal prof. Herbert Schilder già nel 1974, e cioè:
1. ottenimento di un canale conico continuo;
2. diametri canalari decrescenti in senso corono apicale;
3. assenza di trasporto apicale;
4. rispetto delle curve sui piani multipli dello spazio;
5. diametro apicale il più piccolo che sia pratico5.
Con l’introduzione della lega superelastica NiTi in endodonzia è stato possibile introdurre sul mercato strumenti meccanici a conicità aumentata (superiore al 2%) e le complesse e poco predicibili tecniche di sagomatura con strumenti manuali in acciaio sono state lentamente soppiantate dalle più semplici e riproducibili tecniche di sagomatura meccanica. Una significativa innovazione in tale campo è stata introdotta con il concetto di conicità variabile degli strumenti, applicata per la prima volta su gli strumenti ProTaper (Dentsply-Sirona)6.

Strumenti endodontici di nuova generazione
Nonostante gli strumenti presenti sul mercato fino al 2010 fossero già sufficientemente performanti, il timore da parte di molti colleghi delle fratture di tali strumenti da un lato, e la volontà di eseguire terapie endodontiche meno invasive dall’altro, hanno spinto le aziende a investire in ricerca e sviluppo di nuove sistematiche endodontiche. Tra le novità più significative in tale campo è possibile menzionarne soprattutto 3:
1. trattamenti termici della lega NiTi volti ad aumentarne la flessibilità e quindi anche la resistenza alla fatica ciclica;
2. il movimento reciprocante asimmetrico;
3. sezioni degli strumenti decentrate e asimmetriche.
Molti degli strumenti endodontici di ultima generazione trovano i loro plus proprio nell’impiego di una o più di queste caratteristiche.
La lega NiTi in condizioni normali presenta al suo interno una parte della lega in fase martensitica (più flessibile) e un’altra parte in fase austenitica (meno flessibile). La distribuzione percentuale di fase martensitica o austenitica sono funzione della temperatura e dello stress a cui è sottoposta la lega. Diversi trattamenti termici della lega NiTi sono stati messi a punto dalle varie case produttrici, per aumentare la percentuale di fase martensitica del metallo durante le normali condizioni cliniche di esercizio, ottenendo in questo modo strumenti più flessibili e con una minor memoria di forma7.
La Tabella 1 sintetizza le principali leghe NiTi termo-trattate, le case produttrici proprietarie del trattamento e gli strumenti che le utilizzano.
Il movimento reciprocante non rappresenta esattamente una novità in campo endodontico in quanto usato già da diversi strumenti meccanici del passato. Tuttavia ciò che ha reso negli ultimi anni tale movimento particolarmente performante è stato il concetto di asimmetria di reciprocazione. Gli strumenti reciprocanti attuali infatti sfruttano un movimento rotatorio nel verso di taglio dello strumento per alcuni gradi (100°-150°), immediatamente seguito da un movimento di disimpegno dello strumento in senso opposto a quello di taglio per molti meno gradi (30°-60°)8. Questo si traduce in un movimento netto di rotazione nel senso di taglio con una notevole riduzione dello stress torsionale per lo strumento. Sfruttando il concetto delle forze bilanciate proposte da Roane per gli strumenti manuali, il movimento è autocentrante e quindi particolarmente rispettoso dell’anatomia endodontica. L’efficienza e la sicurezza di tale movimento hanno permesso inoltre di proporre tecniche di strumentazione endodontica single-file (mono-strumento).
Alcune case produttrici hanno inoltre iniziato a introdurre strumenti con sezione asimmetrica o decentrata rispetto l’asse di rotazione dello strumento così da poter realizzare strumenti con una minor quantità di metallo all’interno di una data sezione. Questo determina, durante la rotazione dello strumento, un numero minore di contatti simultanei con le pareti del canale (minor stress torsionale), una maggior flessibilità dello strumento e un aumentato spazio per l’evacuazione dei detriti (Figg. 5-6).

Ridurre l’invasività della sagomatura senza ridurre le performance della detersione e dell’otturazione dello spazio endodontico
L’impiego delle sistematiche di strumentazione più moderne consente oggi non solo di essere molto rapidi, efficienti e sicuri durante la fase di sagomatura, ma anche di essere molto più conservativi specialmente a livello del terzo coronale e medio del canale. Tuttavia, è essenziale sottolineare come tutto questo progresso possa essere facilmente vanificato nel caso in cui la rapidità si traduca in un tempo di azione dell’ipoclorito di sodio insufficiente, o la mininvasività si accompagni a tecniche di otturazione tridimensionale non performanti. L’approccio minimamente invasivo alla sagomatura del canale infatti, laddove sia praticabile, dovrebbe essere accompagnato da adeguate tecniche di irrigazione (aghi endodontici side-vented di diametro inferiore a 27-28G, attivazione degli irriganti all’interno del sistema endodontico tramite energia termica, sonica, ultrasonica o laser) e di otturazione tridimensionale del canale radicolare. In canali particolarmente lunghi, curvi o stretti, una sagomatura minimamente invasiva potrebbe infatti rendere poco praticabile una corretta tecnica di condensazione verticale della guttaperca, date le difficoltà di raggiungere con il portatore di calore i 4-5 mm dalla lunghezza di lavoro necessari a ottenere la termoplasticizzazione della guttaperca anche nella regione apicale. Tecniche basate sull’impiego di otturatori tipo Thermafill, rappresentano fortunatamente una eccellente alternativa, e spesso una scelta quasi obbligata, ai sistemi di otturazione verticale a caldo9 (Figg. 7-8).

Il restauro post endodontico, la vera chiave del successo a lungo termine
Osservando i dati riguardanti la percentuale di sopravvivenza a lungo termine dei denti trattati endodonticamente si può notare non solo come il trattamento endodontico abbia una prognosi favorevole in una altissima percentuale dei casi, ma anche che i fallimenti sono quasi sempre imputabili a fratture radicolari certamente favorite da sagomature endodontiche troppo aggressive, dalla presenza di perni metallici e di restauri eccessivamente invasivi10.
È ormai ampiamente noto che un elemento trattato endodonticamente, specialmente nel caso assai frequente in cui siano venute a mancare una o entrambe le creste marginale, abbia molto spesso la necessità di essere protetto dal rischio di frattura procedendo a un restauro a ricoprimento cuspale. Tuttavia l’equazione dente trattato endodonticamente uguale a corona protesica completa, dovrebbe oggi essere seriamente riconsiderata alla luce delle moderne tecniche adesive. L’eventualità che una o più cuspidi dell’elemento trattato necessitino di una protezione non significa che tutte le cuspidi (anche le più robuste e bene sostenute) abbiano bisogno di essere abbattute. Inoltre, nella maggior parte dei casi non sarebbe auspicabile un ulteriore indebolimento del dente con preparazioni invasive a livello della giunzione amelo-cementizia. Nell’ottica del maggiore risparmio di tessuto dentale possibile i restauri indiretti parziali adesivi dei settori latero-posteriori (Onlay; Overlay; Endocrown) in resina composita o ceramica rappresentano quindi oggi una validissima alternativa, se non la terapia di scelta, alle corone protesiche tradizionali11 (Figg. 9-12).

Bibliografia:
1. R. Chandki, M. Kala. Natural Tooth Versus Implant: A Key to Treatment Planning. Journal of Oral Implantology 2012 38:1 2012 95-100.
2. C. Murdoch-Kinch, M.E. McLean. Minimally invasive dentistry. JADA 2003 134:1 87-95.
3. Li Z, Cao L, Fan M, Xu Q. Direct Pulp Capping with Calcium Hydroxide or Mineral Trioxide Aggregate: A Meta-analysis. J Endod. 2015 Sep;41(9):1412-7.
4. Plotino G, Grande NM, Isufi A, Ioppolo P, Pedullà E, Bedini R, Gambarini G, Testarelli L. Fracture Strength of Endodontically Treated Teeth with Different Access Cavity Designs. J Endod. 2017 Apr 14.
5. Schilder H. Cleaning and shaping the root canal. Dent Clin North Am 1974;18: 269-96.
6. M Hülsmann, OA Peters, PMH Dummer. Mechanical preparation of root canals: shaping goals, techniques and means.Endodontic Topics 2005; 10:1 30-76.
7. Shen Y1, Zhou HM, Zheng YF, Peng B, Haapasalo M. Current challenges and concepts of the thermomechanical treatment of nickel-titanium instruments. J Endod. 2013 Feb;39(2):163-72.
8. Yared G. Canal preparation using only one Ni-Ti rotary instrument: preliminary observations. Int Endod J. 2008 Apr;41(4):339-44.
9. Neuhaus KW, Schick A, Lussi A. Apical filling characteristics of carrier-based techniques vs. single cone technique in curved root canals. Clin Oral Investig. 2016 Sep;20(7):1631-7.
10. Ng YL1, Mann V, Rahbaran S, Lewsey J, Gulabivala K. Outcome of primary root canal treatment: systematic review of the literature -- Part 2. Influence of clinical factors. Int Endod J. 2008 Jan;41(1):6-31.
11. Monaco C, Arena A, Scotti R, Krejci I. Fracture Strength of Endodontically Treated Teeth Restored with Composite Overlays with and without Glass-fiber Reinforcement. J Adhes Dent. 2016;18(2):143-9.

L'articolo è stato pubblicato su Endo Tribune Italian Edition, giugno 2017.

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