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Estrazioni barbariche: da qualche tempo solido interesse giudiziario

Dario Betti

Dario Betti

gio. 8 novembre 2018

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Caratterizzazione professionale radicata nella memoria collettiva, le estrazioni dentarie sono, da qualche tempo, diventate di interesse giudiziario e, di conseguenza, medico legale.

L’opzione riabilitativa offerta dall’implantologia, uscita dallo svezzamento degli anni Ottanta (ma non affrancata dall’aggravio di premio assicurativo), permette di risolvere molti casi complessi. Un tempo erano affidati alla protesistica tradizionale che annoverava tra le soluzioni più impegnative, le corone “conometriche” e complessi apparecchi semifisiologici dal nome poco rassicurante (per il paziente), “scheletrati” talvolta inadeguati alle aspettative (più o meno inconsapevolmente generate negli utenti finali dall’ostentazione di apparecchi collocati su modelli in gesso). Mancando una soluzione implantologica, gli operatori erano obbligati a dedicare una speciale attenzione, sul piano delle cure periodontali e della conservazione ad oltranza (come le emi-rizectomie), al cd. “patrimonio dentario” del paziente.

Ora non più. Le controindicazioni all’implantologia sono molto più contenute (cfr. Raccomandazioni cliniche in Odontoiatria - 2017) rispetto a quando lo scrivente le elencava, a fini medico-legali, nel lontano 1988 (vedi “Sul rimedio del danno dentario mediante implantoprotesi”. Cortivo P, Betti D, Bordignon D. e Tositti R. Riv. It. Med. Leg. 10:1106, 1988).

All’esito favorevole della riabilitazione, la memoria dei denti naturali (e patologie correlate) segue il destino dei rifiuti biologici; ma se solo si verifica una delle complicanze, purtroppo ancora attuali, nella procedura si assiste ad un risveglio dell’affetto del paziente per i propri denti (fino a poco prima ritenuti indegni di attenzione, adeguata igiene e cura individuale) che divengono i martiri di un’affrettata ed ingiustificata demolizione (magari interessata o peggio, quasi sadico punitiva). Di qui l’inclusione nel contenzioso a fini risarcitori.

In tutti i casi in cui il bilancio costi/benefici non sia chiaramente (ma dovrà esserlo altrettanto desumibile dalla documentazione) a favore dell’eliminazione dei denti naturali, quali cascami di validità funzionale o indicazione alla bonifica in vista di interventi chirurgici urgenti, la procedura ottimale dovrebbe far precedere due valutazioni parodontali (meglio se registrate nel diario clinico, anche se non proprio computerizzate, ma scritte e quindi documentate) supportate da un riscontro radiologico che dimostrino l’intenzione conservativa con terapia parodontale. Per essere credibile, tuttavia, dovrebbe essere prescritta (non solo “consigliata”) e protratta per un idoneo periodo di tempo.

Solo all’esito di una scarsa o nulla risposta (per gravità della patologia o scarsa disponibilità del paziente) sarà lecito procedere alle avulsioni dentarie che in tal caso avranno tutti i crismi della “bonifica”. Come vantaggio collaterale si potranno sanificare anche altre eventuali localizzazioni parodontali. Se lasciate persistere in altri settori, pur se non sede dalla riabilitazione implantare, potrebbero comprometterne l’esito per perimplantite infettiva.

Un pericolo frequente è la richiesta del paziente di procedere alle avulsioni per “risparmiare tempo” o per asserita intolleranza alle misure di igiene o di terapia parodontale. In questi casi, all’annotazione nel diario clinico dell’istanza del paziente, inutilmente corredata dalle annotazioni di dissenso dell’operatore, spesso non corrisponde una informativa dettagliata che riporti chiaramente le conseguenze sfavorevoli correlate e la consapevole accettazione. Questa condotta, alternativa alla semplice, ma economicamente dolorosa, dimissione del paziente, deve avere un riscontro documentale scritto o comunque degno di solido valore probatorio in caso di contestazione.

Tutte le pianificazioni di procedure al limite dell’appropriatezza regolamentare richiedono un’esaustiva documentazione informativa (costi/benefici), ma soprattutto la consapevolezza del paziente, da dimostrare con la sua firma (talora, nei casi di particolare impegno, anche da una verifica della sua capacità di comprendere i termini del rapporto di cura - Vedere “Non conventional multidisciplinary approach in dental office: a psychologist in the dental team” Betti D. e Sambin S. Dental Cadmos. 78(1), 39-50, 2010).

Il danno di solito lamentato dalle vittime di estrazioni dentarie poco o non giustificabili consiste non solo nell’invalidità permanente rappresentata dalle perdite dentarie (la cui entità viene tendenziosamente ricondotta a quella di denti sanissimi) ma anche nei provvedimenti di ripristino anatomo-funzionale della dentatura “come originale”, da un lato demolendo le eventuali riabilitazioni eseguite dal demone estrattore (e quindi pretendendo la restituzione di onorario per un’attività inutile o divenuta tale), dall’altro preventivando un piano protesico “ideale” che non avrebbe avuto motivo di essere intrapreso se veramente i denti estratti fossero stati in buone condizioni.

Come corollario, l’inevitabile richiesta di risarcimento che si estende all’invalidità temporanea parziale per tutte le operazioni “di rimedio” e – spesso – alla sofferenza per le traversie patite, magari sommando un danno psichico per la perdita degli adorati denti, barbaramente estratti.

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