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Di frontiera ma non “Global”: le frontiere dell’ortodonzia al Simposio AIO-SIDO a Chia

Giampietro Farronato, Skander Ellouze, Renato Cocconi.
Ufficio Stampa AIO

Ufficio Stampa AIO

gio. 30 aprile 2015

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«L’odontoiatra oggi non può esimersi dal dare una risposta in un contesto di multi etnicità e multiculturalismo. La stessa popolazione italiana sta cambiando, ci sono classi scolastiche a Milano senza nemmeno un bambino milanese e solo in Lombardia abitano 50 mila cinesi. Queste diverse culture sono portatrici non solo di aspetti antropometrici ma anche di ideali estetici differenti dai nostri. Nessun professionista del resto si sognerebbe di trattare tutti i suoi pazienti allo stesso modo; per un ortodontista questo vale in modo specifico».

Giampietro Farronato, presidente nazionale della Società Italiana di Ortodonzia – SIDO, presenta così il 3° Simposio congiunto AIO-SIDO in programma il 12 giugno, seconda giornata del Congresso dell’Associazione Italiana Odontoiatri a Chia in Sardegna. Farronato, tra i protagonisti del consesso con Silvia Allegrini, associato all’Università di Boston, e Skander Ellouze, associato alle università di Bordeaux e Valencia, focalizza parte della presentazione (8.30-12.00) su un argomento valutato raramente nei consessi odontoiatrici: le considerazioni etniche e culturali nella scelta del trattamento ortodontico. «Un Nordafricano e un Nordeuropeo ‒ esemplifica Farronato ‒ non solo sono portatori di strutture scheletriche differenti ma hanno tempi di sviluppo diversi: un Nordafricano si sviluppa 2-3 anni prima di un Nordeuropeo. Allo stesso modo differiscono gli obiettivi dell’ortodontista, in un Nordafricano accettiamo margini superiori di bi-proalveolia, denti più sporgenti in avanti, ed arcate più espanse sul lato trasverso, così come per un Orientale accogliamo una superiore inclinazione dell’arcata a quella utilizzata per la nostra popolazione. Compatibilmente con aspettative e richieste di questi pazienti». Per il tunisino Ellouze, «gli ortodontisti hanno sempre trattato in primo luogo occlusioni funzionali ma negli ultimi 10 anni con l’avvento di nuove tecnologie la moderna ortodonzia è guidata in primo luogo da considerazioni relative al volto. Gli obiettivi di personalizzazione del trattamento, da concordare con il paziente, sono condizionati da caratteristiche etniche ed invecchiamento. Vuol dire che asiatici, europei od africani non devono essere trattati per ottenere obiettivi estetici identici ma per avere bei sorrisi che durano a vita».

Le prospettive delle miniviti
Nel solco dei temi culturali si muovono i temi pratici del simposio e in particolare le frontiere dei Tads. «L’uso di Temporary Anchorage Devices – ci spiega Ellouze ‒ ha permesso all’ortodontista di superare i limiti nell’ancoraggio e di predire difficoltà nei movimenti del dente limitando al minimo l’impegno biologico. L’uso di miniviti per ancorare il dente all’osso è diventato routine nella pratica e apre la strada a trattamenti alternativi. Ad esempio, i pazienti “borderline” per trattamenti chirurgici oggi possono giovarsi delle proprietà biomeccaniche delle miniviti. Con le quali possiamo pure ottenere avanzamento e arretramento dell’arcata nella direzione antero-posteriore, l’intrusione assoluta dei denti posteriori in direzione verticale e l’espansione palatale».

Interdisciplinarietà e digitale
E dal sorriso al volto si sposta l’analisi nella lettura magistrale di Renato Cocconi prevista tra le 15 e le 18 del venerdì, a completamento della giornata ortodontica (12 punti totalizzabili in tutto sugli ipotetici 36 crediti Ecm – e 20 Ada Cerp ‒ ottenibili iscrivendosi al Congresso AIO). «Coniugare estetica e funzione rappresenta una grande sfida per le diverse branche dell’odontoiatria», dice Cocconi, membro SIDO e direttore del Centro di chirurgia ortodontica Face di Parma. «In particolare, l’ortodonzia può offrire il suo contributo contestualizzando la malocclusione nel viso. Un approccio face driven e non solo occlusion driven apre straordinarie opportunità per i nostri pazienti». Per cambiare orizzonte, «occorre acquisire un know how interdisciplinare sfruttando le differenti branche odontoiatriche e chirurgiche per ottenere una completa mimesi (imitazione di quanto è attraente e non semplicemente normale in Natura) sia a livello della microestetica del sorriso che della macroestetica del volto. Le tecniche digitali di programmazione consentono di eseguire i trattamenti con maggiore predicibilità definendo protocolli d’intervento multidisciplinari».

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