L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – come riferisce un articolo prodotto col Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara - la chiama “era-post-antibiotica”. Quella in cui persino le infezioni più banali possono diventare causa di morte. Si tratta del fenomeno già esplorato dell’antibiotico-resistenza che riguarda anche l’Italia, area tra le più vulnerabili secondo il report Oms “Worldwide country situation analysis: response to the antimicrobial resistence”, presentato a Ginevra il 29 aprile e che ha analizzato l’estensione del fenomeno in 194 paesi.
Vi sono riportati i dati raccolti dalla sezione EARS-Net dell’European Centre for Disease and Control. Tra i 29 paesi dell’Unione Europea, l’Italia è tra i primi cinque con ceppi batterici comuni ed aggressivi, come Escherichia C., Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa altamente resistenti a diverse cure antibiotiche. Preceduta da Grecia, Francia, Romania e Belgio, l’Italia occupa Inoltre il 5° posto nel consumo di antibiotici, il cui abuso è tra le principali cause del fenomeno.
Di fronte ad un aumento dell’antibiotico-resistenza, gli interventi in atto in Italia tuttavia sono ancora a macchia di leopardo. L’Iss invita le Regioni a segnalare i casi di infezioni batteriche da enterobatteri resistenti ai carbapenemi, antibiotici ad ampio spettro, ma una consapevolezza adeguata nei medici e nei cittadini a livello nazionale è ancora scarsa.
Eppure, la resistenza alle cure antibiotiche si profila come il problema di salute pubblica globale più importante del XXI secolo che richiede investimenti record (lo ha annunciato a gennaio Obama) e soprattutto un piano transnazionale di prevenzione e attacco. Entro maggio l’Oms discuterà come affrontare le sfide del futuro perseguendo 5 obiettivi primari:
- Prevenzione delle infezioni batteriche;
- Comprensione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza;
- Riduzione dell’incidenza di infezioni;
- Ottimizzazione dell’uso di antibiotici;
- Sviluppo d’investimenti sostenibili per scoprire nuove terapie mediche, strumenti diagnostici, vaccini e altri interventi.
Quest’ultimo punto – riferisce l’articolo – si rivelerà decisivo, visto che dal 1987 la ricerca in materia di terapie antibiotiche è ferma, mentre la capacità di adattamento dei batteri accelera. Infatti, diversi canali di pressione selettiva, dall’uso scorretto di terapie farmacologiche al trattamento antibiotico dei cibi nella catena alimentare, restituiscono terapie inefficaci contro batteri, ma anche virus e parassiti cause di malattie gravi come malaria, tubercolosi, HIV, influenza fino alle più banali infezioni urinarie.
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