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Sotto i riflettori della ricerca il legame tra microbiota orale e obesità

Gli autori della ricerca hanno preso in esame il microbiota orale dei bambini di 2 anni per scoprire se possa essere un indicatore di aumento di peso negli anni. (Fotografia: Alek-Sa/Shutterstock)

lun. 26 novembre 2018

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Pennsylvania. L’obesità infantile nel mondo occidentale sta diventando più di un problema comune. In un nuova ricerca che potrebbe illuminare ulteriormente i termini del problema, gli scienziati della Pennsylvania State University hanno cercato di capire come il microbiota orale dei bambini di 2 anni potrebbe essere un indicatore di aumento di peso durante la futura crescita. La ricerca fa parte di uno studio più ampio che sta approfondendo il quesito: nella vita di un bambino può e in che misura l’intervento dei genitori prevenire lo sviluppo dell’obesità?

«Un bambino su tre negli Stati Uniti è sovrappeso o obeso» dice Kateryna Makova, docente di biologia alla Penn State, autrice decana di un documento sul tema. «Se si riescono a trovare i primi indicatori di obesità nei piccoli, allora si possono aiutare i genitori e medici a prendere misure preventive».

Sebbene le variazioni del microbiota intestinale fossero state collegate all’obesità in alcuni adulti e adolescenti, il potenziale collegamento tra il microbiota orale e l’aumento di peso nei bambini non era stato preso in esame prima di questa ricerca. «Il microbiota orale viene solitamente studiato in relazione alla malattia parodontale ma in certi casi la malattia parodontale era stata collegata all’obesità» dice una coautrice Sarah Craig, titolare di un dottorato in biologia alla Penn State. «Abbiamo esaminato qualsiasi potenziale associazione diretta tra il microbiota orale e l’aumento di peso del bambino. Invece di limitarci a stabilire se un bambino era sovrappeso all’età di due anni, abbiamo utilizzato le curve di crescita dei primi due anni dopo la nascita, che forniscono un quadro più completo di come stia crescendo. Un approccio nella ricerca altamente innovativo, di maggior validità statistica nella scoperta delle relazioni esistenti» osserva.

Nello studio, i ricercatori hanno preso in esame 226 bambini della Pennsylvania centrale. Secondo i risultati, il microbiota orale di quelli con rapido aumento di peso - forte fattore di rischio per l’obesità - era meno diversificato e conteneva meno gruppi di batteri. Questi bambini avevano anche un rapporto più elevato tra il Firmicutes (gram-positivi) e il Bacteroidetes (gram-negativi), due dei più comuni gruppi batterici presenti nel microbiota umano.

Una minore diversità e un più alto rapporto Firmicutes-Bacteroidetes nel microbiota intestinale vengono talvolta valutati come una caratteristica relativa agli adulti e agli adolescenti affetti da obesità. Tuttavia, i ricercatori non hanno visto una relazione coll’aumento di peso nel microbiota intestinale in bambini di 2 anni, suggerendo che esso potrebbe non essersi completamente stabilizzato a quell’età e quindi subire ancora molte modifiche.

Un altro aspetto interessante della ricerca risiedeva nel fatto che l’aumento di peso nei bambini fosse legato alla diversità del microbiota orale delle madri, il che potrebbe far ipotizzare una predisposizione genetica della madre e del bambino ad avere un microbiota simile oppure che madre e figlio abbiano dieta ed ambiente analoghi.

«Potrebbe esistere una spiegazione semplice, legata o alla dieta o ad una genetica condivisa, ma potrebbe anche essere collegata all’obesità» dice la Makova. «Non lo sappiamo ancora per certo, ma se c’è una “firma microbatterica” nella bocca collegata alle dinamiche di aumento di peso nella prima infanzia, c’è anche l’urgenza di comprenderla. Stiamo usando ulteriori tecniche per esaminare specie specifiche di batteri piuttosto che più ampi gruppi tassonomici di batteri sia nelle madri che nei bambini, per vedere se specie batteriche specifiche influenzano l’aumento di peso e il rischio di obesità».

Intitolata “Child weight gain trajectories linked to oral microbiota composition” la ricerca è stata pubblicato su Scientific Reports, il 19 settembre 2018.

 

 

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