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Per aspera ad astra

Prof. Mauro Labanca

Prof. Mauro Labanca

mer. 3 febbraio 2021

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Stiamo indiscutibilmente vivendo un momento difficile, complesso, che entrerà nei libri di storia vedendoci testimoni. Eravamo orgogliosi di essere, dopo anni, la prima generazione a non aver vissuto una guerra e allora ecco che abbiamo pensato bene di provare l’emozione di vivere una pandemia, nostro malgrado.

Troppe parole sono state dette e si dicono, davvero troppe, su quanto sta accadendo. Questa ridondanza verbale confonde, annienta, rattrista e aggiunge sconforto a quello che la pandemia sta provocando. E se alcuni di noi sono stati colpiti, direttamente o indirettamente, dalla malattia, tutti siamo sicuramente stati colpiti dalla pressione mediatica che quotidianamente ci bombarda aggiungendo quegli elementi di insicurezza e di depressione collettiva che i nostri colleghi psichiatri stanno faticosamente cercando di gestire.

Credo che proprio per arginare questa situazione si possa e si debbano allora cercare degli aspetti positivi che, anche se difficile da credere e possano essere colti e “sfruttati” in questo momento di prova collettiva. Partendo dal fatto che il nostro settore (specie l’ambito libero professionale), è tutto sommato tra quelli che ha subito un limitato periodo di chiusura, e se confrontato con altri ambiti, ha sicuramente avuto meno danni patrimoniali. Ed è già un primo elemento che dovrebbe farci sentire privilegiati e più positivi rispetto a chi ha davvero perso tutto.

Da relatore internazionale, abituato a tenere conferenze in giro per il mondo, mi sono trovato a tornare a fare a tempo pieno quello per cui ho studiato e lottato, cioè il dentista. E questo, senza più riunioni (se non virtuali), interminabili cene di lavoro e anche congressi a volte francamente inutili, mi ha dato modo di rallentare il ritmo, tirare il fiato e guardarmi intorno.

E guardarsi intorno credo sia quanto di più importante ci ha insegnato questa pandemia, al netto delle sofferenze fisiche da essa provocate. E perché non usare questo obbligato momento di rallentamento professionale per fare altro? Perché non usare questo momento, con magari un po’ meno pazienti, per riorganizzare il nostro studio, per rivedere i protocolli, per verificare se il nostro personale è adeguatamente formato e informato, per capire se possiamo fare qualche cosa per migliorare i nostri servizi ed essere più preparati per la ripartenza?

Potrebbe essere il momento per sistemare le cartelle dei nostri pazienti, per fare un aggiornamento professionale (al netto di quelli obbligatori per legge), per parlare con il nostro team, per pensare a come fare percepire alla nostra pazientela che abbiamo usato questo tempo per crescere, per migliorare, per cambiare.

Perché nei momenti difficili si cresce, e chi non sa crescere soccombe. I congressi dal vivo ci mancano, non c’è dubbio. Ma manca di loro soprattutto la parte conviviale. La parte scientifica può facilmente essere recuperata leggendo un libro o una rivista, o seguendo un webinair (purché del giusto spessore).

Infine, queste serate passate a casa tranquilli, perché non usarle per magari migliorare l’inglese, per rileggere un romanzo, per ritrovare il valore degli affetti senza più dover forzatamente correre a ritmi folli e non sempre giustificati?

Mi auguro che il Covid cessi il prima possibile di far danni, ma ancora di più mi auguro che quando il virus se ne andrà possa restare un mondo migliore, più sensibile, più attento, più consapevole di quelli che sono i veri valori. Ed allora potremo dire davvero di essere passati dalle difficoltà alle stelle.

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