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OSAS: indagine islandese ridefinisce i contorni di una patologia sottostimata

Lucio Bormida

Lucio Bormida

ven. 8 febbraio 2019

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Sonnolenza durante il giorno, con possibili modifiche delle prestazioni quotidiane e russamento nella notte, ostruzione parziale (ossia ipopnea, dal punto di vista fisiopatologico) o totale delle prime vie aeree (apnea), oltre a cicliche riduzioni dell’ossigeno nel sangue (con desaturazioni di ossigeno dell’emoglobina arteriosa). Questi i sintomi con cui si riconosce l’OSAS, dall’inglese “sindrome delle apnee ostruttive del sonno”.

Tre i livelli di gravità, sul numero di ostruzioni orarie (indice AHI): lieve fino a 14, moderata fino a 30, poi severa. Le ultime ricerche epidemiologiche smentiscono chi la considerava poco frequente: dal 4% del passato, il 50% degli uomini di mezza età registra oggi un valore AHI maggiore o uguale a 15 (dal 2% al 25% per le donne).

Alla base, causa principale sebbene non unica, il numero crescente di obesi negli ultimi decenni, un’impennata giustificabile anche dall’evolversi dei sistemi di misurazione. Con il tempo l’AHI come criterio diagnostico esclusivo dell’OSAS è messo in forse da molti. Per giunta, in pazienti di giovane età appare più elevato se messo in rapporto con ipertensione, problemi cardiovascolari e con l’indice di mortalità, oltre ad essersi dimostrato poco connesso a svariati sintomi classici della malattia.

Una recente indagine islandese suddivide la platea dei pazienti in tre gruppi (clusters) secondo il “grado di sofferenza”. Gli affetti da “sonno disturbato” (primo gruppo, un terzo circa) denunciano una più ampia incidenza di disturbi collegati all’insonnia: stentano ad addormentarsi, si risvegliano varie volte durante la notte, riaddormentandosi con difficoltà. Non solo: manifestano una sudorazione più che abbondante, il sonno appare agitato e le gambe “senza riposo”.

Il Cluster numero 2, “gruppo minimamente sintomatico”, come lo definisce Marzia Segù della Società Italiana Medicina del Sonno, in una recente analisi, corrispondente ad un ulteriore 25%, è interessato invece da fenomeni meno intensi, mentre il restante 50% (terzo gruppo), facilmente soggetto a addormentarsi di giorno, a sonnolenza al volante, russamento intenso e respirazione notturna interrotta, rientrerebbe in quello “di sonnolenza diurna eccessiva”.

Ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari sembrerebbero dunque più probabili nel secondo gruppo e meno nel terzo. Un’incidenza scarsamente significativa avrebbero invece il genere, la massa corporea e l’indice di apnea-ipopnea. Tale constatazione richiama quanto siano determinanti sui risultati delle cure alcuni caratteri rilevanti quali età, sesso e comorbilità.

Il profilo maschile con OSAS ha in media tra i 45 e i 65 anni, è sovrappeso, russa abitualmente con apnee riferite e sonnolenti oltre ad essere più soggetto a diabete di tipo 2 e cardiopatia ischemica. L’insonnia, i risvegli con sensazione di soffocamento e spossatezza sono invece tipici della donna, ancor più se in menopausa (ma in tal caso la massa corporea è ininfluente).

Patologia dunque più complessa di quanto si credeva, l’OSAS necessita pertanto, da un lato, di una competenza specifica dell’odontoiatra, dall’altro, ponendosi come ambito eminentemente polispecialistico, richiede una sua stretta collaborazione con altre specialità (pediatra, pneumologo, neurologo e otorinolaringoiatra).

L'articolo è stato pubblicato su prevention international magazine for oral health Italia, 1/2019.

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