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Nel confermare i principi già elaborati da alcune decisioni della Corte di Giustizia europea, la Cassazione ha confermato, con ordinanza depositata l’8 febbraio scorso, che i dentisti non sono obbligati a corrispondere il compenso ex artt. 73 e 73-bis della legge sul diritto d’autore, riguardante le cosiddette “utilizzazioni secondarie del fonogramma”, con riguardo alla musica di sottofondo diffusa in sala d’attesa.
La Corte ha dapprima rammentato che il «dictum della Corte di Giustizia costituisce una regola iuris applicabile dal giudice nazionale in ogni stato e grado di giudizio», con la conseguenza che la sentenza della Corte di Giustizia è fonte di diritto oggettivo anche retroattiva.
La Corte ha poi ricordato la sentenza della Corte di Giustizia n. 162/12 Del Corso a proposito degli studi dentistici, ove, nel richiamare i precedenti specifici in materia di definizione di pubblico, è stato osservato che «il pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole», e che «relativamente, poi, al criterio attinente a un numero di persone piuttosto considerevole, quest’ultimo mira a porre in evidenza che la nozione di pubblico comporta una certa soglia de minimis, il che esclude da detta nozione una pluralità di interessati troppo esigua, se non addirittura insignificante».
I giudici concludono quindi che, nel caso degli studi dentistici, la sentenza 162/12 CGE è giunta alla conclusione che i clienti che si susseguono in uno studio dentistico non costituiscono un numero di persone particolarmente considerevole da costituire un pubblico, e pertanto questo principio deve essere applicato anche nel contesto normativo italiano.
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