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Indicazioni e protocolli per l’impiego dell’impianto pterigoideo con l’ausilio della piezochirurgia con analisi 3D a compendio della chirurgia tradizionale.
Tra i vari corsi offerti dalla proposta formativa l’Autore di questo articolo ha preso parte ad uno che prometteva risvolti particolarmente interessanti, per modalità teorico-pratiche e contenuti prospettici. Svoltosi il 31 gennaio e 1° febbraio presso l’A.O.R.N, Cardarelli Centro di Biotecnologie di Napoli a cura di Ugo Graziani, Salvatore Parascandolo, Giovanna Paternoster e dello scrivente, il corso, a carattere teorico-pratico, si è svolto sugli impianti pterigoidei direttamente su un preparato anatomico fresco. Un’ottima opportunità per ovviare ad un difetto frequente e di non semplice soluzione, evitando chirurgie complesse con costi e morbilità importanti.
Nell’introdurre l’argomento anatomico della zona PPT, Pterigo-Palato-Tuberositaria, ho potuto suggerire le inclinazioni di massima da imprimere all’asse implantare per raggiungere la faccia anteriore del processo pterigoideo dello sfenoide, evidenziando le zone sensibili adiacenti al fine di evitare il loro coinvolgimento.
Ugo Graziani ha invece contestualizzato ogni peculiarità sull’impiego dell’impianto pterigoideo, in grado di creare un pilastro distale per la realizzazione di protesi parziali o totali fisse dei settori mascellari distali edentuli. Con una precisazione: che il suo impiego eviti il ricorso al rialzo del pavimento del seno, la split-crest o la rigenerazione del processo alveolare, alcune delle quali, nel tempo hanno in parte tradito le aspettative.
I docenti hanno accompagnato i partecipanti lungo la curva di apprendimento, fugando i legittimi dubbi che ogni discente nutre nell’intraprendere in ambito medico-chirurgico, un nuovo percorso conoscitivo. Sono state date le nozioni necessarie affinché l’atto chirurgico fosse guidato dalla conoscenza anatomica del sito specifico e di quelli sensibili adiacenti enfatizzando gli accorgimenti teorico-pratici necessari per allenare la mano al gesto chirurgico, che, se reiterato, potrà trasformarsi in un automatismo.
La qualità dei preparati anatomici ha consentito di eseguire gli interventi in perfetta armonia con la realtà, conferendo una gestualità simile a quella della pratica clinica. Ogni coppia di discenti è stata seguita da un tutor, il quale, in un clima decisamente colloquiale, ha trasmesso nozioni, consigli e correzioni. Anche i relatori si sono prodigati, ciascuno nel proprio ambito, nel passare la maggiore quantità di informazioni possibili, creando per i corsisti un ambiente osmotico arricchente.
Prima dell’intervento i preparati sono stati sottoposti ad indagine radiografica. Ogni caso è stato discusso collegialmente e pianificate le varie opzioni possibili, condividendo la migliore. Una volta eseguito l’inserimento dell’impianto pterigoideo, i partecipanti hanno verificato, attraverso successivo controllo radiografico, la qualità del proprio operato discutendolo con il tutor.
A causa della recente divulgazione della tecnica, la bibliografia specifica dell’impianto pterigoideo è molto scarna ed in parte contradditoria, oltre alla confusione terminologica con gli impianti inseriti nel tuber. Il Processo alveolare o tuber e la tuberosità del mascellare, topograficamente adiacenti, sono infatti spesso confusi ed interscambiabili, rendendo poco affidabili, nei rari articoli che li trattano, il numero dei casi e le percentuali di sopravvivenza citati.
Esprimendosi in un contesto tecnologicamente finalizzato e coniugando la parte descrittiva a quella pratica, questo corso ottimizza la sua mission, esaudendo, nello spazio di due giornate, le promesse del programma, arrivando a far padroneggiare, con l’ausilio della risorsa digitale, una tecnica impiegabile nella pratica professionale quotidiana.
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