Una lotta contro i mulini a vento quella combattuta negli ultimi tempi nel mondo dell'odontoiatria. Da un lato gli studenti che frequentano i corsi di laurea nei nostri Atenei, dall'altro i loro connazionali che decidono di emigrare presso le Università estere dell'Est Europa o della Spagna.
Il fenomeno è aumentato in seguito all’istituzione del numero chiuso(1999), arma a doppio taglio. La nuova modalità di selezione avrebbe dovuto evitare il lievitare continuo della percentuale di odontoiatri, determinando in realtà la diaspora sempre maggiore di studenti italiani per arginare il test di ammissione, che, secondo il loro punto di vista, non risulta “così meritocratico”. Conseguenza? Il numero di odontoiatri, anziché diminuire, è aumentato, dal momento che una parte sempre più consistente di studenti che non superano il test in Italia decide di trasferirsi dove il numero chiuso non è previsto, evitando la prova di selezione ed additando con pregiudizio i nostri studenti, inseriti nel corso di laurea nazionale come “raccomandati”.
Nella Penisola Iberica, infatti, esiste un numero chiuso fittizio, in cui chiunque riesca a permetterselo può accedere evitando, appunto, di affrontare un esame di abilitazione, poiché la laurea risulta abilitante alla professione previa iscrizione all’albo, a differenza dell’Italia. Una volta rientrati nel Bel Paese, essi possono anche esercitare la professione senza impedimenti. Risultato? Entrambe le categorie ne risentono in modo negativo, perché si verifica un aumento della pletora di odontoiatri, rendendo sempre più difficile operare in Italia. Da un lato c'è infatti chi, dopo anni di studio all'estero, desidera rientrare nel proprio paese e magari ereditare lo studio di famiglia già avviato per continuare la professione, dall'altro chi crede nell'istituzione italiana, nelle università, e che ha sacrificato estati intere per la preparazione al test di ammissione.
Oggi si è aperta una gara tra queste categorie di studenti: I primi vantano una preparazione pratica migliore rispetto a quella degli studenti italiani, perché determinata da attrezzature migliori e corsi in cui la pratica assume rilievo notevole, dimenticando che la teoria costituisce la linfa vitale del nostro lavoro, condicio sine qua non per diagnosticare patologie in consonanza con la nostra formazione medica. Il sistema didattico italiano, tuttavia, non aiuta a giustificare una simile constatazione. Mancano tirocini formativi attivi e il numero di studenti sempre crescente, dovuto anche agli ultimi ricorsi, non rende possibili corsi più efficienti. Elementi che alimentano la rabbia degli studenti di odontoiatria e di medicina in Italia.
Oltre il danno, anche la beffa da parte di quanti hanno deciso di emigrare all’estero dopo non aver superato o neanche provato il test, arrivando ad esternare giudizi negativi sugli studenti ammessi. Inutile tuttavia criticarsi a vicenda. Per intervenire sul problema, sarebbe necessario un intervento diretto dello Stato e degli organi competenti, poiché, andando avanti, il fenomeno aumenterà. Bisogna quindi tutelare gli studenti, che hanno deciso di sudare e studiare in Italia, investire nel proprio paese, per non spingerli mai a dubitare della scelta che hanno fatto, arrivando addirittura a pensare di emigrare dall'Italia per concretizzare il loro sogno di essere medici odontoiatri. Solo favorendo coloro che hanno meritato un posto nella professione potremo vantarci di essere realmente un paese meritocratico.
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