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Laser in Endodonzia: obiettivi tradizionali e nuove metodologie

lun. 19 marzo 2018

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Quesito: la spinta innovativa anche in endodonzia crea stimoli e nuove risposte, ma le competenze tradizionali vedono stravolte oppure implementate le proprie linee guida? Da sempre la relazione medico e paziente in odontoiatria, consiste nell’adeguata risposta al dolore, aspetto sintomatico ed emotivo che resetta e sovrasta qualsiasi sensazione per il paziente, al quale bisogna rispondere con le modalità della medicina d’emergenza a tutti gli effetti, intervenendo sul sintomo e mirando al ripristino del dente interessato.

Là dove si è deciso l’investimento conservativo, in qualsiasi caso, a dirimere il da farsi è sempre il sistema endocanalare. Esploso un tempo nelle difformi tonalità di grigio dei fissanti radiologici, definito oggi da pixel digitali elaborati da software, per rendere sempre meglio la complessità anatomica in favore di una complicata consapevolezza, ossia della scelta di quali strumenti consentano di intervenire a questo livello.

La necessità è e rimane l’estesa misurazione e sondaggio dell’intera anatomia, la completa sagomatura del versante endoluminale, meglio esposto agli irriganti e un’efficace detersione e disinfezione che ne consenta la sigillatura. Prassi innovate dal controllo elettronico della fase meccanica di strumentazione e dal miglioramento performante dei materiali dedicati, all’interno tuttavia di una procedura sostanzialmente tradizionale e consolidata.

La spinta innovativa ha motivato numerosi ricercatori a studiare le applicazioni laser in odontoiatria e la tecnologia laser trova oggi, un ampio campo di utilizzo in molte branche medico-chirurgiche.

Dalla scoperta di Maiman nel 1960, è l’applicazione del laser per endodonzia di Weichman nel 1971 a documentarne, con una varietà di articoli, la potenzialità clinica nelle terapie endodontiche. Dopo gli esperimenti iniziali, diversi studi (di Hardee et al., White et al., Rooney et al., Gutknecht et al., e Moritz et al. 2002), dimostrano indicazioni e efficacia in endodonzia dell’Nd: YAG laser. Emissione a 1,064 nm, lunghezza d’onda nell’infrarosso e quindi visibile, che grazie a fibre conduttrici flessibili, può essere usato per applicazione in canali radicolari curvi e stretti, produce un effetto battericida non solo sulle superfici del canale radicolare, ma anche negli strati più profondi della dentina, dimostrando con la microscopia elettronica a scansione “SEM”, una rimozione significativa della contaminazione dentinale dalle pareti del canale radicolare.

Al Congresso nazionale SIE Bologna 2017 Mario Mancini, libero professionista a Pesaro Urbino, ha presentato una relazione avente per oggetto l’uso del laser in endodonzia, scaturito da un gruppo di lavoro di estrazione ospedaliera, privata e universitaria concentrato sulla criticità odontoiatrica di trattamenti complessi. Oltre a Bruno Davide Pugliese, coordinatore scientifico San Patrignano, del gruppo fanno parte alcuni specialisti di estrazione pubblica e privata: Giacomo Bruzzesi, Asl di Modena, Paolo Calvani, libero professionista a Firenze, Moreno Bondi, Università di Modena, Cesare Nucci, Università di Bologna, Chiara Brugnami, Comunità San Patrignano.

Come è nato e si è sviluppato il progetto?
Pugliese - È stata l’esperienza personale in una realtà dedicata da quarant’anni alla cura di pazienti a rischio con un’allerta clinica tanto complessa, quanto la compliance, a spingere il nostro Centro a reperire soluzioni terapeutiche innovative, che snellissero la prassi e aumentassero la rassicurazione dell’assistito. Incoraggiati dagli effetti risolutivi di queste tecnologie in ambito stomatologico, si è pensato insieme a qualche collega dedicato, di applicarlo anche all’endodonzia.

Mancini - Premesso che l’utilizzo del laser in endodonzia si sta affermando sempre più e che al momento è visto come potenziatore dell’azione dell’ipoclorito di sodio (quindi tutti gli studi effettuati ad oggi sono in associazione al NaClO) il nostro gruppo ha voluto testare la potenzialità antibatterica del laser senza sovrapporne l’effetto ad alcun tipo di liquido disinfettante su un campione di pazienti con carica batterica microbiologicamente testata. Confortati dalle revisioni bibliografiche, si è osservato il contributo dell’energia laser nel trattamento endodontico di canali con lesione per cercare di abbattere maggiormente la carica batterica presente nel canale e la successiva sigillatura del delta apicale e dei tubuli dentinali, con l’impiego di una soluzione chimica attivata dal laser stesso.

Quale aspetto innovativo ha caratterizzato il progetto?
Mancini - In ogni elemento selezionato nello studio, si è creata una via diretta all’apice con un solo strumento di tipo reciprocante per dare rapidamente spazio alla fibra e utilizzo di sola acqua distillata, evitando appositamente l’uso di liquidi di disinfezione (es. ipoclorito). La procedura ha finalizzato l’adozione del singolo strumento per eliminare la parte più grossolana di fango dentinale. E come anticipato, si è passati all’uso del laser per “sterilizzare” l’endodonto con un protocollo specifico applicando una soluzione a base di fluoro. I risultati sono stati valutati con indagine clinica e follow-up radiologico, analisi microbiologica con prelievi mirati inviati in laboratorio e con scansioni valutate al microscopio a scansione (SEM).

Quali le risposte ottenute?
Pugliese - Clinicamente è stata apprezzata una guarigione clinica e radiografica delle lesioni in tutti gli elementi interessati a cui è stato applicato il protocollo di studio. Il risultato dell’abbattimento microbiologico si è accompagnato ad una risposta positiva tessutale e sintomatologica. Altrettanto confortante è stata l’osservazione in vitro dei reperti sottoposti al microscopio a scansione (SEM). Si è manifestata una “fluorizzazione” delle pareti dentinali endoluminali con obliterazione dei tubuli canalari. Stesso protocollo applicato anche clinicamente, con sigillatura del delta apicale e dei tubuli dentinali, grazie all’impiego di una soluzione chimica attivata dal laser.

A detta degli autori, L’approccio innovativo nel suo intento clinico-sperimentale vuole dare un input alla potenziale evoluzione delle prassi endodontiche, auspicando future conferme con una più estesa applicazione; malgrado i riscontri confortanti, ancora tanto lavoro resta da fare prima di veder confermate grazie alle nuove tecnologie queste o altre prassi nella quotidianità, con applicazioni effettuabili secondo molteplici e differenti protocolli.

«Non esiste un protocollo ideale – sottolineano Mancini e Pugliese –. Sarà l’operatore a valutare le condizioni cliniche, la collaborazione e l’aspetto psicologico del paziente, per decidere le modalità di trattamento più consone». L’efficacia di un approccio integrato sulle modalità interdisciplinari, consente il trattamento delle patologie orali a più livelli, con un modus operandi razionale che integra le tecniche tradizionali con quelle innovative, a supporto dei casi più complessi e o in pazienti con vulnerabilità clinica.

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