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La rinuncia del Papa. Quanto vale la prova concreta

Foto: Piazza San Pietro (stock.xchng).
Patrizia Gatto

Patrizia Gatto

mer. 13 febbraio 2013

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Qualche minuto di sbigottimento dopo la Rinuncia al Papato di Papa Benedetto XVI e poi 24 ore di riflessione per decidere un commento sui nostri media specialistici.

Ho incontrato personalmente Ratzinger due volte nella mia vita, quando ancora Cardinale affiancava Papa Wojtyła e successivamente in una cerimonia religiosa ufficiale, quando ormai Papa Eletto, presiedette la Cerimonia dei 500 anni della Guardia Svizzera. In entrambe le circostanze notai la concentrazione sulle finalità del momento in cui si misurava e un distacco naturale dalle formalità del ruolo in quel momento rivestito.
Adesso mi sento di commentare che è un Leader universale, un Uomo tedesco concentrato sulla Sua Missione. Al di là di quelle che possono essere le ragioni reali di questa straordinaria scelta, definendola così in quanto l'ultima risale a sette secoli fa, in circostanze molto diverse, intravedo una grande continuità con il suo predecessore, continuità che aveva annunciato sin dall’inizio se pur il carattere e quindi le peculiarità della personalità possono non renderla così evidente. Il loro Papato si è basato su due princìpi che nel mondo attuale, specie occidentale, dove la Chiesa Cattolica vanta i suoi più numerosi followers, sono un po’ in disuso o meglio ignorati: il senso di missione e la prova concreta apportata con la propria stessa vita. Nella fase finale del loro incarico entrambi hanno voluto lanciare, in quanto leader spirituali, due grandi messaggi che sono in totale coerenza. Wojtyla non ha 'lasciato' neanche davanti a un percorso di grave malattia degenerativa, per mostrare al mondo, Lui Uomo pubblico e Uomo Spirituale, la dignità dell’accettazione della vita e della malattia. Negli ultimi anni dichiarò in più occasioni di rinunciare a talune cose terrene, perché per avviarsi verso una nuova dimensione della vita oltre la morte bisogna rinunciare a quegli attaccamenti che non serviranno per chi crede nella vita eterna. Ratzinger ci risveglia a quanto il mondo vuole ignorare: l’inesorabile ciclo della vita, la vecchiaia e le sue conseguenze, i limiti degli esseri umani. E lo fa con la prova concreta della Sua vita, ovvero rinuncia al “potere”, anche temporale, per insegnare agli altri come la Missione che si sceglie richieda coerenza. Entrambi ci invitano dunque, attraverso dei messaggi fortissimi per il mondo occidentale, così come fanno tanti capi religiosi nel mondo orientale, a riflettere su cosa significhi il senso di Missione, cosa significhi la responsabilità di accettare e ricoprire un ruolo e quanto la prova concreta del proprio comportamento possa essere l’unico messaggio credibile. Vale per tutti ma a maggior ragione per le classi dirigenti, per chi nella vita ha scelto di svolgere un’importante professione che diventa missione se condiziona la vita degli altri. In questa sezione è ovvio riferirsi anche alle professioni sanitarie, ma, per quanto riguarda la vita privata, basti pensare al difficile ruolo genitoriale. Chissà se i politici italiani, che si avviano a chiederci un voto, potranno trarre qualche suggerimento. Per ora è stato difficile riscontrare coerenza nella missione a loro affidata, per non parlare della prova concreta!

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