DT News - Italy - Ipnosi ericksoniana: ausilio terapeutico per il chirurgo orale e i suoi pazienti

Search Dental Tribune

Ipnosi ericksoniana: ausilio terapeutico per il chirurgo orale e i suoi pazienti

Giuseppe Ranaldo, Giancarlo Di Bartolomeo

Giuseppe Ranaldo, Giancarlo Di Bartolomeo

lun. 12 maggio 2014

salvare

Ipnosi vuol dire sonno, ma è differente da quello naturale o autogeno. È una condizione di funzionamento dell’individuo che gli consente di influire sulle proprie condizioni fisiche, psichiche e di comportamento.

Mira a uno stato particolare di coscienza chiamato trance, ossia concentrazione focalizzata al proprio mondo interiore. Una persona in stato di trance crea un canale di comunicazione con l’inconscio, la parte più profonda dell’essere umano dove sono custoditi desideri, passioni, emozioni, pulsioni. È anche il luogo che racchiude le risorse cui attingere in determinate circostanze. Quindi l’ipnosi è l’insieme di tecniche atte a sviluppare uno stato di trance per “raggiungere” l’inconscio e attingere al serbatoio personale di risorse psicofisiche.

Un po’ di storia
Intesa come potenzialità della mente umana pare essere stata impiegata addirittura circa 3000 anni fa in Egitto. Prima delle ricerche di Franz Anton Mesmer, i fenomeni che possono esser fatti rientrare in specifiche potenzialità dell’immaginazione erano considerati come manifestazioni divine o diaboliche o risultato di pratiche magiche. Mesmer formulò la teoria del magnetismo animale, condannata dall’Accademia delle Scienze e dalla Facoltà di Medicina di Parigi. Un’importante revisione delle sue teorie fu proposta dal medico inglese James Braid, che diede un’interpretazione fisiologica al fenomeno e introdusse il termine “ipnosi” (dal greco hypnos, “sonno”). Gli sviluppi successivi si devono a Ambroise-Auguste Liébeault, medico di Nancy e Hippolyte Bernheim, famoso neurologo parigino, che insieme fondarono la Scuola di Nancy, la quale si oppose studi e teorie sull’ipnosi, alla scuola di Jean-Martin Charcot operante all’Ospedale della Salpêtrière di Parigi. Mentre per la scuola di Nancy l’ipnosi era un fenomeno psicologico normale e i fenomeni si potevano spiegare con la suggestione, Jean-Martin Charcot la considerava un fenomeno patologico, una nevrosi isterica artificiale.
Se ne occupò anche Sigmund Freud, ma la transitorietà dei risultati terapeutici, la laboriosità dei procedimenti ipnotici, la limitazione delle applicazioni terapeutiche e, forse non ultima, l’individuazione di “un misterioso elemento” di natura sessuale, lo spinsero ad abbandonarla e a creare un nuovo metodo: la psicoanalisi. Con la morte di Jean-Martin Charcot e l’inizio della psicoanalisi, cominciò per l’ipnosi la decadenza. Un risveglio di interesse si ebbe nella Prima Guerra Mondiale con Milton Erickson, fondatore e presidente della Società americana di ipnosi clinica, che sviluppò l’ipnosi ericksoniana, terapia che permette di comunicare con l’inconscio.

L’ipnosi ericksoniana
Erickson, medico e psichiatra, è stato forse il più grande ipnoterapeuta e comunicatore del Ventesimo secolo. Erickson utilizzò l’ipnosi in modo creativo, non come rituali standard, ma con stile comunicativo particolare e “situazione comunicativa relazionale”. La sua ipnosi ridefinisce il rapporto ipnotista-paziente: da una dialettica sbilanciata dove il terapeuta era direttivo e imperativo nelle sue suggestioni, a un rapporto di reciproco rispetto e collaborazione. Quindi, l’induzione non è più un fenomeno eteroindotto, ma “relazionale”, di interazione tra paziente e ipnotista.
A Erickson si deve la scoperta dei “Common every day trance”, cioè stati di trance frequenti e comuni che ognuno sperimenta tutte le volte che ci estraniamo dalla realtà, mentre guidiamo, o leggiamo un libro, o facciamo qualsiasi azione automatica e ripetitiva. Con abile uso di modelli linguistici, Milton riusciva, in una conversazione normale, a recuperare questi stati inducendo in modo indiretto un cambiamento terapeutico.

Ipnosi e odontoiatria
Noi ipnotisti ericksoniani utilizziamo principalmente la metodica conversazionale, che si avvale del linguaggio verbale e non, e porta il paziente a una trance normalmente superficiale, ma più che sufficiente per svolgere il lavoro. Metodica in cui è mantenuto un dialogo tra l’odontoiatra e il paziente, sempre vigile e in grado di rispondere prontamente all’odontoiatra. Viene guidato a un relax tale da rendere notevolmente più agevole e proficuo il lavoro nel cavo orale.
Le applicazioni in campo odontoiatrico sono poco note agli specialisti, soprattutto in Italia. Lo studio dell’odontoiatra è spesso associato a vissuti spiacevoli, primo il dolore, ma anche la sensazione di essere in balia di un altro, il disagio al contatto con gli strumenti e il riflesso faringeo che possono evocare.
Circa il 75% dei pazienti degli studi dentistici si sente spaventato, il 10-15% prova ansia e il 20% riporta sintomi somatici. Il chirurgo orale si trova continuamente a contatto con queste problematiche e, grazie all’ipnosi, è possibile ridurre le “interferenze” nella corretta riuscita di un intervento. L’odontoiatra può intervenire ipnoticamente su se stesso (con l’autoipnosi) e sul paziente, raggiungendo diversi risultati nella fase pre, intra e postoperatoria.

Ipnosi sul paziente: fase preoperatoria
La fase preoperatoria è probabilmente la più delicata per il paziente. Innanzitutto il professionista deve esporre il piano di trattamento e convincerlo della sua utilità. Molto valida risulta la formazione della cosiddetta “bolla ipnotica”, una sorta di stato mentale con prolifico scambio di idee e opinioni: il paziente si sente compreso e confortato e quindi più propenso ad accettare i consigli dello specialista. Il chirurgo impiegherà meno tempo per farsi capire, riuscirà a proporre terapie e preventivi adeguati, ridurrà i tempi morti e le possibilità di ripensamenti. Un modo di operare chiamato “rapport”, alla base di tutti i rapporti professionali (oltre che umani): grazie a un particolare tono di voce, a un uso della comunicazione non verbale e a specifiche tecniche linguistiche si può portare il paziente, in modo dolce e indiretto, al nostro discorso. Un intervento orale, per quanto piccolo, è spesso fonte di preoccupazione per chi lo deve subire. L’ipnosi, agendo su ansia, dolore e stress, rende i pazienti più collaborativi e consente allo specialista di operare meglio. Una ricerca condotta in interventi orali e maxillo-facciali rileva come pazienti trattati con ipnosi prima della seduta mostrino – rispetto a un gruppo di controllo – riduzione dello stress. Ciò è evidente dal punto di vista comportamentale e dell’attivazione del sistema nervoso simpatico. Si è infatti rilevato un miglior rilassamento e maggiore e più lungo benessere associati alle cure odontoiatriche Vale quanto riportato dalla letteratura scientifica, cioè che tecniche ipnotiche in ambito odontoiatrico, migliorando la percezione del contesto dello studio e dell’odontoiatra stesso, abbassano l’ansia e favoriscono la frequenza alle visite.

Ipnosi sul paziente: fase intraoperatoria
Accompagnato il paziente con l’ipnosi, la fase intraoperatoria è più scorrevole e rilassata. La metodica si inserisce in modo naturale nella seduta di chirurgia: il soggetto percepirà meno la durata dell’operazione e il professionista ridurrà i tempi di lavoro, aumentando la qualità del suo operato. È possibile infatti, attraverso l’ipnosi, controllare il dolore che il paziente prova durante le procedure. Uno studio recente ha reclutato dei pazienti con ipersensibilità dentaria, condizione che caratterizza persone che provano dolore intenso quando i denti vengono esposti a stimoli termici, osmotici, chimici o tattili. Confrontando soggetti che seguivano diverse terapie desensibilizzanti, si è trovata nell’ipnosi un’ottima alternativa ai protocolli correntemente utilizzati – come la fluorizzazione o il trattamento con sostanze desensibilizzanti – ottenendo, sin dalla prima settimana dopo l’applicazione, una ridotta sensibilità al dolore. L’efficacia dell’intervento si è rivelata indipendente dai livelli di stress del paziente, essendo associata a livelli più alti di soddisfazione per il trattamento. Con l’ipnosi si dà una ottima desensibilizzazione, fino a una completa anestesia della zona da trattare: il chirurgo può quindi fare interventi di implantologia ed estrattiva anche sui pazienti allergici agli anestetici.

Ipnosi sul paziente: fase postoperatoria
Finito l’intervento, il peggio è passato. Il paziente viene istruito sulle norme domiciliari e rassicurato sulla riuscita dell’operazione. L’ipnosi viene utilizzata anche per favorire il recupero postoperatorio. Esempio? A dei pazienti è stata proposta l’ipnosi per fronteggiare il dolore successivo alla rimozione di molari: in confronto ad altri trattati secondo procedure standard, i soggetti esposti all’ipnosi hanno riportato notevole abbassamento dell’ansia all’intervento e una forte riduzione di analgesici dopo l’operazione. L’ipnosi può essere utile per ridurre il sanguinamento, le infezioni, la velocità di guarigione e la permanenza in ospedale in interventi complessi.

Autoipnosi sul chirurgo
Il dentista è un lavoro complesso, spesso logorante e con notevoli responsabilità. Il chirurgo può lavorare, oltre che sul paziente, anche su se stesso: con l’autoipnosi si può raggiungere la trance in modo volontario, per eliminare le condizioni negative emozionali. L’autoipnosi può essere di ausilio prima e dopo l’intervento, in modo da essere sempre preparati al meglio per ogni paziente. Possono essere utili le tecniche con le submodalità per pazienti “problematici”, con i quali ci sono difficoltà di rapporto, o per svolgere al meglio un lavoro particolarmente complesso. Dopo la seduta, l’autoipnosi può essere utile per recuperare energie, superare eventuali insuccessi, “tirare giù la saracinesca” e dedicarsi alla vita privata senza portarsi dentro i problemi di lavoro.

Conclusioni
L’odontoiatra ha perso parte dell’“autorità” che un tempo contraddistingueva la sua figura. Ora il paziente si aspetta, oltre al trattamento tecnico, anche (e soprattutto) supporto psicologico. L’uso dell’ipnosi ericksoniana nella chirurgia non presenta nessuna controindicazione: la metodica può essere proficuamente applicata con qualsiasi paziente, con patologie sistemiche rilevanti, psichiatrici, disabili o pediatrici. Non prevede tempi operativi aggiuntivi ed è di facile apprendimento. Questo modo di intendere la professione può portare solo vantaggi: soddisfazione del malato, maggiore compliance, ottimizzazione di tempi e costi, esclusività sulla piazza e passaparola positivo, aumento della soddisfazione economica e morale. Aspetti d’influenza eccezionale sul professionista, che gestirà meglio lo stress, interagirà efficacemente con il personale e troverà nuove motivazioni in periodi di crisi.

L'articolo è stato pubblicato sul numero 5 di Dental Tribune Italy 2014.

To post a reply please login or register
advertisement
advertisement