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Il Collegio Docenti impegnato a portare avanti un’odontoiatria sempre più moderna

m.boc

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mer. 12 aprile 2017

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Nella sua presentazione, Enrico Gherlone, attuale presidente del Collegio Docenti, l’ha definito «il congresso più importante dell’anno». Questo senza peccare di autoreferenzialità, perché nell’affollata sala del San Raffaele di Milano, giovedì 6 aprile, ore 17:30, c’erano tutti gli esponenti dell’Accademia – ricercatori, clinici, associazioni professionali, società scientifiche, sindacati, Ordine e CAO. Insomma, tutti coloro a cui il presidente voleva indirizzare il suo messaggio di apertura.

Elemento comune tra le varie anime dell’odontoiatria italiana è stato anche il feeling di orgogliosa coesione professionale che aleggiava nella sala affollata, ispirato dal sentirsi partecipe di un congresso, 24a edizione, qualificato e sempre più internazionale, dedicato stavolta alla “Sfida estetica in odontoiatria”. Un congresso intensamente impegnato (parola di presidente) «a portare avanti un’odontoiatria sempre più moderna… un evento culturale in grado di dare chiare indicazioni non solo sullo stato della ricerca clinica europea, ma anche e soprattutto utili per la professione in campi di rapido divenire».

Il senso di compiacimento traspariva anche dalla parole dei due esponenti del gruppo San Donato (Rotelli e Gastaldi), proprietario del San Raffaele, per avere ospitato per la seconda volta un cotale consesso di accademici, «strumento necessario – ha sottolineato Rotelli – per formare, nella nostra università, dei giovani professionisti competenti e appassionati». In un ambito dove la domanda di prestazioni è in aumento e non manca chi pone l’odontoiatria italiana tra le forme di eccellenza riconosciute del Bel Paese, la base centrale deve rimanere la qualità. E chi, se non i cattedratici, possono essere garanzia e presidio principale di tale caratteristica?

Negli altri e numerosi interventi di saluto al congresso, oltre alla piacevole sorpresa del constatare un così gran (e selezionato) numero di partecipanti, c’è stato l’accenno (sempre più frequente in verità) all’odontoiatria divenuta ormai “proprietà vera” della medicina, grazie anche a un collegio di accademici che propone temi di ricca ricaduta intercultural-disciplinare. Nota dolente, invece, quella sollevata da Pippo Renzo (CAO) con l’accenno al 60% di non assistiti dalle cure odontoiatriche, ripresa e ribadita subito dopo da Paolo Del Debbio, noto giornalista TV che si è chiesto provocatoriamente chi abbia mai sbagliato: i padri costituenti, nello statuire una medicina (e quindi un’odontoiatria) alla portata di tutti, oppure chi la pratica oggi, escludendo una buona parte di popolazione? Interrogativo più che giustificato quando l’85% delle richieste che pervengono a Del Debbio, titolare di una popolare rubrica, riguardano proprio il problema della carente assistenza medico-odontoiatrica.

Alla solita, consunta obiezione della mancanza di fondi (a suo giudizio, assolutamente pretestuosa e frutto di non autentica volontà politica), Del Debbio ha risposto proponendo un’inversione concettuale: se in mancanza di soldi non ci si fa scrupolo di conculcare il diritto alla salute, ebbene si parta dal contrario. Se esiste un diritto costituzionale all’assistenza sanitaria, si facciano saltar fuori i soldi. Basterebbe stornare le spese da altro capitolo del bilancio statale considerato più importante (ad esempio il militare) per risolvere il problema. Senza trascurare che se si facesse ciò si darebbe vita – ha calcolato - ad un volano di quattro miliardi di euro.

Insolita, infine, la lectio magistralis in programma a fine presentazione del congresso per la scelta di un tema controverso,, come l’amalgama e di un relatore, Raimondo Pische, che vanta trascorsi da ammalato di tossicosi mercuriale, oltre vent’anni di battaglie di denuncia delle malefatte del mercurio e dei rischi che corre la classe odontoiatrica (oltre al paziente, ovviamente), la più colpita dall’emanazione dei vapori. Nel suo intervento ha stigmatizzato le criticità provocate dall’uso in bocca di almeno una trentina di metalli diversi, nessuno biocompatibile, «in virtù dei quali – ha ammonito – la bocca diventa una specie di micidiale batteria. Non si può contestare arbitrariamente un modus operandi così radicato nella cultura accademica, anche perché ancora le alternative sono in divenire», ha convenuto Pische, richiamandosi al suo libro (Il Tao del sorriso) di recente pubblicazione, che reca come eloquente sottotitolo Dal veleno in bocca al benessere dell’anima. «È sufficiente prendere coscienza che esistono dei rischi, in questo caso probabilmente sottostimati – dice – rispetto all’abuso che ne viene perpetrato.»
Pericoli futuri non solo, tuttavia, nell’applicazione dell’amalgama (perché buona parte non lo usa più), ma nella rimozione eseguita in maniera non corretta e non protetta (opinione condivisa da Gherlone), fonte di gravi conseguenze per operatori e pazienti.

Alla battaglia portata avanti da Pische contro «convinzioni cementificate», contro «l’irremovibilità di un sapere gratificante e rassicurante» ha plaudito nel suo breve intervento Mogol, celebre paroliere, già candidato al Premio Nobel e ospite d’onore al congresso, definendola «non contro qualcuno, ma per il bene di tutti, gridando un avvertimento nonostante i sordi fossero tanti».

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