Le nuove tecnologie 3D ci consentono di essere “più bravi” a fare diagnosi e più accurati nella programmazione dei piani di cura? No di certo se parliamo di “semplici” acquisti di moderne attrezzature ma sicuramente sì, se ci riferiamo ad un complesso iter formativo o meglio, ad una vera e propria rivoluzione culturale dell’Ortodontista, del suo staff e del paziente stesso.
Investimento finanziario, formazione continua, spirito di squadra sono le parole chiave di un processo che genera crescita e soddisfazione per tutti. Per quanto riguarda l’Ortodonzia, il cambiamento ha investito prima di tutto il mondo dell’imaging in generale, ad iniziare dalla digitalizzazione della fotografia, presto estesa anche alla radiologia di base (panoramica e teleradiografia).
L’ulteriore sviluppo ha portato alla progressiva diffusione della metodica 3D, propria della Tc Cone Beam o CBCT, che ha aperto orizzonti diagnostici fino a ieri impensabili. L’altra rivoluzione consiste nella sostanziale abolizione delle “storiche” impronte da cui ricavare modelli in gesso, di studio per il clinico o di lavoro per il tecnico. Il mercato propone oggi numerosi scanner intraorali che, con una curva di apprendimento rapida ed intuitiva, ci permettono di acquisire dati utilizzabili non solo per la mera rappresentazione tridimensionale delle arcate ma anche per la realizzazione immediata di misurazioni, sovrapposizioni, set-up ed altro ancora (Fig. 1).
Come sono cambiati i nostri Studi nella attuale era digitale, in conseguenza dell’avvento di tante novità? Se ci si ferma all’apparenza, si rimane colpiti dalla completa dematerializzazione di tutta la documentazione, da quella amministrativa a quella clinica, con straordinari vantaggi nell’archiviazione e nel reperimento dei dati (Fig. 2).
Se rivolgiamo invece l’attenzione alla vera sostanza del nostro lavoro, basato sul binomio diagnosi-terapia, lo scenario è impressionante, soprattutto quando si deve affrontare la correzione di problematiche più complesse, che richiedono la valutazione simultanea di numerosi parametri in un’ottica multidisciplinare.
Proprio in questo campo si rivela straordinariamente utile la simulazione virtuale degli obiettivi di terapia mediante il set up digitale e l’integrazione di dati provenienti da fonti differenti. Quando si utilizzano appieno le potenzialità delle tecnologie 3D, anche le relazioni con il laboratorio risultano estremamente semplificate, precise e veloci: lo Studio invia tramite email il file del paziente e riceve, a breve giro, l’apparecchio, l’unico vero e proprio “oggetto” dell’intera filiera (Fig. 3).
Ha ancora senso, in questi casi, continuare a parlare di “manufatti” o dobbiamo iniziare a famigliarizzarci con il termine “tecnofatti”, molto più appropriato per rappresentare la nuova realtà? (Fig. 4)
Concludendo, nel passaggio dal 2D al 3D l’ortodonzia è cambiata radicalmente, vive il presente e guarda al futuro, ispirata e guidata dalla tradizione.
Fig. 1 - I principali benefici prodotti dal passaggio dal 2D al 3D in Ortodonzia.
Fig. 2 - Esempio di records digitali di comune impiego. L’utilizzo integrato di dati 3D, provenienti da fonti differenti (foto digitali, scanner intraorali, scanner facciale, radiografie digitali, Tc Cone Beam, etc.), permette valutazioni diagnostiche particolarmente accurate, simulazioni attendibili degli obbiettivi terapeutici, misurazioni precise di tutte le componenti anatomiche, sovrapposizioni dei vari record per l’evidenziazione delle modificazioni ottenute (in corso di trattamento – alla fine del trattamento – follow up a distanza).
Fig. 3 - Esempio di procedure per la realizzazione “customized” di un Leaf Expander. Dalla scannerizzazione delle arcate al progetto 3D del dispositivo, la procedura è interamente digitale.
Fig. 4 - Sinossi dei pregi e dei difetti delle nuove metodiche 3D.
L'argomento sarà illustrato dagli autori presso il 62° Corso Fondazione Prof. Luigi Castagnola dal titolo "La rivoluzione digitale. L'impatto nella pratica quotidiana".
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