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Grande inchiesta Andi

Il campione degli intervistati

mer. 15 febbraio 2012

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 “Come esercita il dentista italiano? Come si attrezza ad affrontare la crisi?”

Anticipata dai maggiori quotidiani, è stata resa nota l’articolata inchiesta realizzata dall’Andi “Come esercita la professione il dentista italiano e come si attrezza ad affrontare la crisi” di cui diamo un resoconto per sommi capi tenendo presente anche i commenti espressi dalla stampa generalista (Corriere della Sera e Sole 24 Ore) che con notevole anticipo e risalto hanno dato notizia della ricerca effettuata dal maggior sindacato odontoiatrico italiano. Protagonista occulta (ma assoluta) della “fotografia categoriale” scattata dall’Andi prendendo quale base un migliaio di professionisti, è, ça va sans dire, la crisi che demotiva il paziente abituato da tempo a considerare “caro” il dentista (assai diffusa la barzelletta della lettera di San Paolo inviata ai dentisti appellati come “carissimi”). Questo malgrado un’antica convenzione con Compass consente loro un pagamento diluito e a interessi zero (il che significa - dicono gli osservatori - che pur di poter effettuare la prestazione i dentisti si trasformano in finanziatori).
Quella stessa crisi che, con qualche eccezione, erode posizioni di rendita consolidate e ha sfigurato il mercato con prestazioni low cost, amplificate da una pubblicità liberalizzata, rese più seducenti dall’offerta Internet.
Come concausa e rigido contraltare, dinanzi a tale crisi stanno i costi dello studio per nuova tecnologia, per il personale e lo studio, per nulla o di poco comprimibili. Il confronto effettuato dall’Andi tra i tempi di apertura di un nuovo studio, 50 anni fa e oggi, è piuttosto impietoso: dal 1976 al 1985 il 100% dei laureati in Odontoiatria avviava in proprio l’attività nel giro di 5 anni. Ma negli ultimi quindici anni, dopo un piccolo calo di un 10% (dal 1990 al 1995) ci si è stabilizzati in un 60% di possibili nuove aperture nel quinquennio post laurea (e non è affatto detto che quelle cifre non siano destinate ad abbassarsi ulteriormente in futuro).
Dall’indagine Andi emerge un calo di circa il 20% dei pazienti: il che significa attività ridotta (da qui alla sindrome della “poltrona vuota” il passo è breve) e un minor numero di luoghi ove viene esercitata (il 57% dei dentisti opera in un solo studio) con guadagno ovviamente minore. Che la situazione economico-professionale sia peggiorata lo pensa infatti il 48% del campione individuato. Di qui le due tendenze di fondo della categoria, sottolineate dai giornali: mostrare un volto più umano attraverso iniziative solidali e investire in tecnologia, seppur in tempi di crisi e alti costi da pagare. “Perché - come fa notare Gianfranco Prada - le tecnologie sono considerate uno strumento utile non solo alla professione ma a conquistare la fiducia del paziente”.
Dalla ricerca e dai commentatori non poteva non emergere la problematica dei fondi integrativi visti dalla maggioranza “come una minaccia, più che un’opportunità” (Barbara Gobbi del Sole 24 Ore). Come per la discesa in campo di concorrenti internazionali, specie spagnoli, e l’ingresso negli studi odontoiatrici di soci di capitale, l’atteggiamento di chiusura della categoria (65% nell’ultimo caso) è dettato dalla diffidenza verso un soggetto percepito come terzo abilitato a interferire nella relazione medico paziente, dal punto di vista economico ma soprattutto nell’erogazione delle cure. “Se ne può dedurre che la categoria comprende anche l’esigenza di cambiare il modello di business ma non ha chiaro cosa fare e comunque teme che l’arrivo di capitali stravolga lo spartito tradizionale” commenta Dario Di Vico (Corriere della Sera), buon osservatore delle vicende odontoiatriche. “Oggi - dice Prada - però serve un colpo di reni e proprio il tema dei fondi integrativi sarà al centro del nostro congresso politico, a maggio. Andi non può più restare alla finestra e lasciare che i suoi associati perdano questa opportunità. Nel frattempo, i fondi stanno reclutando sempre più studi convenzionati e il singolo rischia di restare schiacciato dalle condizioni imposte dai fondi stessi. Per questo occorre un vero e proprio cambio di passo”.

Le principali sfide nel futuro
Dalla ricerca si possono evincere quali saranno in futuro le sfide più impegnative di uno studio che voglia rimanere competitivo: la riorganizzazione del lavoro in modo più produttivo ed efficiente (61,3%), investimenti su se stessi (54,7%), risparmi su spese di studio (43,6%), nuove forme di collaborazione e/o associazione con altri studi o colleghi (35,6%), investimenti per aumentare l’impegno professionale (31,9%), revisione degli onorari (17,4%), ricerca di nuove modalità di rapporto con l’Ssn e l’odontoiatria pubblica (16%).

L’Andi, i dentisti e l’opinione pubblica. Un’ulteriore precisazione di Prada.
Dopo il pesante articolo di attacco alla nostra attività (nell’ambito di una più vasta campagna contro le professioni) pubblicato dal quotidiano La Repubblica del 6 gennaio u.s., al quale era subito seguita la pronta replica di Andi già diffusa il giorno successivo, l’ultima settimana di gennaio è da considerarsi particolarmente significativa per gli importanti passaggi mediatici “conquistati” dall’associazione sui principali giornali nazionali.
Prendendo spunto dai risultati del rilevante sondaggio realizzato dal Servizio Studi Andi, i principali organi di stampa hanno redatto articoli e inchieste nei quali siamo riusciti a trasmettere al grande pubblico valori positivi per la categoria, quali il nostro interesse per la tutela della qualità delle prestazioni odontoiatriche (a rischio in caso di riduzione delle tariffe) e l’impegno a investire risorse per rinnovare le nostre attrezzature ed essere sempre più tecnologicamente avanzati e quindi offrire servizi migliori.
Insomma un’ulteriore risposta indiretta a La Repubblica, costruita con relazioni, contatti e impegni di anni, è senza dubbio efficace per migliorare la nostra immagine, ancora considerata in modo negativo da larghe fasce della popolazione.

Gianfranco Prada

Liberalizzazioni, un’occasione mancata. Perplessità sulle misure per il rilancio.
Per le cd. liberalizzazioni v’era molta attesa. La fase “decisionista” del Governo viene da noi vissuta come cittadini di un Paese in crisi e come professionisti (odontoiatri): un aspetto non trascurabile, se si insiste sul nostro essere protagonisti a tutto tondo della società. Come gli altri italiani, subiamo impotenti l’aumento del costo della vita legato ad accise, pedaggi ecc… oltremodo significativo anche per i pazienti nostri interlocutori afflitti da un ridotto (- 30%) potere d’acquisto che li obbliga a scegliere se continuare o no a curare la salute orale. Grande quindi l’attesa delle misure per il rilancio, tra cui le liberalizzazioni. In realtà, a prescindere dai vari punti di vista delle categorie professionali, si deve constatare che l’ambito medico e odontoiatrico, sono stati appena sfiorati dal Decreto. Tra gli aspetti più significativi, l’abolizione delle tariffe professionali, già sperimentata dai dentisti dopo la “lenzuolata” di Bersani. A incidere sul rilancio della professione non sarà l’obbligo di comunicare (solo su richiesta del paziente) il preventivo. Col consenso informato è già pratica quotidiana negli studi, per non dire dell’obbligo d’una polizza RC professionale (improbabile che alcuni colleghi esercitino ancora senza copertura). Anche sulla formazione al tirocinio professionale, in ambito medico, nulla di nuovo.
Tutte qua le misure che dovrebbero rilanciare la professione. Se non vogliamo “interpretarle” dal punto di vista professionale, è difficile pensare, da cittadini e da pazienti, e anche considerando la manovra in toto, a un significativo (e rapido) incremento del Pil. Per il rilancio ci si aspettava ben altro, stando anche al dettato trasmesso dall’Antitrust poco prima che il Governo emanasse il Decreto. Tutto ciò si aggiunge ad altre misure profondamente avverse alla professione, adottate dal governo attuale e dal precedente. Tra tutte, il via libera ai capitali nelle società tra professionisti (STP) e la liberalizzazione della pubblicità. Se si aggiunge il previsto aumento di contributi previdenziali, si può solo manifestare una viva preoccupazione per il futuro. Il confronto in atto è debole ed è sbagliato dire che tutto sommato è andata bene, soprattutto per il contesto sanitario laddove continua ad avere prestigio sociale. La nostra professione è in crisi, il cittadino paziente rinuncia sempre più al dentista. Per un rilancio capace di intercettarne i bisogni occorrono misure coraggiose. Forse solo in un’irrinunciabile e organica riforma delle professioni troverà la forza di dare risposte disattese anche in quest’occasione. Privilegi da difendere non ve ne sono più, così come tempo per attendere.

Roberto Callioni

Visualizza i dati dell'intera inchiesta Andi:

Scarica il Pdf "I dentisti di fronte ai nuovi scenari fiscali"

Scarica il Pdf "Come esercita la professione il dentista italiano e come si attrezza ad affrontare la crisi"

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 2 di Dental Tribune 2012 Italy

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